I'm gonna hurt him

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I'm gonna hurt him.

Mi svegliai verso l’ora di pranzo e d’altronde lo avevo già immaginato, partendo dal fatto che la sera prima avevo fatto tardi per colpa del film che zio Simon aveva scelto di guardare. Oggi non sarei né dovuto andare al lavoro né agli allenamenti, ma sarebbe stata comunque una giornata pesante. E sapete il perché? Zio Jay non era con me, zio Simon sarebbe rimasto in ufficio fino a stasera tardi e Meredith si era presa una vacanza dato che il suo compleanno si stava avvicinando e noi le avevamo ordinato, più che chiesto, di passarlo con la propria famiglia. Ovviamente in senso buono, di certo non volevamo sbarazzarci di lei! Niente, una volta fuori dal letto, presi il cambio di biancheria e feci una doccia veloce e dopo essermi asciugata per bene, mi vestii con un paio di jeans, una maglietta e una giacca sopra, dopo di che recuperai chiavi della macchina e il telefono e mi diressi giù in cucina. Mi misi il telefono e le chiavi in tasca e iniziai a farmi qualcosa tanto per riempirmi il buco che avevo nello stomaco, ma non avrei mangiato tanto perché sarei dovuta andare fuori a mangiare con Kelsey. È dalla serata a casa dei ragazzi che non ci vediamo e sono passati alcuni giorni. Al lavoro abbiamo molti turni diversi e le mie ore si stavano facendo sempre più piccole. Nuove ragazze sono arrivate a lavorare e dato che avevo parlato con Anthony, il capo, del fatto che poi sarei dovuto andare a Chelsea e quindi il lavoro non potevo tenerlo. In tutti i casi dovevamo assolutamente incontrarci per parlare degli ultimi avvenimenti. E con questo intendo Nathan.

Avevo ancora qualche minuto a disposizione e quindi andai nell’ufficio di zio Simon per controllare laposta elettronica. Entrai come se fossi un ladro e stando attenta a non far casini, andai davanti al computer e controllai. Niente, nessuna email. Mi rialzai e mentre stavo andando verso la porta per uscire feci cadere una busta. Mi voltai indietro e la guardai. Sbuffando mi chinai per rimetterla al proprio posto e non facendo caso a cosa c’era scritto su, mentre la mettevo al proprio posto, mi scappò l’occhio. ‘James Lee Nerman’. Chiusi gli occhi fino a farli diventare due fessure. In quel momento la mia testa iniziò a pensare. La apro? Non la apro? Ci sarebbe la privacy. In casa nostra la privacy vale più di ogni altra cosa. Sicuramente sarà una cosa di cui zio Jay mi ha già parlato e se aprirò questa busta sapendo già il contenuto, poi mi sentirò in colpa. Rimane il fatto che però se è una cosa che non so, meglio saperla, no? Al diavolo.

Presi la busta in mano e notai che era già aperta, quindi sarebbe stato anche facile. Non mi avrebbero sicuramente beccata. Cercai di riaprirla come prima di me aveva già fatto qualcuno e ce la feci, riuscendo anche a non rompere niente. Sfilai il foglio di carta e lo aprii tutto, dal momento in cui era piegato in tre parti. Notai il nome dell’ospedale e del dottore che stava seguendo zio Jay e iniziai a leggere a quanto sembra dei risultati a degli esami. Ovviamente con tutti quei numeri e quelle lettere non  capii niente, quindi di sicuro avrei chiesto a zio Jay delle spiegazioni. Voltai pagina e notai una scritta fatta a mano. Diceva di prendere delle pillole per aiutare ad allungare il tempo che rimaneva. What? Mi scappò l’occhio sull’orario e notai che ero in netto ritardo. Rimisi il foglio dentro la busta e la busta sulla scrivania di zio Simon, uscii di corsa di casa e sfrecciai verso il bar dove avrei dovuto incontrare Kelsey.

‘ Mi aspettavo un ritardo peggiore!’ disse Kelsey, appena mi vide, ridendo. Risi anch’io e mi sedetti.

'Scusami ma in casa mia sono tutti spariti e mi sono alzata tardi, ho fatto la doccia sono entrata nell’ufficio di zio Simon e ho visto una lettera e - -‘

‘Ovviamente non sei riuscita a non leggerla.’ Disse Kelsey, sorridendo. ‘Almeno erano buone notizie?’  

Alzai le spalle in risposta e dopo aver ordinato il pranzo, iniziai a spiegarle il fatto di Nathan. Mi sorpresi della sua reazione al quanto tranquilla a riguardo e mi riferì che tanto ormai lo sa come sono fatta, se una persona ha bisogno io l’aiuto, anche se fosse il mio peggior nemico. E forse d’altronde aveva ragione. Forse era per questo che io mi odiavo tanto. Finimmo di mangiare e rimanemmo a parlare per un po’. Come se non avessimo parlato già abbastanza per queste due ore.

Intrecci Del Destino di Carlotta CorviWhere stories live. Discover now