CASSANDRA » venti.

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« Che succede Cass? » La voce calma di Andrea finalmente si fa sentire. Abbiamo camminato per circa dieci minuti nel mutismo assoluto. Lui un paio di passi dietro di me, pronto a prendermi se mai la stampella avesse deciso di abbandonarmi.

E solo ora, dopo altri cinque minuti da quando ci siamo su questa stupida panchina verde, prende coraggio.

Succede che mio padre è morto. Succede che mia madre è una megera. Succede che Gabriel aspetta tranquillamente di morire mentre io spero in un miracolo. Succede che probabilmente nonostante tu sia la perfezione fatta a persona, io abbia in testa un altro.

« Non lo so ».

La sua mano cerca la mia. La trova, la intrappola e la stringe piano. « Sono io il problema? »

Mi scappa una risata amara e sussurro un magari.

Magari fosse uno stronzo. Insomma, in ogni storia solitamente c'è il bel protagonista che cerca di conquistare la vergine indifesa che puntualmente ignora lo stronzo per dedicarsi al suo antagonista. Solitamente all'inizio il pretendente si presenta come l'uomo che tutte vorrebbero... Studioso, nessun vizio particolare, nessuna pressione. Rivelandosi però, alla fine della favola, peggio del belloccio dal carattere rude.

Ma lui no. Per questo dico: magari fosse uno stronzo.

« E allora che succede? » Insiste. Mi scruta con i suoi occhi scuri. Sento il suo sguardo addosso senza aver bisogno di alzare il mio.

« Gabriel non sta passando un bel momento. Ha bisogno di me. » Taglio corto.

Tralascio i dettagli appositamente mentre calcio un sassolino lontano da sotto la panchina. Aggiungo un mi dispiace e lui sospira rumorosamente.

« E noi? » Finalmente il mio sguardo si alza ad incontrare i suoi occhi scuri. « La verità è che non lo so Andrea. » Lui smette di respirare per qualche secondo, batte la punta degli anfibi una contro l'altra e annuisce lentamente.

Sussurra un 'capisco' che mi manda a fuoco il cervello e mi stringe la mano ancora prigioniera.

« Mi dispiace così tanto » trattengo quelle stupide lacrime, non sono degne di di mostrarsi a lui.

Maledette.

« Ti sarei stato accanto Cass. Ma se credi che non sia il momento giusto, lo rispetto. » Non mi stacca gli occhi di dosso e risponde alle mie mute torture con un sorriso. Infine mi attira a se.

« Vedrai che andrà tutto bene » abbandona un bacio tra i miei capelli e stringe il mio corpo scosso ormai dai singhiozzi. Il suo profumo mi riempie e i suoi respiri mi solleticano le guance. Rimango rannicchiata tra le sue braccia e chiudo gli occhi.

« Ti porto a casa » un dolce ordine che arriva dopo poco. Lascio il suo profumo allontanarsi, i suoi respiri non mi accarezzano più ma lui tiene stretta a se la mia mano.

Non la lascia. Mai.

-

' Incontriamoci.'

Sono rimasta ore a fissare quell'unica parola seguita da un pesante puntino nero. Ho mangiato un pacco biscotti ricopertine farciti di cioccolata. Bevuto un paio di tisane ma il groviglio che ho nel cuore è ancora lì, pronto ad espandersi.

A mangiarmi.

Gabriel è andata per un paio di giorni a Milano. Sua mamma ha deciso di provarle tutte, di non abbandonare la speranza che suo figlio possa vivere. Speranza che lui non ha preso neppure in considerazione.

Perciò mi ritrovo qui, sola, a fissare quelle tredici lettere mentre i vecchi vinili di mio padre mi fanno da cornice.

' Così potrai tagliarmi a pezzettini e buttarmi in un cassonetto dopo avermi derubata?' Decido di rispondere, senza rispondere davvero.

Visualizza. Luce rossa che mi schiaffeggia ed ecco il suo numero comparire sulle schermo accompagnato da una stupida canzoncina impostata da Gabriel.

« Pronto? » Lo sento salutare qualcuno e poco dopo, la porta sbatte dall'altro capo del telefono. « Avevo optato per il mare, i pesci hanno fame » Gli sibilo un 'simpatico' e la sua risate invade il mio orecchio.

« Seriamente. Prendilo in considerazione », rimango immobile, in silenzio. E quando mi chiede se sono ancora lì sento il traffico che scorre dietro di lui e prendo coraggio. « Quando? » Azzardo in un sussurro. Lo sento sorridere o forse spero semplicemente che lo stia facendo. « Domani? » il cuore incredulo mi martella nel petto. Mi scappa una risatina nervosa.

« Dove? » Continuo torturandomi il labbro fino a quando il sapore del sangue mi pizzica la lingua. « Scegli un posto Cass ed io ci sarò. » Il cuore si ferma. Rimane immobile, incapace di continuare a volteggiarmi nel petto.

Respiro piano ed il silenzio cala.

« Cos'hai detto? » La voce trema, fa fatica ad uscire e respirare diventa più complicato. « H-ho detto di scegliere un posto ed io ci sarò », balbetta in un sussurro.

« Come fai a sapere il mio nome? » Ora la mia voce ha assunto un tono meno pacato. Strillo. « Il tuo nome?» I suoi bugiardi sussurri mi irritano maggiormente.

« Chi sei? »

Non risponde. Cerca scusanti inesistenti. Dice di aver scelto un nome a casa tra tutti quelli che abbiamo usato in questi anni. Dice di aver indovinato con un colpo di fortuna e i miei nervi stanchi, cedono.

« Tu sai chi sono. Cos'è uno scherzo? Una vendetta? Uno stupido gioco? » Sputo veleno a raffica. Tremo. Che diavolo sta succedendo? Che abbia parlato per due anni con un fantasma?

Si è preso gioco di me.

« Dio sono una stupida. Ecco perché tutto questo mistero. » Ora ringhio al telefono mentre ricevo solo silenzio.« Chi diavolo sei? » Silenzio. Silenzio. Ancora silenzio.

« Cass... » Un brivido mi sale lungo la schiena a sentirlo pronunciare il mio nome. Le lacrime scendono silenziose ed io le butto fuori tutte. La rabbia si impossessa del mio corpo stanco ed io decido di abbandonare.

Di arrendermi.

« Non voglio sentire. » Abbandono il telefono sul pavimento senza riagganciare. Lo sento implorare. Urlare. Sento il mio nome uscire tremante dalle sue labbra e dopo il sesto; ' Cassandra ti prego, ascoltami' esco dalla stanza zoppicando.

Sono un idiota. Idiota.

• Ciao bella gente , spero di non sembrare scontata, affrettata o cos'altro  «3

VentunoWhere stories live. Discover now