Capitolo VIII - Il piano di Ron

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Hermione si lasciò cadere sulla poltrona, stremata, ridotta veramente al minimo delle forze.
Perché quello stramaledetto furetto doveva sempre piombare a tradimento nella sua vita e distruggere tutto ciò che di bello era faticosamente riuscita a costruire?
Perché ci metteva così tanto impegno a farla arrabbiare, ad umiliarla, a rompere lei e ciò che era intorno a lei? Che gusto perverso ci provava?
Non le aveva già nuociuto abbastanza? C'era ancora un limite raggiungibile che voleva a tutti i costi toccare?
Oh, poteva capire la cattiveria degli adolescenti, quella era quasi il pedaggio obbligatorio da pagare per attraversare il fiume di quel periodo della vita. In un certo senso era stata costretta a rassegnarsi, prendendolo con filosofia, come un qualcosa di ormai accaduto e non più rimangiabile.
Ma questo? Cosa accidenti voleva ancora, di nuovo, da lei? Se le serviva il suo servizio professionale, bene, Hermione gliel'avrebbe elargito senza il minimo problema. Se sin dal primo incontro fosse stato... magari non educato - la ragazza dubitava seriamente che potesse esserlo nei confronti di una istituzione - ma quantomeno neutrale, avrebbero potuto lavorare insieme senza fiatare. Entrambi avrebbero raggiunto il proprio scopo e fine della storia.
Perché quel senso di possesso, quelle parole crudeli contro Patrick? Che diritto aveva di essere infastidito?
E soprattutto, perchè quel fiore non si aggiustava?
Sin da quando aveva undici anni il Reparo aveva sempre funzionato. Sempre, con qualsiasi cosa.
Era solo un oggetto di cristallo.
Perché le briciole non si ricomponevano perfettamente come al solito?
Avrebbe dovuto chiederlo a Patrick, ma le sarebbe spiaciuto se lui avesse pensato che non aveva avuto cura del suo regalo.
E se magari avesse preteso di vederlo, o le avesse chiesto dov'era?
Hermione si chinò e guardò tristemente l'ammasso di cristalli luccicanti.
- Che peccato.... - mormorò, raccogliendo un petalo ancora intatto. - Reparo - riprovò.
Niente.
Perchè?

***

- Che fa Hermione stasera?
- Esce con Patrick, penso.... – rispose Harry, evasivo, tentando di non dare a Ron un appiglio per iniziare il discorso. Fallendo miseramente, dato il teatrale respiro che l'amico esalò e che aveva il preciso scopo di intavolare l'ennesima sequela di insulti.
- Te l'ho già detto che quello lì...
- ...non ti piace, sì, Ron, l'ho capito. Ma non è importante, non deve piacere a te.
- Senti, non è questione di Hermione, ok? Non mi piace a priori. È... falso, finto, lezioso, non ha mai un'espressione sincera in viso. È tutto costruito.
- Oh, e allora nemmeno gli altri c'entravano con Hermione? – chiese Harry, retorico.
- Gli altri chi, scusa? – biascicò l'amico, fissandosi i piedi e iniziando a imporporarsi.
- Kenneth Definer, per fare un nome. Una mattina chiede a Hermione di vedersi a pranzo e, magicamente, il giorno dopo gli viene dato il trasferimento!
- L'aveva chiesto lui! – si difese Ron, rosa confetto.
- E Serdin? Serdin del Comitato Scuse ai Babbani? Anche lui, distretto di Dublino dopo che le aveva raccolto un faldone!
- C'era.... Scarseggiava il personale... - balbettò Ron rosso fuoco.
- Michael Polkers? Che mi dici di lui?
- Ehi – alzò gli occhi l'altro, ormai color melanzana – quello lì era gay. Solo che ancora non se n'era reso conto. Per favore, non dirmi che non hai notato la sua camicia rosa shocking con i fiori hawaiani! Le faceva la corte, sì, ma solo come copertura. L'avrebbe fatta soffrire quando finalmente avrebbe capito la sua inclinazione sessuale!
Harry dovette mordersi a sangue le labbra per non scoppiare a ridere.
- Per non parlare del povero McLaggen.... – continuò, sentendosi col coltello dalla parte del manico. - L'hai spedito in Cambogia!
- Voleva l'avventura, giusto? L'ho accontentato, lo stronzetto – sogghignò Ron, con lo sguardo sognante del vincitore.
- Ron, siamo sinceri. Hai fatto piazza pulita di tutti i possibili pretendenti di Hermione. Ora non sai come fare perché questo non è alle tue dipendenze.
- Senti, quello che hai detto è vero, ok? Non lo nego. Ma stavolta parlo sul serio. Mi sono informato un po', ad Edimburgo. Nessuno sa niente di lui. Mi hanno detto solo che è originario dell'est Europa e che lavora lì da un semestre circa, che è molto riservato e che non sanno niente sulla sua vita privata.
- Solo perchè una persona è riservata non significa che sia un criminale. O magari non hanno detto niente a te perché non sono informazioni di tua competenza.
- Quel tizio non mi piace e non piace neanche a te. Sai che non ho torto.
Harry scosse il capo, teso, e piantò le mani bene aperte sulla scrivania. Era sinceramente convinto che quelli di Ron fossero solo capricci del fidanzato respinto, aveva recitato la stessa pantomima altre volte ed Harry l'aveva accontentato solo perché, tutto sommato, non era gente che ne valesse la pena. Ma Patrick era perfetto con Hermione, dolce, premuroso, attento, romantico, come nemmeno lui era stato con Ginny. Inoltre era arguto, intraprendente, intelligente ed aveva un posto di grande rilievo. Stavolta poteva essere l'uomo giusto per la sua migliore amica, quello che l'avrebbe resa felice. Sembrava così perdutamente preso da lei... che diritto aveva di sottrarle quella felicità? Già non avrebbe dovuto farlo prima, accontentando gli sproloqui del cognato, ma stavolta gli sembrava davvero un'esagerazione.
Tuttavia aveva un istinto abbastanza allenato da percepire le persone e, per quanto facesse finta di niente, non poteva negare che qualche strana impressione l'aveva avuta anche lui. Quelle strette possessive al fianco della ragazza, forse un po' troppo indelicate.... Quand'era andato a prenderla, quella mattina, aveva avuto un atteggiamento... strano. Non avrebbe saputo come altrimenti definirlo. Quella sua pacatezza innaturale, quel sorriso sempre stampato in volto, quella imperturbabilità innaturale... evasivo, distante, impenetrabile...
Magari era solo una persona controllata, razionale, padrona di se stessa e del mondo. Proprio di quelle che piacevano a Hermione.
O magari no.
Solo una cosa, Harry sapeva con certezza: Ron si sbagliava davvero di rado, nel giudicare le persone.
- Cosa pretendi che faccia? – sospirò sfiancato, passandosi le dita al di sotto degli occhiali per raggiungere le orbite.
Il viso di Ron si illuminò, non di soddisfazione maschile ma di sollievo.
- Beh, questo lo sai tu. Sei tu il capo. Potresti magari... ecco... indagare....
- No! – lo bloccò, teso. – Non chiedermelo. È un ospite, Ron! Un collaboratore! Non posso sguinzagliargli dietro un paio di segugi! Hai idea del macello che scoppierebbe se si venisse a sapere che ho fatto spiare un inviato di un altro distretto?
- Non è necessario che si sappia...
- Non è stupido, Ron, se ne accorgerebbe. Ed in ogni caso sarei costretto ad assegnare due Indicibili, come la prenderebbero, secondo te? Sarebbe la conferma ufficiale che le mie crisi di paranoia hanno preso il sopravvento! Questo non puoi chiedermelo, Ron. Non posso mandare il Ministero allo sfacelo per un tuo capriccio.
L'espressione di Ron si indispettì leggermente, ma parve di capire il punto di vista di Harry che, distrutto, incrociò le braccia sulla scrivania e vi si tuffò dentro.
Rimasero in silenzio per un paio di minuti.
- Beh... ecco.... Io un'idea che l'avrei.
Harry alzò il capo e lo osservò, scettico.
- Sapevo già che mi avresti risposto così... perciò... pensavo.... Magari potremmo.... Ecco.... Sai....
- Cosa, Ron, cosa?
Il rosso farfugliò qualcosa, osservando con la massima attenzione l'alluce del suo piede destro.
- Cosa?
- Scccrrrrvrum.
- Non ho capito!
- Scrivere.... scrivere a Krum.
Harry rimase interdetto per qualche secondo, dopodiché scoppiò a ridere come un folle.
- Cosa?
- Smettila, ok? Ti giuro che dispiace più a te che a me. Ma non abbiamo altra scelta e...
- Altra scelta? Ron! A parte il fatto che non ci vediamo né sentiamo da secoli, e poi Krum è bulgaro!
- E quindi?
- Come "e quindi"! Hai detto est Europa! È come chiedere a un francese se conosce un norvegese!
- Tu hai un'idea migliore? Scusa, che abbiamo da perdere? Male che vada non ci risponderà!
- La dignità, ecco che abbiamo da perdere! Cosa dovremmo scrivergli, ciao Viktor, volevamo sapere se conosci un certo Patrick Korset? E se sì che tipo è? Ma dai!
- Va bene, parlare con te è inutile, il genio qui sei tu! Me la caverò da solo! – sbraitò Ron, palesemente umiliato, e gli girò le spalle facendo per uscire dall'ufficio.
- Ron... Ron, aspetta....
Harry gli volò accanto e lo afferrò per un braccio.
- Senti... senti, mi dispiace, ok? Non volevo prenderti in giro. So che sei un bravo Auror e so che hai ragione, nessuno capisce le persone meglio di te. Ma...
- No, ascoltami tu. A me quel tizio non piace. Io... io sono stato egoista in questi anni – continuò, avvampando nuovamente – ma... ma voglio davvero che Hermione sia felice, anche senza di me. Ma voglio che lo sia con una persona giusta, e quello lì giusto non mi sembra neanche un po'. Mi aiuterai? Rispondimi adesso, perché altrimenti me la sbrigo da solo.
Harry sospirò profondamente e assestò a Ron una pacca poderosa tra le spalle.
- Certo che ti aiuto, amico. Anch'io ho a cuore lo stesso problema. Continua a sembrarmi un'idea assurda, ma hai ragione, che abbiamo da perdere? Male che vada non ci risponderà, o penserà che abbiamo perso qualche rotella.
- Allora, la scriviamo adesso? – riprese Ron, illuminandosi.
- Adesso? – esalò il moro, stanco morto e disperato.
- Dai, togliamoci il dente! Scrivi, su...
- No no, hai capito male. La lettera non la mando a nome del Ministero e certamente non a nome mio! Tua l'idea, tuo il mittente – protestò Harry con vigore, spingendolo sulla poltrona e avvicinandogli penna e calamaio.
- Ma...
- Niente ma! Forza, allora: caro Viktor....

- Caro Viktor un paio di palle, non mi è caro proprio per niente!
- Egregio signor Krum...
- E che sono, il suo avvocato?
- Mi hai già stufato Ron!
Dopo mezz'ora di litigi e sette fogli appallottolati, il risultato finale non piaceva a nessuno dei due, ma si poteva considerare un quasi onorevole compromesso.

Ciao Viktor, sono Ron Weasley, ci siamo conosciuti a Hogwarts.
Ti scrivo in qualità di Auror, per avere qualche notizia in merito ad un certo Patrick Korset. È delle tue parti, ma non sappiamo nient'altro. Non possiamo indagare senza sollevare un polverone, perciò speravo che tu conoscessi la famiglia o qualcosa di lui, o semplicemente delle voci, anche se mi rendo conto che è una richiesta un po' azzardata.
Confido ovviamente nella tua discrezione.
Sperando di trovarti in salute, ti salutiamo cordialmente, io ed Harry Potter.

Ron Weasley

- Secondo me dovresti scrivere che sei l'amico di Hermione – suggerì Harry, dopo averla riletta per l'ottava volta – e "in salute, ti salutiamo" suona male.
- È già tanto che non gli metto un'Acromantula nella busta!
- D'accordo, d'accordo. Lo mandiamo con Trudi, così è certo che arriva.
La civetta di Harry tese la zampa e poi spiccò il volo nella notte.
- Entro quanto avremo una risposta?
- Cinque giorni, forse una settimana.
Ron strinse forte il gomito di Harry e gli sorrise.
- Grazie.
Harry ricambiò la stretta.
- Di niente.

***



Hermione non aveva voglia di chiamare Patrick, anche se aveva la serata libera. Era una persona che, ogni tanto, sentiva il bisogno fisico di rimanere sola, e decisamente quei giorni erano stati così pieni di emozioni, sconvolgimenti e novità che necessitava di un momento per rimettere tutto al suo posto.
Fu estremamente irritata, quindi, quando trovò l'uomo ad aspettarla proprio vicino ai camini.
Tentò di ritornare sui suoi passi, ma lui ormai l'aveva scorta.
- Buonasera - cominciò, timido come un ragazzino alle prime armi.
- Ciao - salutò Hermione, tranquillizzata dal fatto che non stesse imponendo la sua presenza.
- Sono passato solo per salutarti... se non hai voglia di stare con me lo capisco - concluse, il viso mogio e gli occhi da cucciolo ferito.
In un'altra occasione Hermione avrebbe lasciato che il suo buono ed altruista spirito Grifondoro si lasciasse commuovere, ma non quella.
Era ancora un po' spaesata sia dalla sua reazione che da quel maledetto fiore che non si aggiustava, e voleva compiere qualche ricerca ulteriore.
- Perdonami, Patrick, ma sono stanchissima. Non dormo bene da almeno una settimana e ho proprio bisogno di....
- Buonasera! - trillò allegra una voce dietro di lei, facendola sobbalzare.
Quando si girò, per poco non le cadde la mascella.
Ron?
-
Buonasera, signor Weasley - salutò Patrick, cordiale e amichevole.
- Bene bene... che fate di bello? - domandò, tentando disperatamente di sembrare autentico. Dietro di lui, Harry stava cercando di scavarsi un buco nel pavimento con la forza del pensiero.
- Beh, ecco, ero venuto per invitare Hermione a cena, ma...
- A cena! - squittì il rosso, fintamente entusiasta. - Io ho una fame da lupi, e tu, Harry? Harry?
-
Chi, io? - mormorò Potter, bordeaux. - Beh, veramente....
- Bene! Che ne dite se andiamo a mangiare un boccone tutti insieme? - propose, allegro come una pasqua.
- Ron, stai.... - cominciò Hermione, sconvolta.
- Su su, Patrick, vecchio mio - aggiunse senza badarle, tirandogli una pacca poderosa sulle spalle - non fare il tirchio scozzese e offrici la cena!
Le iridi di Patrick si velarono di divertimento, tuttavia la sua voce si mantenne tranquilla come sempre.
- Sarà un immenso piacere.
- Bene bene, andiamo! Harry, manda un patronus a Ginny, dille di lasciare il bambino a mia madre e di unirsi a noi, ti va?
- Eh... ecco.... certo....
La compagnia si diresse verso l'uscita.


Ron era assolutamente determinato a vincere.
Vedrai se non ti faccio perdere le staffe, bella statuina. Così ci mostri davvero chi sei.

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