Un lieve accesso di tosse mi costringe a fermarmi, poi con un sorso di Sprite rinfresco la bocca e la gola e nello stesso tempo noto le facce ancora assorte dei ragazzi seduti di fronte a me; il chitarrista, rimasto finora immobile, incrocia il mio sguardo quando chino il capo e in risposta le sue labbra assumono una piega un poco strana, una sorta di sorriso quasi mesto.

«Tornando a noi, questo è un quadro sintetico della mia situazione familiare e intima in generale, a voler raccontare qualche aneddoto memorabile o soltanto dei ricordi ci vorrebbe troppo tempo e dunque riserverò questi argomenti per future conversazioni scaccia-noia. Ora tratterò un argomento sul quale potremmo trovarci d'accordo senza alcun indugio in quanto a pareri e disagi: la scuola.» Faccio una pausa per enfatizzare l'inizio di quest'altro racconto e sorrido appena fra me e me al vedere che la reazione fatta di occhi alzati al cielo e mugugni è assolutamente comune. «Ovviamente ho frequentato nella stessa città in cui vivevo, erano scuole con fama di prestigio, certo, ma solo sulla carta a parer mio. Tutti gli anni scolastici sono stati alquanto solitari, a parte Georgia pensavo di avere qualche altro amico, ma i rapporti che al tempo definivo ingenuamente come amicizie erano soltanto rapporti opportunistici: c'è da dire che ero una studentessa piuttosto diligente, fino ad un certo punto studiare è stato qualcosa che mi piaceva molto, ovviamente c'erano materie in cui andavo meglio che in altre e non mi dispiaceva dare una mano a chi era eventualmente in difficoltà, peccato che questo mio istinto caritatevole mi ha spesso spinto nella rete degli opportunisti... ero così fessa, al tempo. Mi piacevano molto le materie letterarie ed ero discreta in quelle scientifiche, ma ho sempre avuto una predisposizione naturale per l'informatica, era interessante e mi riusciva piuttosto facile, e nelle poche volte in cui ero da sola a casa, magari anche in punizione, ho approfittato del computer dei miei per mettere in pratica ciò che studiavo e anche per sperimentare, tendenzialmente rimanendo sul sicuro per non causare guai o danni. Dunque ho preso il mio bel diploma con una buonissima valutazione, conclusione apparentemente felice di circa dodici anni di sforzi, dei quali gli ultimi quattro sono stati infernali... come detto prima, la mia amica Georgia si trasferì quando avevamo entrambe tredici anni, prima dell'inizio della scuola superiore vera e propria, e da allora non ho più avuto qualcuno che potesse in qualche modo alleviare la mancanza che sentivo, né ho avuto più pace, perché per almeno un paio di anni sono stata vittima di regolari atti di bullismo a scuola fino a quando non ho avuto la fortuna di trovare qualcuno che fosse misericordioso abbastanza da difendermi e farmi giustizia, un insegnante, mr. Harper, che morì proprio durante l'ultimo anno di liceo. È stato durante la mia prima adolescenza che, a dispetto dell'opposizione dei miei genitori, ho iniziato a seguire le orme del mio adorato defunto zio ascoltando la musica che lui amava e che a me piaceva, smettendo gli abiti rigorosamente classici e di colori chiari che mia madre e i miei parenti mi regalavano spesso per abiti neri, jeans e anfibi, talvolta indossavo le borchie e le catene che tenevo rigorosamente nascoste in un luogo che sapevo solo io per evitare che i miei le buttassero via, ma non rinunciavo mai al kajal nero e ai guanti senza dita, erano quasi una sorta di segno distintivo... purtroppo anche il codice di abbigliamento della scuola mi poneva grossi limiti e non volevo avere più guai di quelli che già affrontavo giorno per giorno. Al tempo già lavoravo saltuariamente, specialmente durante l'estate, quindi potevo permettermi di comprarmi vestiti, libri, CD e altro, approfittando perlopiù degli sconti; ma quando fu finalmente palese che le persone che mi avevano messa al mondo erano così accecate dal bigottismo e dai pregiudizi da essere giunte ad odiarmi, mi imposi di mettere da parte ogni singolo spicciolo per potermi guadagnare finalmente la libertà da quella casa e da quella vita, che erano ormai diventate delle prigioni e delle torture. È stato duro abituarsi all'idea di non essere amata dai miei genitori, più del fronteggiare i bulli o la silenziosa ostilità della maggior parte dei miei compagni di scuola o concittadini... quando questa consapevolezza si è palesata mi è parso per un momento di sprofondare dritta in un abisso irto di spine, ma mi sono fatta forza pensando che presto mi sarei liberata di loro e sarei andata per la mia strada. Ma, come se tutto questo non fosse bastato, c'è anche il capitolo sentimentale... un altro bel disastro, direi.»

How I feel when I'm around you (System Of A Down)(IT)Where stories live. Discover now