Capitolo 82 : La mia costante

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L'acqua gelida scivolava sul mio volto, accompagnata dal suono pieno che derivava dalla porta. Un tonfo dietro l'altro, la distanza d'attesa diminuiva vorticosamente fra questi col passare dei minuti. Serrai le labbra, fissando l'ombra proiettata sul pavimento. Non volevo rispondere. Chiunque fosse, non mi importava. Speravo che capisse, che quella figura nera sparisse dalla mia vista. Invece, la mano si scagliò nuovamente sul legno, seppur con forza limitata.

-Kendra, so che sei lì dentro.

Di male in peggio.
Daryl Dixon non se ne sarebbe mai andato. Uno qualunque avrebbe presto perso la pazienza, lasciandomi stare e ignorandomi fino al giorno dopo. Ma Daryl, nossignore, lui non avrebbe affatto mollato finché non avrebbe ottenuto ciò che aveva in mente. E, per quanto potesse essere nel giusto o meno, io non volevo udire una singola parola uscire dalla sua bocca. Amen se era venuto per scusarsi. Amen se avrebbe dato la colpa al liquore. Del vero nelle sue frasi c'era stato senz'altro, inutile negarlo. Oltretutto, adesso non mi trovavo nello stato ideale per affrontarlo, per guardarlo negli occhi senza sentirmi una merda totale. La tequila aveva fatto il suo effetto, visto che il cervello continuava a darmi dell'insensibile troia.

-Vattene.

Fu un sibilo deciso il mio, ma ovviamente non lo scalfì di un millimetro.

-Non mi muovo da qua.

Sospirai, abbassando la testa.
Non che avessi sperato di convincerlo, ma probabilmente avevo erroneamente creduto nel suo buon senso. Perché diavolo Rick non gli aveva impedito di raggiungermi? Come aveva potuto lasciarlo andare, credere che volessi parlarci dopo quello che era appena successo.

-Conto fino a tre. - informò, abbassando la maniglia - E poi entro.

Era già tanto che non fosse entrato alla prima, senza neanche chiedere il permesso. Un briciolo di educazione ogni tanto sembrava far capolino nella sua testa.
Al tre, la porta si spalancò lentamente, come se Daryl avesse temuto di trovarmi in qualche situazione scomoda. Non mi voltai a guardarlo, non ne avevo il coraggio. Percepivo comunque il suo sguardo insinuarsi in me, come fosse sale gettato su una ferita. Egli rimase immobile per qualche secondo sulla soglia, osservando la scena pietosa che aveva di fronte. Una donna in lacrime, con una bottiglia quasi vuota di tequila fra le mani, sotto il getto ghiacciato della doccia. Insomma, una meraviglia.

-Cristo, che diavolo sta succedendo adesso? - borbottò, arrancando verso la vasca.

A giudicare dai suoi movimenti, sembrava essere tornato abbastanza lucido mentalmente, ma l'alcool era ancora presente nel corpo in grandi quantità. Quindi, ad essere sincera, temevo in una seconda sfuriata da parte sua.
Non appena però le sue mani si posarono sulla manopola, intente a bloccare l'afflusso d'acqua, vi posai le mie, cercando di scacciarlo.

-Così ti prendi un malanno, non fare la cretina.

Avrei voluto controbattere, avere la forza di affrontarlo a pieno petto. Magari sarebbe bastato confessargli ciò che era avvenuto nella stanza affianco in cucina per vederlo sparire, ma ero una vigliacca.

-Mi serve. - farfugliai.

E mi serviva per davvero. Non solo per pulirmi metaforicamente di quel gesto, quanto per punirmi.

-Vuoi dirmi che hai?

Non risposi, perché qualcosa aveva già capito. Non credeva che la mia situazione attuale fosse dovuta unicamente alla sua scenata folle. Aveva intuito che qualcos'altro mi stava divorando. O forse, notando l'alcolico, stava ipotizzando qualche effetto negativo. Speravo più in quest'ultima opzione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 04, 2017 ⏰

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