Capitolo 15 (prima parte)

En başından başla
                                    

Se ha intenzione di chiedermi dei soldi posso dirle fin da subito che è sulla strada sbagliata: l'ultima paga l'ho usata per aggiustare quel rottame del mio furgone, ma non credo si tratti di questo, perché la supplica che le leggo negli occhi non può essere per una cosa banale come questa.

«Ho bisogno che tu copra il mio turno delle pulizie. Ti prego, Emory, puoi chiedermi qualsiasi cosa in cambio, basta che stasera mi copri tu.»

Detto in tutta sincerità credo che questa richiesta sia molto più banale della mia supposizione sui soldi, però cambio idea quando inizia a blaterare sul fatto che sua figlia è a casa con la febbre e che deve tornare da lei ad ogni costo. È per questo che i suoi occhi sono così preoccupati, e mi si stringe un po' il cuore a vederla così.

Quello sguardo mi ricorda lo stesso che ha mia madre ogni volta che inizia a raccomandarsi per qualcosa; sembra che abbia sempre il terrore che possa accadermi qualcosa di brutto, ed è una cosa che detesto perché ti mette l'ansia addosso, maledizione. Dicono che bisogna provarla questa cosa di essere mamma per capire davvero le paure che passano nel cuore di una madre, e credo che abbiano ragione: da figlia, io, non le capisco proprio tutte queste preoccupazioni.

Non ho alcun problema a restare dopo il lavoro per coprire il suo turno, anche perché non avevo affatto programmi speciali per la serata. Un sandwich al volo, un paio di cuffiette e un'immersione nella vasca da bagno era tutto quello che avevo in programma, e il sollievo che le vedo apparire sul volto quando glielo dico mi fa sorridere spontaneamente. È bella la sensazione che si prova quando si fa del bene a qualcuno, e ci arrivo con questo sorriso soddisfatto sulle labbra fino agli spogliatoi. Me lo tengo addosso mentre apro l'armadietto numero tre e prendo il grembiulino rosso della divisa, ma svanisce nel nulla solo quando mi volto verso lo specchio per legarmi i capelli.

Trattengo il respiro non appena focalizzo l'ombra davanti a me, seduta a terra, e mi rendo conto di aver sfiorato il secondo attacco cardiaco nel giro di cinque minuti. Non capisco se sia solo un caso oppure se si siano messi d'accordo per farmi morire di crepacuore.

«Stasera ci toccano le pulizie» dice senza nemmeno sprecarsi a salutare, ma al momento non è questa la cosa su cui sono maggiormente concentrata. È seduto a terra, con le gambe piegate e aperte e le braccia abbandonate sopra le ginocchia. La visiera del cappellino blu gli copre quasi tutta la faccia e con la luce bassa che c'è qui dentro a malapena riesco a vedere le sue labbra. Nemmeno questo, però, è quello che mi colpisce. Non capisco cosa ci faccia qui, seduto a terra, né capisco come faccia già a sapere che stasera sarò io a sostituire Sonia dato che non l'ho nemmeno visto arrivare, ma tra tutte queste valutazioni ce n'è una che spicca tra le altre: le sue mani sono di nuovo coperte dai guanti.

Guanti fini, neri, tipo quelli che usano i tatuatori per non toccare la pelle, ma so per certo che lui li porta a causa di altro. Se è come la volta scorsa, lui lì sotto ci nasconde le ferite.

«Devi ancora iniziare il turno e già ti senti stanco, Mayson?» Obbligo i miei occhi a fissarsi allo specchio mentre mi lego alla bell'e meglio i capelli; non ci provo nemmeno a fare una coda perfetta come quella di Sonia, perché tanto so già che pur impegnandomi al massimo non ci riuscirei.

«Non ho dormito molto questa notte» borbotta senza muoversi.

«Cos'è, la rissa è durata più del previsto?»

«Di quale rissa stai parlando?»

E anche se stavo lottando contro me stessa per non voltarmi a guardarlo, non ce la faccio a parlargli dandogli le spalle. Dalla cena della scorsa settimana il nostro rapporto si è basato solo su saluti di cortesia e nient'altro. Questa è la prima conversazione quasi normale che abbiamo da dieci giorni a questa parte.

I Ricordi che ho di teHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin