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<< Puoi portarmi un po' d'acqua? >>
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo.
<< Potresti anche prendetelo da
solo. >> borbotto.
Vincent scuote la testa: << Non vedo come potrei se sono in queste condizioni. >> indica il braccio e la gamba ingessati.
Sbuffo e mi alzo dirigendomi in cucina per l'ennesima volta in un'ora.
Sembra lo faccia apposta.
<< Grazie mille, schiava. >>
<< Di niente. >> fingo un sorriso ma in realtà vorrei rompergli anche l'altro braccio e l'altra gamba.
Apro il frigorifero e prendo l'acqua, poi prendo un bicchiere e ne verso un po'.
<< Tieni. >> dico porgendogli il bicchiere, lui lo prende e ridacchia.
<< Sputa il rospo. >>
<< Dovrei rompermi qualcosa spesso, sei un'ottima schiava. >>
Un altro sorriso finto: << Io ti romperei la testa. >>
<< C'è mancato poco. >> abbassa lo sguardo sul bicchiere e si incupisce.
<< Vi avevo detto di rimanere a
casa. >>
Scuote la testa: << Poteva succedere anche a casa. >>
Mi siedo accanto a lui sul divano.
<< Io ero qui, e non è successo nulla, mi sono protetta per bene, voi dove eravate? Sotto le travi? Geniali. Davvero. >>
Vincent mi guarda di traverso e incrocia le braccia al petto, poi mi rivolge un sorrisetto furbo.
<< Sono venuto a sapere che non eri sola... >> mi fa l'occhiolino e io mi irrigidisco.
<< Daniel era solo venuto per la
rivista. >>
Inarca un sopracciglio continuando a guardarmi con quella sua espressione divertita, che trovo parecchio irritante.
<< Ed è venuto a casa, con l'arrivo di un uragano, solo per una rivista? >> dice divertito e poi scoppia a ridere.
Annuisco sempre più irritata, scatto in piedi e resto di spalle, sono appena avvampata, e di sicuro il colore del mio volto somiglia a quello di un pomodoro.
Incrocio le braccia al petto: << È un collega. Non farti strane idee in
testa. >>
<< Si, si. Certo. È un collega. >> si prende gioco di me.
<< Vincent, non c'è niente tra di noi. Ti ho detto che è solamente un collega. >>
Vincent alza le mani - o almeno quella non ingessata - e sorride beffardo.
Sbuffo. << Me ne vado in camera. Sei irritante. >> giro i tacchi e me ne vado lasciandolo solo.
<< No! Dai, sorellina! Scherzavo! >>
Attraverso il corridoio e lo sento gridare di non lasciarlo solo.
<< Se hai bisogno di qualcosa chiama qualcun altro! >> urlo anche io.
Entro in camera mia e mi chiudo la porta alle spalle poggiandomici con la schiena su di essa e scivolando lentamente a terra.
Chiudo gli occhi e prendo aria nei polmoni - quanto più ne riesco a prendere - e poi la caccio via.
Resto per qualche minuto a terra, poggiata con la schiena alla porta, poi mi alzo e comincio a sistemare un po' la camera perché sembra sia passato un tornado, proprio qui dentro.
<< Ma come ho fatto ad arrivare a questa situazione? >> mi chiedo.
La mia camera non è mai stata disordinata. Mai.
Comincio dai vestiti da lavare che sono posti metà sulla sedia della scrivania, metà nell'armadio. Il classico: "Poi li metto a lavare", e invece sono lì da forse un paio di giorni.
Poi comincio a togliere un po' di polvere ovunque.
"Daniel..."
Scuoto la testa per scacciare via quel pensiero. La mia mente fa brutti scherzi. Perché ora deve venirmi in mente proprio lui?
Basta pensarci. Respiro profondamente e continuo con le mie faccende.
Per l'ora di pranzo ho finito finalmente di sistemare tutto, e ora posso andare a preparare da mangiare.
Apro la porta e trovo mio padre davanti, con la mano a mezz'aria, pugno chiuso.
<< Stavi per bussare? >> chiedo sorridendo.
Mio padre mi guarda serio e annuisce.
<< Cosa è successo? >> chiedo dato la sua espressione.
<< Tuo fratello non può muoversi, ha bisogno di una mano, perché non sei con lui? >> ringhia.
Incrocio le braccia al petto: a volte mi chiedo se li abbia davvero diciannove anni o finga, perché il più delle volte si comporta da bambino.
<< Io vorrei sapere perché deve fare la spia. >>
Mio padre mi si piazza davanti sbarrandomi la strada.
