Ex*t.†

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«Giorgio! Ho una buona notizia, chiama tua mamma!» Joanna entrò felice, seguita dal dottore Bontempi.
Annuì curioso, prendendo il telefono.

«Oh, ma?»
«Giorgio?»
«Mh, sì. Sei al lavoro?»
«No, è successo qualcosa? Dimmelo se è così.»
«No, mà, è solo che mi devono annunciare una bella, e ripeto bella, notizia, e visto che sono minorenne, devi esserci pure tu.»
«Uh, madò. Speramo che non sia niente di male!»
«Mamma, ho detto bella.»
«Sto venendo.» mi staccò in faccia e vidi le facce divertite dei due di fronte a me.

Dovemmo aspettare pochi minuti, e pregai Dio che nel tragitto quella adorabile pazza non avesse ucciso qualcuno. 
«Allora, signora si sieda.» iniziò il dottore appena mia mamma entrò.
«Vedo che quella si è già accomodata benissimo su mio figlio.» osservò stizzita Joanna ‘la tettona intelligente’, seduta tra le mie gambe. La ragazza si alzò, sorridente,  e rimase in piedi.
«Allora signora, vostro figlio è in ottime condizioni, e non abbiamo motivo per trattenerlo qui.» Sorrise a mia mamma, lasciando però in sospeso il discorso.
«Quindi...?»
«Quindi, Giorgio, puoi smontare baracche e baracchelle, e andartene già oggi pomeriggio, dopo aver ovviamente firmato alcuni moduli.» Joanna vide il mio sincero sorriso e mi abbracciò.
«Le tette. Quei due materassini, non si schiacciano.» Joanna rise leggermente e si staccò. La abbracciai di nuovo, nonostante tutto, era piacevole avere le sue tette enormi contro di me. Ok, no, mi piaceva proprio abbracciare lei.
Mamma ci guardò storto e a me venne da ridere.
La lasciai stare e iniziai a festeggiare con quei balletti, tipo della vittoria, e a ridere.
«Dio, sì, posso finalmente uscire!» urlai quasi.
«Madò Giò, sei l'apoteosi della felicità!»  commentò Joanna prima di doversene andare col dottore in altre stanze.
«Chi cazzo è quella? Ma l'hai vista? Ma perché non puoi evitare di fare il figlio arrapato, per una volta? Poi, che cazzo vuol dire apoteosi?» chiese a raffica mia mamma.
«Lei è Giovanna, una mia amica. Sì che l'ho vista e non sono arrapato. Poi cos'è che mi hai chiesto? Ah sì, l'apoteosi è la massima espressione di una cosa. »
«Beh, almeno non è stupida.» sussurrò.
«Vatti a vestire, io vado a fare quelle carte.» aggiunse poi.
+-+
Appena uscito da lì, chiamai Valerio e mi feci venire a prendere per farci un giro al centro di Roma, e poi ritornare, verso l'una, a casa di mia mamma per mangiare con Vale, mancavano ancora tre ore.
«Cazzo, non ce la facevo più a stare lì, Cristo, anche se qui ci puzza di merda, si sta meglio!» salì in macchina di Valerio. E appena finì la frase, iniziò a sniffare l'aria nella macchina.
«Qui non ci puzza di merda- sniffò ancora- No, davvero, non ci puzza. Poi, ho messo un ‘Abre Maggik’, ovvero la versione scrausa e cinese dell'omonimo prodotto.» risi e poi lo guardai con gli occhi sbarrati per l forse conplicaconplicata che aveva detto.
«Avevo immaginato che mi avresti chiesi qualcosa a riguardo, quindi ho preparato quella frase. Stupito eh?» scossi la testa mentre accendeva la macchina.
«Forse è proprio per quel cazzetto appeso che ci puzza qui.» disse poi, e io afferrai la palma di carta, e la sniffai.
«‘Rcodio!» urlai lanciando quel portatore di puzza dal finestrino.
«Perché!?» urlò Apa.
«Che problemi hai?» continuò stonandomi l'orecchio.
«Puzzava a bestia.» risposi calmo.
«Ma io, io ci tenevo! Stronzo!» mi diede un pugno sul braccio e poi scoppiò a ridere. Lo stronzo mi era mancato.
«Avrò un livido della Madonna ora, fanculizzati.» feci l'offeso.
«Direzione Fanculo!» girò bruscamente ad un incrocio, accelerò e poi alzò le braccia.
«Fammi scendere, Dio, aiutami tu!» non riuscivo più a smettere di ridere.

Teddy BearWhere stories live. Discover now