Capitolo 15 (seconda parte)

Comincia dall'inizio
                                    

Ha qualcosa di fin troppo buono quell'uomo per non volergli bene dal primo momento in cui ci parli.

Alle dieci e cinque minuti le luci della sala sono quasi tutte spente. Gli ultimi clienti se ne sono andati circa mezz'ora fa e da allora non è entrato più nessuno. Se lo avessi saputo prima avrei iniziato a pulire tutto in anticipo, così da poter uscire da qui il prima possibile. Non mi pesa fare tardi per il turno extra delle pulizie, anzi, potrebbe sembrare una cosa strana ma a me rilassa passare quella mezz'ora in più a sistemare tutto con la musica di sottofondo, le luci soffuse e la soddisfazione di essere arrivati alla fine di un'altra giornata. Di solito mi lascio trasportare dalla quiete e dalle note che passano alla radio del locale; mi occupo della sala, del retro cassa e dei bagni, mentre Bob si dedica alla sua amata cucina. A parte la prima volta in cui ho visto come funzionava, è con lui che faccio sempre il turno delle pulizie, ma questa sera lo guardo infilarsi a fatica il pesante giubbotto scuro mentre ricorda a Mayson per due volte di fila di non distruggere la sua cucina. È per questo che vorrei uscire di qui anche ora: non sarà con Bob che passerò il resto della serata.

L'ultimo a raggiungere la porta è Ricky, vestito solo con la sua divisa e senza nient'altro addosso. Accanto a lui, Mayson aspetta con le chiavi in mano per chiuderci dentro non appena saremo da soli.

Parlottano tra di loro, e anche se la curiosità di sapere quello che si stanno dicendo è tanta faccio finta di niente mentre impilo le sedie una sopra l'altra per poter avere il pavimento libero. Sono state tante le volte in cui ho passato del tempo con Mayson da sola, quindi dovrei sentirmi calma e rilassata, eppure non è così. Me lo sento dalle spalle in tensione che di rilassato non ho proprio un accidente. Ho provato a non pensarci per tutto il tempo ma non me la sono scordata l'elettricità che ho sentito addosso quando oggi mi stava così vicino, e non mi sono scordata la delusione che ho provato quando ho capito che non stava per baciarmi. Non lo so perché continuo a farmi del male in questo modo, perché sperare nel fatto che lui facesse una mossa del genere è davvero un'aspettativa autolesionistica. Ci ho sbattuto la testa in passato, ci ho sofferto troppo per lui, e anche se continuo a dire che mi ha ucciso quando se n'è andato in fondo so che è stata solo una cosa positiva, perché dopo mesi ci sono riuscita a riprendere in mano la mia vita senza farla girare attorno a lui. Eppure, anche dopo anni, è bastato soltanto rivederlo per ricominciare quel circolo vizioso da cui pensavo di essere uscita.

È questo che mi mette in soggezione alla presenta di Mayson, il sapere che tanto, in un modo o nell'altro, non mi dispiace continuare a giocare al gatto e al topo con lui.

Prima di varcare la soglia dell'uscita sento Ricky chiamare il mio nome. Hanno appena finito di ridere e la cosa mi sta dando ai nervi: dovremmo pulire, non fare conversazione, e io sono la sola che si è portata avanti nel lavoro da dieci minuti a questa parte.

«Sabato festeggio il mio compleanno» annuncia sorridendo. «Dopo il lavoro ci aspetta una fantastica nottata al The Hole, quindi non prendere impegni. Posso farti vedere quali sono gli argomenti di punta che mi sono imparato.»

Scoppio a ridere scuotendo la testa non appena finisce di parlare, e lo vedo sparire oltre la porta dopo avermi puntato un dito contro come avvertimento.

Non lo so come faccia ad essere sempre così sorridente, ma ormai ho appurato che avere a che fare con lui metterebbe di buon umore chiunque.

Senza guardarmi, Mayson raggiunge il retro cassa e spegne lo stereo, e tutto il buon umore che mi ha regalato Ricky svanisce nel nulla: odio pulire senza musica, credevo che almeno questo lui se lo ricordasse.

Lo vedo sparire nel ripostiglio avvolto dal buio di quell'angolo giù in fondo, e con un gesto nervoso infilo le mani nella tasca dei jeans e tiro fuori le cuffie. Le tengo con me perché è un modo veloce per poter fare telefonate senza tenere il cellulare incollato all'orecchio. È un'idea che mi ha dato Sonia un paio di settimane fa, e da allora me le tengo in tasca. Che si fottano Mayson e lo stereo, io la musica posso sentirla da qui. Ma non faccio in tempo a collegare le cuffie al cellulare che mi ritrovo ad alzare la testa confusa non appena sento le note di una canzone spargersi tra le mura del locale a volume moderato; credevo lo avesse spento lo stereo, invece mi sbagliavo. Forse, ultimamente, gli do troppo addosso per colpe che nemmeno ha. Con un leggero sorriso sulle labbra, sottovoce canto dietro ad ogni canzone che parte mentre passo la scopa e lavo per terra, mentre metto in ordine le fatture di Phill e sistemo il bagno riservato ai clienti.

I Ricordi che ho di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora