Holden

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Dane era steso supino sul letto, quel giovedì mattina. I suoi occhi erano leggermente socchiusi, le palpebre stanche li coprivano quasi per metà e si abbassavano completamente a intervalli regolari e ben distanziati tra loro. I suoi capelli erano spettinati, ma non tanto da dover essere sistemati. Le sue labbra erano secche e schiuse. Guardava il soffitto.

La porta della sua stanza era leggermente aperta, ma nonostante questo non aveva udito alcun rumore provenire dall'interno dell'appartamento. Il giorno prima aveva sentito Daniel svegliarsi presto, vagare per le stanze, riordinare le proprie cose e poi parlare con qualcuno al telefono. La porta di entrambe le camere da letto era chiusa, per cui la sua voce era arrivata alle orecchie di Dane solo ovattata e a tratti e quest'ultimo non aveva ben capito di cosa stesse parlando o con chi. Che fosse stata la sua ragazza?

A questo pensiero, il ragazzo steso sul letto sentì una fitta leggera nel petto, qualcosa a cui di solito non si dà peso e a cui Dane, in quel momento, non riuscì ad attribuire un'origine o un significato. Decise di alzarsi. Si diresse al bagno e si appoggiò con le mani al lavandino. Puntò lo sguardo dritto sui suoi occhi riflessi nello specchio, di cui era impossibile definire il colore, poiché cambiava in base alla luce che colpiva l'iride. Alcune volte erano di un azzurro intenso, altre di un verde leggero e altre ancora erano di un grigio chiaro, quasi trasparenti.

Si sciacquò il viso e lo asciugò. Lasciò che il freddo umido passasse attraverso la sua pelle, entrando in profondità e provocandogli dei brividi leggeri, facendogli perdere il controllo per un attimo. Emise un profondo respiro e in quello stesso momento decise in maniera fulminea che la nuova giornata che lo aspettava sarebbe stata completamente diversa dalla precedente.

Prima di tornare nella propria camera, diede un occhiata dentro a quella di Daniel, la cui porta era aperta quella mattina, come per assicurarsi che lui fosse ancora lì, dopo il modo scontroso in cui Dane si era comportato il giorno prima.

Daniel era steso sul letto, barricato sotto lo strato del piumone, come se fosse stato sotto il suo tipico strato di riservatezza. Forse era per quello che loro due non avevano ancora stretto amicizia. L'uno si nascondeva nella sua timidezza, l'altro nella sua superbia. Due maschere completamente diverse, ma con l'obbiettivo comune di difendere se stessi dagli altri.

Dane lasciò un post-it sul tavolino del soggiorno, nel caso il suo coinquilino si fosse svegliato prima del suo rientro, e uscì. Andò a prendere la colazione e a fare due passi. Mentre camminava si beò di essere un attore così poco conosciuto. Con un berretto a coprirgli i capelli e degli occhiali scuri, quasi nessuno capiva chi fosse.

Certo, c'era sempre qualche ragazzina o qualche signora che lo fermava e lui era felice di firmare autografi e di sorridere ai suoi fans, ma continuava a chiedersi come facesse Daniel a sopportare tutta la sua popolarità. Chiunque avrebbe ceduto, pensava, ma lui no.

Quando tornò all'appartamento, l'altro attore era sveglio, seduto sul divano, come il giorno prima, ma questa volta la sua posa era più rilassata e stava leggendo un libro apparentemente non sottolineato e privo di post-it. Quando sentì la porta aprirsi, Daniel neppure si voltò, come avrebbe fatto al suo solito. Aveva cambiato strategia, per affrontare Dane con una nuova maschera, la più dolorosa, quella fatta d'indifferenza.

«Hey» sussurrò con voce leggera il ragazzo alla porta.

Forse perché non si aspettava un richiamo o un tono di voce così dolce, Daniel si voltò subito a guardarlo. Dane intanto sorrise, vedendo di aver attirato la sua attenzione «Ho portato la colazione» disse sfoggiando i due bicchieri di carta che aveva tra le mani.

«Ma...» sussurrò appena Daniel, stupito.

«Spero ti piaccia il caffè» continuò Dane avvicinandosi, come se non lo avesse sentito. «A dire la verità ero indeciso. Tu sei inglese e probabilmente preferisci il té» appoggiò i due bicchieri di carta sul tavolino e si sedette sull'altro divano. Daniel intanto seguiva con lo sguardo ogni suo movimento. «Ma, siamo sinceri, se uno cerca un té a New York, o va in un bar di lusso o se lo compra al supermercato. Di certo da Starbucks non mi aspetterei chissà cosa» continuò Dane, tranquillamente, «Forse mi sbaglio, non so. Che tu ci creda o no è la prima volta che entravo da Starbucks».

Gioco di Maschere ✨BoyxBoy✨Where stories live. Discover now