<< Kristeen... >> sussurra e mi fa segno di entrare, così faccio un passo indietro e faccio entrare anche lui. Chiude la porta mentre io mi vado a sedere sul bordo del letto con le mani poggiate sulle ginocchia e la testa bassa.
Mio padre viene a sedersi accanto a me e mi porta un braccio dietro le spalle.
<< Che ti succede? >> chiede preoccupato, e io ovviamente, rispondo il mio solito "niente, sono solo un po' stressata" e gli sorrido.
Sospira: << Tu sei sempre "solo un po' stressata" >> fa le virgolette con le dita.
Scuoto la testa: << Sul serio. Sto
bene. >>
<< Cosa ha detto Vincent per farti arrabbiare? >>
Scuoto la testa e dico che non è niente e che va tutto bene.
Mio padre sbuffa e si alza, va alla porta e la apre: << Allora se va tutto bene, potresti preparare da mangiare? Qui c'è uno stomaco che brontola. >> si porta una mano sullo stomaco.
Ridacchio: << Credo non solo il tuo. >>
Mio padre scoppia a ridere: << Il suo non è uno stomaco. È una voragine. >> dice e io scoppio a ridere.
<< Adesso arrivo. >> dico e mio padre annuisce uscendo dalla mia camera e chiudendosi la porta alle spalle.
Resto seduta per qualche minuto e poi raggiungo i due in salotto.
Mio fratello che guarda la TV e mio padre seduto accanto a lui sul divano che legge una rivista.
<< Kristeen sei bellissima in queste foto. Daniel Martin ha fatto un ottimo lavoro. >>
Sorrido a mio padre e annuisco.
<< È davvero bravo nel suo lavoro. >> confermo.
Porto le mani sui fianchi, << Allora cosa volete mangiare? >> chiedo.
<< Io voglio tutto quello che riesci a preparare. Ho una fame da lupi! >> Vincent distoglie l'attenzione dalla TV per rivolgerla a me.
Scoppio a ridere: << Tu saresti capace di mangiare qualsiasi cosa. >>
Vincent annuisce: << Tu prepara tutto quello che puoi preparare e io sarò felice. >>
Mio fratello mi guarda con quei due occhioni scuri e non posso che annuire.
<< Lo sai che mi freghi sempre? >>
Lui annuisce orgoglioso: << È il potere del fratelli minori. >>
Alzo gli occhi al cielo e me ne vado in cucina ridacchiando.

<< Sorellona era buonissimo. Non c'è un'altra porzione? >>
Incrocio le braccia al petto e picchietto il piede a terra: << Hai praticamente mangiato tutto tu. Ne vuoi ancora? >>
Annuisce.
Scuoto la testa: << No! Non ce n'è! Sai, dovevamo mangiare anche noi. >>
Abbassa la testa e fa spallucce: << E comunque era tutto buonissimo. >>
<< Lo hai già detto. >>
<< Lo so. >> dice.
<< Cosa vuoi? >> chiedo dato che ha alzato lo sguardo su di me.
<< Un altro poco di quella. >> indica l'insalata di pollo.
<< Quella è mia. >> borbotto.
Unisce le mani: << Non puoi fare la carità? >>
Lo guardo di traverso: << Non sei povero. >>
Fa il labbruccio: << Ma sono
affamato. >>
Spalanco gli occhi: << Ma se hai appena mangiato quasi tutta l'insalata di pollo! Mangiato tutti i pancake che ho fatto più la torta al cioccolato! >>
Si lascia andare sulla sedia: << Sono ancora affamato. >> frigna.
<< Ha ragione mostro padre a dire che il tuo non è uno stomaco, ma una voragine. >> ripeto le stesse parole.
<< Dove doveva andare? Che tu sappia? >> chiedo. Ha mangiato giusto quel poco per riempire lo stomaco e poi è corso via.
Vincent fa spallucce: << Non ne ho idea. >>
<< Mmmh... >>
Vincent poggia la mano - quella non ingessata - sulla mia e io alzo gli occhi su di lui.
<< Non pensarci. Di sicuro aveva qualcosa di importante da fare. >>
<< Ultimamente non è parecchio assente, vero? O l'ho notato solo io? >>
Vincent scuote la testa: << No. Hai ragione. Ma credo non ci sia nulla di preoccupante. >>
Sospiro e voglio credergli.
Continuiamo a pranzare in silenzio e poi mio fratello torna a suo solito posto da ormai settimane, e io mi chiudo in camera persa nei miei pensieri.
Ma questa volta non è solo Daniel ad occupare la mia mente, ma anche mio padre.

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