Problemi. 🔕

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Arrivò il cibo, e guardai Giulio, che mi fece aprire le gambe delicatamente per sedercisi in mezzo e imboccarmi, se avessi mangiato. Era pasta al sugo coi pezzettini di carne. Era tutto fottutamente freddo e disgustoso.
Guardai Giulio seduto, con la sua aria da biscotto, tra le mie gambe e poi il cibo  sul mio petto. Poi ancora Giulio e di nuovo il cibo.
Non volevo mangiare nulla.
Avevo lo stomaco intollerante.
La sola visione di quelle pennette asciutte mi disgustava.
«Dai, apri la bocca.» Giulio mi guardava con una dolcezza che scioglierebbe un polaretto, celata però dalla sua serietà. Mi porse la forchetta, mettendo una mano a poca distanza, sotto, dal boccone.
«Giulio, no...» mugolai schifato.
«Giorgio, te ne prego. Fallo per il tuo peluche.» si vedeva che ci stava male, quando non mangiavo. Si sistemò su di me, sfiorando con la mano che aveva liberato, il mio addome debole.
Era una cosa che faceva spesso. Amava toccarmi.
Amava sentire il mio corpo sotto la sua mano.
Posò la forchetta e mi fissò a lungo. Ma non guardava i miei occhi, il suo sguardo era soprattutto concentrato sul mio corpo fragile e denutrito, che stavo iniziando ad odiare.
«Mi fa male vedere te, così. Se non vuoi mangiare per te, fallo per me, lo ripeto.» questa volta, non potei rifiutare, difatti, annuì.
Tornò a sorridere, mentre riavvicinava quelle due pennette alla mia bocca.
Fù lento e ogni commento, in quel momento sarebbe stato frainteso.
Chiusi gli occhi, e schiusi le labbra, permettendo al cibo di passare.
La mia lingua entrò a contatto con la polpa di pelata, fredda, e un conato mi scosse. Volevo vomitare anche l'anima.
«Ok, Giulio, basta.» scossi la testa per riprendermi.
«Un altro morso, ti prego.» la sua faccia ferita, mi convinse a mangiarne un altro pò.
«Oh, Giò, ma se mi siedo sui tuoi genitali e faccio su e giù per un pò, siamo entrambi nudi e tu hai un'erezione, praticamente m'inculi? Voglio dire, la tua erezione, mi finisce dentro?» Ma a questo vengono le cose così, a caso? E poi detto così, suonava male.
Mi imbocco di nuovo.
«Vuoi farlo?» chiesi ovvio, finendo di masticare.
«No, cioè, sì, ma non possiamo.» altre due pennette nella mia bocca.
«Oh, ma quanto vorrei! » esclamai.
Praticamente ci stavamo comportando come amici con benefici, o roba del genere. Non ci sentivamo fidanzati, e  nemmeno lo eravamo.
Dopo qualche tempo, guardai di nuovo il mio piatto: era semivuoto.
«Giorgio, tu non mangi perché non ce la fai, ma perché non vuoi.» mi disse il piccolo guardandomi negli occhi.
«Io non mi sento ok.» lui capì che intendevo, e mi abbracciò.
«Giorgio non sei solo. Sta cosa la supereremo insieme. »
Lo guardai intensamente negli occhi e capì. La consapevolezza mi schiacciò come un orgasmo in pieno coito. Fu forte, travolgente ed estremamente eccitante.
Il piccoletto contribuì, muovendo il suo culetto morbido, stile culo dei bambini su di me.
Mi mossi contro di lui di scatto.
«Oh, ma che cazzo fai ?»
«Ho capito. »
«Cosa?»
«Quel cazzutissimo problema di geometria solida.» risposi risoluto e soddisfatto.
«Tu hai problemi.» mi lanciò un cuscino in faccia.

Teddy BearDove le storie prendono vita. Scoprilo ora