Angelo bianco

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Se c'era una cosa che Daniel aveva chiaramente capito quella sera fuori dal Nancy's, era che Dane sarebbe stato sempre incredibilmente bizzarro.

Non era successo nulla di ciò che si era immaginato. Alla fine, Dane aveva solamente spezzato l'attimo allontanandosi con un sorriso vittorioso in volto. «Andiamo» aveva detto, prima di dirigersi verso la strada principale, in cerca di un taxi.

Di norma, Daniel avrebbe odiato quella situazione, dal momento che aveva detto chiaramente a Dane di essere stufo dei suoi giochetti. Ma, superata la confusione iniziale, non poteva negare di aver apprezzato le azioni di Dane, il quale dopotutto aveva due importanti caratteristiche che Sarah invece neppure rasentava: la complessità e l'imprevedibilità.

Perché sì, quella sera, mentre si guardavano come se la loro salvezza dipendesse da uno sguardo e quando Dane sussurrò quelle ultime parole calde, Daniel sentì distintamente i fuochi d'artificio e i colpi al cuore che non aveva provato quando era stato sul punto di baciare Sarah.

Quella notte, il suo letto sembrò trasformarsi in dura pietra, anche se in realtà l'unica cosa scomoda nella stanza di Daniel era la sua mente, che macinava continuamente pensieri e domande.

Quanto era accaduto quella sera e ciò che aveva provato non gli fecero chiudere occhio fino a notte inoltrata. Decise comunque di non alzarsi e di rinunciare a una tazza di tè caldo, alla maniera inglese, perché era quasi sicuro che Dane fosse in salotto.

La sua non era solamente una semplice percezione. L'aveva sentito camminare nel corridoio, verso le due di notte.
Aveva provato a captare qualche rumore, ma Dane era silenzioso e Daniel dovette cedere al sonno, prima di poterlo sentir tornare alla sua camera.

Quella notte a maggior ragione di altre, Dane non aveva potuto fare a meno del suo goccio di whiskey. Sto proprio cadendo in basso, pensò, mentre svuotava l'ennesimo bicchiere. Devo darci un taglio o finirò sul ciglio di chissà quale strada.

Facile a dirsi ma difficile a farsi. Quella notte il famoso detto sembrava proprio volerlo sopraffare.

Era stato sul punto di baciare Daniel quella sera, in quella strada deserta, ne era sicuro. Ma qualcosa lo aveva fermato. Orgoglio? Superbia? Oppure paura?

Anne. Per un attimo il volto di sua moglie gli tornò in mente. Era il giorno del loro matrimonio e lei indossava quel meraviglioso vestito bianco che accentuava le curve delicate del suo corpo. Stavano ballando e lei, mentre volteggiava sulla pista da ballo, gli sorrideva, come se fosse il suo miracolo più grande.

Mentre invece non ero niente, rispose allo sguardo di lei, cercando di relegare quell'immagine nel più lontano e angusto angolo della sua mente, ma con scarsi risultati. Il ricordo di quell'angelo bianco continuava a scorrergli davanti agli occhi, in una danza quasi diabolica che non voleva lasciarlo andare.

Come ho potuto, in così pochi giorni, averla già dimenticata? Come ho potuto scordare il suo sorriso, la sua voce, il suo corpo?
Guardò la fede al proprio dito. Si sentì un verme, per essersi pericolosamente avvicinato a Daniel quando Anne era ancora là fuori ed era ancora sua moglie.

Provò l'irrefrenabile bisogno di vuotare tutta la bottiglia di liquore, ma riuscì a trattenersi, con grande difficoltà, portandosi le mani al volto e reprimendo un leggero gemito di frustrazione.

Dopo un po' si passò le mani fra i capelli e sospirò. Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e compose il numero di Anne. Si bloccò prima di avviare la chiamata, tutta la determinazione di un attimo prima scomparsa, perduta in un battito di ciglia.

Dopo lenti e interminabili minuti, Dane alzò lo sguardo. Guardò la luna, che svettava piena e silenziosa fuori dalla finestra. Qualunque cosa fosse successa, lei avrebbe continuato a splendere.
Ripose il cellulare in tasca.

Gioco di Maschere ✨BoyxBoy✨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora