-Daron-
Sono le quattro del mattino. I ragazzi hanno chiesto di poter dormire qualche ora e, a dirla tutta, anche io avevo bisogno di qualche ora di stacco e riposo, ma ora mi rendo conto che è inutile che io stia qui, nel mio letto, ad attendere Morfeo che non arriva e, anzi, mi fa "ciao ciao" con la manina da lontano. Non capisco perché sono così inquieto, eppure avrei bisogno davvero di riposare...
All'improvviso, nel silenzio totale della casa, sento alcuni strani suoni che denotano affanno e paura.
No, non è uno dei ragazzi che sta avendo incubi... è Nikki.
Chissà, magari fra poco si calma e torna a dormire senza problemi... mi siedo a gambe incrociate sul letto, in attesa, nel buio.
Giungono dei lamenti che denotano ancora paura e poi dolore, solo tanto dolore. No, la ragazza sta avendo un incubo serio, forse è meglio se vado a dare un'occhiata e vedere cosa posso fare.
Scatto in piedi, incurante di essere senza maglietta e scalzo, e raggiungo subito la camera della ragazza, che è molto vicina; apro la porta e la richiudo subito senza rumore e mi avvicino al letto, cercando di distinguere qualcosa nel buio quasi totale che è smorzato solo dalle forti luci esterne.
Fra le coperte e le lenzuola sfatte e disordinate Nikki si rigira convulsamente, sudata, con gli occhi strizzati; la sua espressione è di dolore, un dolore fisico che pare non riuscire a sopportare. Sembra che il peggio sia passato, ma mi sbaglio: proprio in quel momento i gemiti iniziano a trasformarsi in urla, e sono urla orrende. Devo svegliarla, assolutamente...
«Nikki, svegliati!» salgo sul letto accanto a lei e la scuoto vigorosamente, tenendola per le spalle, e anche se non da segni di risveglio continuo, testardo.
Qualunque sia l'incubo che sta avendo, voglio che cessi, non posso sopportare di vedere la ragazza stare così male e non riesco a reggere le sue grida, sono tali che mi sembra di iniziare a percepire il suo stesso dolore nel mio corpo...
-Nikki-
Corro, corro, corro.
I polmoni minacciano di scoppiare, la milza e le gambe chiedono pietà, ma non posso fermarmi, no, assolutamente no, ne andrebbe della mia vita e prima ancora della mia sanità mentale.
La strada asfaltata sulla quale corro sembra infinita, sempre uguale, non un segno nel paesaggio che mi aiuti a capire dove mi trovo.
Ogni tanto mi volto a guardare indietro per vedere se ho seminato oppure no il mio inseguitore, ma ogni volta constato con orrore che no, è ancora lì a pochi metri da me; pare non accusare la fatica della corsa e nei suoi occhi c'è una luce sadica, quasi omicida.
Il mio inseguitore è Jake, il mio ex, il mio abusante. La persona che mi ha provocato il trauma a causa del quale per anni mi sono odiata e fatta del male.
«Torna indietro, puttanella, non ho ancora finito con te!» mi urla, in tono metà furioso metà beffardo.
«Te lo scordi, stronzo!» grido in risposta, con il poco fiato che ho a disposizione per fare qualcosa che non sia scappare.
All'improvviso l'asfalto si crepa; dei grossi rovi si attorcigliano attorno ad una mia caviglia inesorabilmente e cado, sbattendo violentemente contro il suolo. Mi dibatto, urlando per il dolore delle spine che mi penetrano nella carne.
«Hai fatto male a non ascoltarmi, stupida.»
Jake torreggia su di me, minaccioso; ha in mano un coltellino a serramanico dall'aria sinistra. Non promette nulla di buono...
BINABASA MO ANG
How I feel when I'm around you (System Of A Down)(IT)
FanfictionNei primi anni del ventunesimo secolo le strade di una famosa band e di una ragazza solitaria in fuga dal passato si incrociano casualmente; nasce un legame e un combattuto sentimento.
