Capitolo XVII - Sensi di colpa

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 La prima cosa che Hermione percepì, risvegliandosi, fu un fastidioso formicolio al braccio sinistro che le indolenziva tutto l'arto; lentamente, quindi, tolse la mano da sotto la guancia e lo distese piano, sfiorando con il palmo i delicati fiorellini azzurri che le facevano il solletico.
Accidenti, ma quanto aveva dormito?
Rimase ancora un po' così, con gli occhi chiusi e il cervello rilassato, stendendo piano le gambe e sgranchendo tutto il resto del corpo come un gatto acciambellato al sole, lentamente onde evitare crampi. Aveva dormito proprio come un sasso, per sentirsi così morbidamente sciolta, in totale pace dei sensi... nemmeno ricordava l'ultima volta che si era svegliata con quella sensazione di totale armonia con se stessa e col resto del mondo. Ma che diavolo aveva fatto per avere i muscoli così contratti e doloranti? E soprattutto come ci era finita ad addormentarsi sul pra....
Sul prato.
Merlino santissimo.
Spalancò gli occhi, terrorizzata, mentre le pupille bruciavano per l'inaspettato incontro con la luce e lo stomaco sprofondava in un punto non ben definito.
No.
Non era possibile.
Non era assolutamente possibile che fosse realmente accaduto quello che la sua memoria, per quanto ancora in rodaggio ed offuscata, le stava facendo rivedere.
Richiuse gli occhi di botto, sudando freddo, immobilizzata da un sentimento che non avrebbe saputo definire.
Sapeva cosa doveva fare, ma non ne aveva il coraggio.
Per la prima volta dopo parecchi minuti si concesse di respirare e racimolò quel briciolo di lucidità che le restava.
Lentamente, pregando tutte le divinità che le stavano venendo in mente affinchè le sue peggiori paure fossero smentite, si guardò addosso.
Grazie, Merlino. Grazie dal più profondo del cuore.
Era vestita, per fortuna, completamente vestita. Ma questo non cambiava il resto.
Strinse le labbra fino a farle scomparire e represse un grido disperato, girandosi prona e poi raccogliendo le gambe sotto il busto, come un uovo, portandosi le mani fra i capelli, mentre la voce che tentava di reprimere con sempre maggiore forza nella sua testa ormai urlava a tutto spiano.
Aveva.
No.
Baciato.
No.
Malfoy.
No no no no.....
Oh, sì, invece. L'aveva baciato eccome, e nemmeno tanto castamente.
Con lentezza, mentre una specie di singhiozzo nervoso le risaliva su per la gola, si girò verso la sua sinistra e nonostante tutto, nonostante l'angoscia la paura il pentimento e la sensazione di aver fatto qualcosa di tremendamente, tremendamente sbagliato, non riuscì a trattenere un mezzo sorriso divertito.
Malfoy, che si era rubato tutto il mantello che evidentemente avevano usato per coprirsi e ci si era arrotolato dentro come un involtino, dormiva della grossa, supino, con le braccia e le gambe spalancate stile uomo vitruviano, persino russando un po'.
Il solito furetto egoista.... pensò con una voce interiore quasi dolce e intenerita, prima di tornare in sè.
Lentamente, scrollando la testa per recuperare lucidità, si mise in ginocchio e gattonò fino a quello che le parve il suo povero cappotto, ormai fradicio, che si contraeva senza pietà sotto il getto furioso della cascata; per riscaldarsi un po' prese in prestito l'ampia giacca blu notte del ragazzo e se la infilò, abbottonandola sino all'ultimo, forse non solo per il freddo, ma piuttosto per il bisogno di coprirsi, di mettere qualcosa tra sè e il resto del mondo che l'allontanasse dall'ineluttabile verità.
Ma il suo foulard dove....
Troppo in bilico tra la risata e la disperazione, produsse uno strano verso strozzato che la fece soffocare con la sua stessa saliva quando si accorse che Malfoy lo stringeva saldo e forte nella mano destra.
Gli gattonò vicino e tentò di strapparglielo, ma il movimento fu percepito dal ragazzo che, infastidito, si girò sul fianco destro e raccolse le mani sul petto, avviluppando il suo indumento tra le dita.
Ah, maledetto!
Rassegnata a non riaverlo, almeno per il momento, si sedette a gambe incrociate contro il muro e tentò di respirare profondamente per riprendere il controllo e fare mente locale della situazione. Era stata tentata di sciacquarsi il viso, ma sarebbe crepata di sete piuttosto che bere di nuovo quella cosa maledetta che le aveva fatto perdere il controllo.
Maledizione, maledizione, maledizione!
Aveva baciato l'ultimissima persona con cui avrebbe dovuto farlo. Dannazione, persino un Vermicolo sarebbe stata un'opzione più accettabile.
Hermione sbuffò forte e poggiò la testa al muro, chiudendo gli occhi e provando a darsi una calmata, mentre nella sua testa il lato fisico e quello della coscienza avevano sguainato le spade e se le davano di santa ragione.
Era stato bello, certo. Beh, "bello" non rendeva giustizia. La... Il.... nel senso.... oh, non era abituata a pensare in quei termini. Ginny avrebbe saputo trovare le parole per farla scandalizzare e ridere ed arrossire allo stesso tempo, ma lei... beh, non è che avesse molte esperienze passate per poter fare dei confronti obiettivi. Sapeva solo due cose, per niente rassicuranti: la prima, vuoi per l'effetto dell'acqua o perchè, insomma, lui ci sapeva fare, era stata bene, benissimo. Non era successo niente di che, solo molti baci e qualche carezza attraverso i vestiti, ma doveva ammettere che non si era mai sentita a disagio; la seconda, la più pericolosa, che lei era stata sempre perfettamente cosciente. Magari su di giri, elettrizzata, disinibita ed entusiasta, ma non annebbiata o confusa. Dall'inizio alla fine si era resa conto che lo stava baciando e stringendo, dall'inizio alla fine aveva partecipato e contribuito del tutto volontariamente; con sgomento e fastidio realizzò che quella cavolo di pozione, o qualsiasi cosa fosse, le aveva spento i freni inibitori e sradicato i paletti della negazione razionale, ma non l'aveva trascinata in una dimensione di non lucidità.
L'acqua aveva richiamato in superficie un desiderio che lei, nel corso degli anni, si era impegnata strenuamente per sotterrare in una dimensione inconscia. Tutto qui.
Il che era infinitamente più grave. Se fosse stato una specie di afrodisiaco avrebbe potuto dargli la colpa, e fine della storia. Ma non era da lei affibbiare le responsabilità delle sue azioni a soggetti terzi. Certo, magari l'aveva mandata un po' fuori di testa, spegnendole il rancore e l'acredine e creando l'atmosfera perfetta, ma non l'aveva drogata.
Ed era qui che nascevano i problemi.
Tralasciando poi tutta la questione tra loro - come se si fosse potuta tralasciare.... - c'erano anche altre persone coinvolte che avevano.... avevano....
Merlino, non ci poteva pensare. Si sentiva schifosa e sporca solo a sillabarla, quella parola.
Avevano tradito.
Lei di sicuro. Lui forse no, le era parso di capire che con Astoria era finita, non ne era certa. Ma lei di sicuro sì.
Oh, Patrick!
Gentile, dolce, affettuoso, disponibile, elegante, premuroso Patrick. A cui lei qualche sera prima aveva detto di no, appellandosi ai suoi integerrimi principi morali nonostante lo desiderasse da morire.
Oh, e quello che aveva fatto invece era molto integerrimo. Proprio un colpo da maestro di coerenza, non c'era che dire.
Indipendentemente da come fosse andata - meravigliosamente - era un errore grosso come tutta l'Europa o giù di lì.
Malfoy, proprio quel dannato Draco Malfoy che nel frattempo si era girato di nuovo supino e aveva iniziato a sorridere nel sonno, era la fonte di sbagli della sua vita.

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