Capitolo XX - Dialoghi difficili

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Forse davvero la sua buona stella non l'aveva del tutto abbandonata, pensò Hermione quando percepì sotto le mani e le ginocchia la morbidezza inconfondibile di un tappeto pregiato; aprì gli occhi di botto ed ammirò per qualche istante gli intricati arabeschi di vari colori, alzando progressivamente lo sguardo fino a distinguere i complessi disegni geometrici tipici dell'arte persiana. Si riscosse in fretta, si levò in piedi e si diede un'occhiata veloce intorno, più tranquilla ma ovviamente sempre all'erta.
Si trovava in un magnifico salotto - studio, talmente fine e di classe che sembrava uscito da una rivista di arredamento, di quelle che ogni tanto comperava Ginny. Grande e luminosa, con una porta finestra che dava su di un piccolo balcone, la stanza aveva i muri sui toni del pesca, un parquet di noce altrettanto accogliente e quel preziosissimo tappeto a riscaldare il tutto senza appesantirlo nel complesso; oltre ad una gigantesca libreria ed una scrivania sgombra, il divano ad angolo era candido ed immacolato così come le tende, semplici e perfettamente stirate, le pareti spoglie ad eccezione di un quadro mozzafiato raffigurante un tramonto sull'oceano. Al di sotto, unico azzecatissimo azzardo era il grande camino di marmo bianco in stile rococò.
Cosa non avrebbe dato, Hermione, per possedere una casa così raffinata ed immensamente elegante! E lei, lurida e impolverata, era atterrata proprio sul tappeto!
Non si scrollò gli abiti, timorosa di sporcarlo, ma si rese conto di dover uscire dalla stanza e di dover andare a chiamare aiuto. Una casa così bella non poteva certo appartenere a gente tagliata fuori dal mondo, nè a zotici contadini. Certo non c'era sicurezza che fossero brave persone, tanto più che nessuno sarebbe stato tranquillo di vedersi comparire un estraneo in casa propria d'improvviso, ma la ragazza contava sulla sua abilità diplomatica giusto per racimolare quel minuto che occorreva per spiegare l'essenziale e per farsi prestare un telefono. Il problema sarebbe stato un po' più consistente se fosse capitata in una famiglia babbana, ma solo per il momento; appena fosse riuscita a chiamare Harry ci avrebbero pensato gli Obliviatori.
L'unico mistero che restava da svelare era perché la Passaporta l'aveva condotta proprio lì, dovunque si trovasse. C'era una storia antica di chissà quanto, lì dentro, ed Hermione non vedeva l'ora di scoprirla. Magari chissà, quello era un collegamento tra due antiche fortezze, o un passaggio segreto per due innamorati, o ancora il più veloce mezzo di spostamento tra due residenze di un antico sovrano....
Si riscosse in fretta dalle sue congetture, tentò di sistemarsi l'intricata massa di capelli nel colletto della camicia - fortunatamente non c'era uno specchio nella stanza o era sicura che si sarebbe spaventata - e si diresse verso la porta, sempre con la pietra affilata nascosta nella tasca posteriore dei pantaloni. Si sentiva più tranquilla, a non essere capitata in chissà quale luogo oscuro e dimenticato dagli dei, ma certo non ci si poteva fidare ad occhi chiusi.
In pochi passi fu alla porta e la aprì, sporgendosi con cautela al di fuori.
- C'è nessuno? - si arrischiò di chiamare, senza urlare, ma non le giunse nessuna risposta.
Uscì con attenzione nel lungo corridoio semibuio e se la richiuse alle spalle senza sbattere, dirigendosi verso quello che sembrava essere un secondo, imponente, pregiato scalone che conduceva ad un piano inferiore.
- Scusate...? - ripetè leggermente più forte. - Chiedo scusa....
Possibile che una casa così palesemente ben tenuta fosse disabitata? Aveva controllato, nella stanza precedente non c'era nemmeno un granello di polvere che lasciasse supporre uno stato di abbandono....
- Permesso? Scusate, ho bisogno di....
Quando si affacciò sullo scalone luminoso il cuore le schizzò dritto nello stomaco, un urlo di terrore le incastrò le parole in gola e dovette precipitosamente tapparsi la bocca con le mani per non farlo uscire fuori in tutto il suo fragore. Arretrò di pochi passi fino a schiacciarsi contro il muro, più scioccata che spaventata, tramortita dall'essere nell'ultimo posto in cui avrebbe mai voluto rimettere piede.
Il posto che ricordava con maggior terrore, che ancora ogni tanto la tormentava negli incubi più feroci.
Il dolore peggiore che avesse mai provato, l'umiliazione più cocente, la paura più genuinamente pura che fosse umanamente concepibile.
Facciamo amicizia, piccola Mezzosangue....
Non sai niente, vero? Adesso ti faccio cantare io!
Fermi o lei muore!

Hermione scosse la testa, tentando disperatamente di negare la realtà, cercando una chiave di lettura per comprenderla, iniziando a respirare pesantemente quando si rese conto che non poteva fare altro che accettarla.
Si trovava a Malfoy Manor.

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