Inquietudine

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Ripensavo alle parole di Sakura.

Ora capivo perché Hayato è sempre stato presente nella nostra vita.

Perché con me ha mantenuto sempre quel distacco che io ho interpretato come disinteresse nei miei confronti.

Era il suo modo di proteggermi.

Il mio angelo custode silenzioso e discreto.

Mi ha sempre protetto da bambina, ha continuato a farlo da adulta.

Non sono stata mai sola.

Ovunque andassi, era con me.

Allora non lo sapevo, ma Hayato non mi perdeva mai di vista.

Potevo dare un senso a tutti gli episodi della mia vita a cui non ero riuscita a dare una spiegazione.

L'orchidea trovata sulla scogliera il giorno del mio compleanno, il mantello trovato per caso su quel ramo.

La sua presenza al lago ghiacciato.

Aveva con sé anche dei guanti rossi, per me.

E tanti piccoli gesti a cui non avevo mai dato peso.

Sapeva tutto di me.

Hayato era una persona davvero speciale e il destino lo aveva scelto per me.

Lui era un uomo, io non avevo nemmeno venti anni, al suo confronto mi sentivo una sciocca che...

Passeggiando in giardino lo vidi.

Era in meditazione. Mi voltai per andare via.

Sentii sfiorarmi il braccio.

«Perché te ne vai?»

«Non volevo disturbarti, ti ho visto...»

«Non pensarci nemmeno. E poi questa è casa tua, puoi andare e venire quando e dove vuoi. Lo sai vero?»

«Sì, lo so» arrossii.

«Ti va di camminare un po'? Così vedrai anche l'altra parte del giardino.»

Annuii con un sorriso.

Mi prese per mano e ci incamminammo per il sentiero che conduceva alla sorgente termale.

Mi prese per mano e ci incamminammo per il sentiero che conduceva alla sorgente termale

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«E anche questa è tua» disse stringendo le labbra.

In mano aveva una orchidea bianca.

«Oh, ma non c'era bisogno di decapitare un'orchidea per me» dissi sorridendo

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«Oh, ma non c'era bisogno di decapitare un'orchidea per me» dissi sorridendo.

«I fiori ricresceranno uguali, ma le espressioni del tuo volto... sono uniche!»

Si fermò, girandosi verso di me.

«Non ne abbiamo più parlato. Scusami ancora se sono stato brusco quando stavi per annegare, ma... ho avuto paura di perderti...»

«No, non devi scusarti, è colpa mia, sono una sciocca, dovevo capirlo da sola che era pericoloso...»

Il pensiero di quell'episodio mi fece arrossire.

Abbassai lo sguardo sull'orchidea che avevo in mano

«Cosa c'è?»

«Ero nuda» risposi continuando a fissare l'orchidea.

«Non l'ho notato.»

Lo guardai, i suoi meravigliosi occhi avevano sempre quella luce.

Forse era a causa delle parole di Sakura, ma temevo che un giorno avrei avuto bisogno di qualcos'altro. E non ero certa che lui fosse pronto.

Né se lo sarebbe mai stato.

Cosa avrei dato per un suo sorriso e per un...

Sentii un'inquietudine farsi strada dentro di me.

«Questo dovrebbe farmi stare meglio secondo te?» risposi fingendomi offesa.

Volevo sapere.

Avevo bisogno di sapere.

«Avresti preferito che mi fossi fermato a guardare le tue nudità mentre tu annegavi?» mi chiese, stringendo le labbra.

Prese l'orchidea dalla mani e la infilò tra i miei capelli.

Sfiorando delicatamente la mia guancia.

«Ricordamelo la prossima volta.» e riprese a camminare.

Io rimasi immobile.

Lo guardavo allontanarsi, con passo elegante, avvolto nel suo lungo soprabito nero stretto in vita da una fascia che teneva salda la sua spada.

Ero nel suo giardino a passeggiare e chiacchierare tranquillamente, vivevo con lui.

Non potevo ancora crederci, ma...

Lo vidi fermarsi e voltarsi.

Strinse le labbra e mi offrì la mano.

Oh, accidenti, perché non mi sorridi!

Sorrisi per entrambi e in pochi passi lo raggiunsi.

Presi la sua mano.

Lui la strinse.

Riprendemmo la nostra passeggiata.

La sensazione di inquietudine non si era placata.

Forse Sakura aveva ragione, forse col tempo sarei riuscita a...

«Sei stato tu, il giorno del mio compleanno... e anche il mantello, non erano lì per caso» dissi mentre guardavo delle orchidee bianche che pendevano dal ramo di un albero.

«Come hai fatto a capirlo?»

«Beh, hai riempito la mia stanza di orchidee bianche, le mie preferite.»

«Non sono bravo in queste cose.»

Strinse le labbra.

«Sì che lo sei...» sussurrai.

Sorrisi, sfiorandogli una guancia

«E quel giorno, al Giardino...»

«Ti ho vista andar via in lacrime, finita la lezione, ti ho cercato tra i ciliegi, e ti ho trovata. Ti eri addormentata, eri così... bella» disse abbassando il tono della voce.

«E mi hai portato a casa?.»

«Sì.»

La mia inquietudine aumentava.

❤️

Il Libro del Corvo Where stories live. Discover now