Strang*r.†

105 15 19
                                    

Dopo il tentato omicidio di Valerio, nei miei confronti, riuscimmo a tornare a casa, sani e salvi, ma con qualche livido. Domani era il mio compleanno, e finalmente sarei diventato maggiorenne.
Avevo affidato il compito di preparare la classica festa orribile, a mia mamma, che oramai sclerava ogni maledetto giorno, quando non era a lavoro, su ogni maledetta cosa.
Era il dieci luglio, quando nel bel mezzo della nostra cena settimanale con Valerio, le arrivò una chiamata. Io e Apa continuammo a parlare di tutto, ma riuscì a capire qualcosa della chiamata, che mia mamma aveva preferito non farci sentire andandosene in bagno:
-Mh, sì, quindi vieni?-
-Che cazzo vuoi che ti dica?
-Ha abbandonato quel tugurio, finalmente.-
-Ciao, mi sei mancato.-
Quando tornò, era strana, ma sembrava veramente felice, continuava a sorridere, pure mentre parlavamo bestemmiando gli Ognissanti.
«Allora, Giò, sei eccitato per domani?» chiese Vale.
«No, affatto.» dissi distrattamente.
«Comunque mi sto sentendo con il dottor Privitera.» affermò poi seria mia madre.
«Davvero!? Ma quel tipo non è normale!»
«Non ha nulla di strano anzi, l'ho conosciuto quando hai avuto quell'attacco di panico, per questo ci hai visti venire insieme.» feci mente locale, per ricordare il momento.
«E papà?» dissi fingendo un rancore che col tempo era sparito.
«Si è innamorato di una sergente che lavora con lui. Ne abbiamo già discusso entrambi.»
«Ah, beh...» Non sapevo cosa aggiungere, in fondo quel tipo non lo conoscevo.
A salvarmi da quella situazione, fu Valerio:
«Oh, buona fortuna, Daniela.»

--
Tra un'ora, sarebbe iniziata la festa, ora al ristorante, c'erano solo i soliti quattro parenti, solitamente vecchi, a cui piace giocare a chi arriva prima. Indossavo un semplice completo blu notte, il cui pantalone mi andava troppo largo, più della giacca.
Mi stavo annoiando un botto, Valerio e Giovanna, che avevo invitato per telefono, dovevano ancora arrivare. Nella stanza in realtà, oltre i camerieri, con delle schifosissime Crocs ai piedi, c'erano i miei due nonni materni, una zia, una mia cugina trentenne, mia mamma e il dottor Privitera.
Fu proprio quest'ultimo che si avvicinò a me
«Sai Giò, vorrei presentarli, visto che sai solo il mio cognome.» Annuì, e lui mi guardò con un sorriso spaventoso, ma che ci trova mia mamma? Feci una faccia schifata aka spaventata, che Dio solo sa.
«C'è qualcosa che non va? Perché sembra che di abbiano messo un chiodo nel piede. » rise leggermente, facendo ridere anche un pò me.
«No, niente non si preoccupi.» tornai a sorridere normalmente, ma anche lui tornò a sorridere, e mi stavo davvero trattenendo dal non fare la stessa faccia schifata, ma fu impossibile.
«Di nuovo, ho forse qualcosa in faccia?»
No è la tua faccia il problema.
«No nulla, non è nulla.»
«Ricordati che sono un dottore, se hai un problema, io...» insistette.
«Davvero, sto bene.» Affermai.
«Comunque io mi chiamo Mattia, vengo da Cinisello Balsamo, vicino Milano.» si presentò.
«Oh, beh, lei sa già tutto di me.» non sapevo che dire.
Vidi arrivare Valerio, così mi scusai e me ne andai verso di lui.
«Mio Dio, è stato bruttissimo.» risi vicino a Valerio.
«Cosa?»
«Il dottor Privitera.» affermai.
«Eh? Lascia stare non voglio sapere.» ci andammo a sedere con Valerio iniziai a discutere su chi potesse, tra le mie cugine, farsi. Nel mentre iniziarono ad arrivare altri parenti, che vennero tutti a farmi gli auguri. Avevo la faccia sbavata.
Tutto filò liscio, fin quando non entrò lui, non lo vedevo da tanto, mi mancava tantissimo. Si avvicinò a me, vestito di nero, e mi fece gli auguri. Lo abbracciai fortissimo e iniziai a piangere. Il suo corpo robusto e la sua altezza, erano diversi da come li ricordavo. Aveva un paio di cicatrici, ma non l'importava tanto. Era lì da me.

Teddy BearWhere stories live. Discover now