Non mostrare nulla finché nulla ti viene mostrato

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Daniel finì di svuotare le valigie e si allontanò per guardare da un'altra prospettiva il lavoro che aveva appena svolto. I suoi vestiti, le sue scarpe e i suoi altri accessori d'abbigliamento come cappelli, occhiali e orologi, erano nell'armadio, mentre gli altri effetti personali li aveva appoggiati sopra e nei cassetti del comodino accanto al letto.
Ogni cosa era stata riposta al posto che le spettava, con ordine, calma e diligenza, abitudini che caratterizzavano la vita di Daniel nel suo lavoro e nelle sue azioni quotidiane, fin da quando era bambino. Solo i suoi incubi spezzavano quella monotonia.

Ora la luce del sole era abbastanza forte da convincere Daniel a spegnere quella della sua camera e ad aprire le tende, in modo che la luce mattutina potesse illuminare tutto ciò a cui poteva arrivare e che stendesse sugli oggetti una patina diversa da quella della luce elettrica, una patina più viva e meno asettica.

Era tutto tranquillo, non c'erano rumori forti. Si sentiva solo il leggero brusio della città che non dorme mai, fuori, ovattato dalla finestra. Poi Daniel udì un rumore sommesso, ripetitivo e maledettamente fastidioso, e sospirò. Si trattava del suo telefono che vibrava sulla superficie di legno scuro del comodino vicino al letto. Non teneva mai accesa la suoneria.

Con la camminata pesante, Daniel si diresse verso il letto, poi si fermò di colpo e procedette alleggerendo il passo, ricordandosi che il suo coinquilino stava ancora dormendo, a quanto pareva. Da quando Daniel si era rifugiato nella propria camera, da quella di Dane non era provenuto alcun rumore.

Daniel prese in mano il telefono, sospirando. Chiamata in arrivo: John Young Rebels. Fece scorrere velocemente il dito sullo schermo prima di rispondere.
«Pronto»
«Hei Dan! Tutto bene? Ti piace il posto?» la voce di John pervase pungente le sue orecchie.
«Sì, lo adoro» rispose Daniel con calma, ammiccando con un sorriso.
«Fantastico! Tu e Dane avete già legato un po'?»
«Uhm, sì» la risposta di Daniel suonò più come una domanda.
Per lui John era ormai un amico, questo è vero, ma Daniel non se la sentiva di dirgli che lui e Dane a malapena si erano parlati. Sapeva che John avrebbe sicuramente iniziato a fare domande scomode.
«Bene. Alle quattro Matthew sarà parcheggiato davanti al Residence, per portarvi alla Columbia University»
Daniel si portò una mano alla fronte, chiuse gli occhi e increspò le labbra. Si era completamente dimenticato della visita sul set di quel pomeriggio.
«Certo, sì. Grazie di avermelo ricordato, John»
«Figurati! Allora ci si vede dopo»
«Sì, naturalmente. Ciao John»
«Ciao Dan» John riagganciò. Nella stanza tornò il silenzio.

Daniel posò il telefono sul comodino e raccolse un mucchio di libri e di fascicoli che era lì accanto. Uscì dalla camera e socchiuse la porta, per poi dirigersi verso il soggiorno. La porta della stanza di Dane ora era chiusa. Passato l'arco di mattoni che collegava la zona notte e il salotto, andò a posare i libri e i fascicoli sul tavolino da caffè tra i due divani.

Solitamente si sarebbe preparato la colazione. Oppure sarebbe andato in un bar, avrebbe ordinato qualcosa da portare via, lo avrebbero riconosciuto, avrebbe firmato qualche autografo e fatto qualche foto coi fans, poi se ne sarebbe andato in qualche posto tranquillo a consumare ciò che aveva comprato.

Ma quella mattina non aveva fame. Si sedette sul divano che dava le spalle alla porta e al resto dell'appartamento. Quando Dane fece il suo ingresso in soggiorno con passo leggero, Daniel nemmeno se ne accorse.
Dane si fermò ad osservare l'altro attore, seduto con le braccia tese sulle coscie, i palmi delle mani poggiati sulle ginocchia, le gambe leggermente divaricate. La sua schiena era flessa in avanti e il suo sguardo era basso.

Di fronte a lui, sul tavolino, c'era un fascicolo che Dane riconobbe come il copione. Attorno c'erano vari libri aperti. Con un'attenta osservazione si poteva capire a quali di essi Daniel tenesse di più e a quali tenesse di meno. Questi ultimi erano sottolineati coi colori sgargianti tipici degli evidenziatori e avevano molti degli angoli delle pagine piegati. Gli altri, invece, erano pieni zeppi di post-it, per non rovinare la carta, e Dane, da dove si trovava, non scorse sottolineature, per cui probabilmente le parti importanti erano segnate a matita, in modo da poter essere cancellate.

Daniel stava leggendo a bassa voce il copione. Agli occhi di Dane il ragazzo parve estremamente buffo, mentre provava le diverse espressioni facciali, per non arrivare impreparato sul set. Dane sapeva che quella era una tattica degli attori professionisti, ma non l'aveva comunque mai usata. Preferiva improvvisare e, conoscendosi, sapeva che preparandosi precedentemente non sarebbe più sembrato autentico.

Continuò a guardare Daniel e la concentrazione che stava impiegando nel ricostruire una possibile espressione vuota e persa, da post-litigio. Già per me è stressante, non oso pensare com'è sotto pressione lui che deve interpretare il personaggio principale, pensò Dane fra sé e sé.

Quando si decise a parlare, esordì con un normale «Buongiorno», ma il suo tono di voce risultò severo, quasi scocciato per aver dovuto proferire parola. Dane rimpianse subito di aver parlato.
Daniel si voltò di scatto, stupito di essere osservato «Buongiorno» rispose, dopo essersi accertato che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi. I loro sguardi fecero a botte per qualche secondo.
«Vado fuori a fare colazione. Starò via anche per pranzo» lo liquidò velocemente Dane, in modo che non aggiungesse altro. Aveva abbassato lo sguardo appena aveva potuto, come se fosse rimasto scottato.

La visita alla Columbia University di quel pomeriggio fu abbastanza lunga. L'edificio era enorme e, sia all'entrata che all'uscita del gruppo degli attori e dello staff, un ampio gruppo di studenti attendeva alla porta principale per ricevere un autografo e scattare una foto.
Per le riprese del film sarebbero state utilizzate solo alcune delle innumerevoli stanze, ma comunque John preferì mostrare subito al cast anche dove si trovavano tutti i camerini.

Mentre Dane e Daniel percorrevano a seguito del gruppo i corridoi dell'università, non dissero una parola, né si guardarono mai. Sembrava quasi che entrambi avessero inconsapevolmente firmato un patto con sè stessi: Non mostrare nulla finchè nulla ti viene mostrato.

Vedendo la giornata che avevano passato insieme, chiunque, senza esitazione, li avrebbe definiti due linee parallele, sempre vicine, ma che non riescono ad incontrarsi mai.

Gioco di Maschere ✨BoyxBoy✨Where stories live. Discover now