Capitolo 46 : Cicatrici

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Il sugo gorgogliava a causa delle alte fiamme che lo riscaldavano. La pasta era praticamente quasi pronta per essere scolata. Ed io me ne stavo lì immobile a fissare padella e pentola, quasi queste dovessero dirmi qualcosa. Ancora non mi capacitavo del casino in cui mi ero messa. Philip era di sopra, nella casa che avrei dovuto condividere. Era il mio salvatore, ma era stato anche il mio carnefice. Perché avevo preferito lui al gruppo? Perché, come mi aveva detto Michonne, non mi ero opposta alle parole di Rick? Perché diavolo stavo facendo l'impassibile? Ci avevo messo giorni, mesi per guadagnarmi la loro fiducia e adesso avevo sgretolato ogni cosa. Iniziai ad apparecchiare la tavola, ponendo posate e bicchieri. Presi i piatti dal ripiano e Phil entrò in cucina. Non appena lo vidi, le mie dita lasciarono la presa, facendo crollare a terra le stoviglie. Queste si fracassarono al suolo, spargendo per qualche metro i propri frammenti di coccio. Senza la barba, senza quei capelli lunghi e sporchi, Philip era tornato ad essere l'uomo del passato. Fu come essere attraversati da un fantasma, percepire la gola chiudersi e i polmoni stramazzare. Phil abbassò lo sguardo, avendo compreso, e si accucciò per raccogliere i pezzi.

-Scusami. – balbettai, abbassandomi.

Afferravo i cocci più grossi, gettandoli sul palmo sinistro. Dopo avrei spazzato quelli più piccoli e taglienti.

-No, tranquilla. – sibilò rauco – Questa situazione mette a disagio anche me.

Non riuscivo a posare lo sguardo sul suo volto, limitandomi a fissare le lucide mattonelle del pavimento.

-Forse, non avrei dovuto ripulirmi. – pensò – Se ha avuto questo effetto su di te, immagino sugli altri sarà triplicato.

Effettivamente, era probabile che le persone dubbiose, come Glenn, se avessero dovuto scontrarsi per strada con Phil bello sistemato, avrebbero cambiato idea seduta stante senza troppi ripensamenti. Il timer risuonò, facendomi sobbalzare. Philip mi fece cenno di non preoccuparmi per i piatti distrutti, poiché ci avrebbe pensato lui, perciò mi dedicai alla pasta, scolandola. La feci saltare nel sugo, spadellando un poco affinché si impregnasse di quegli aromi. Nel mentre che spazzava, riempii una nuova coppia di stoviglie del cibo appena sfornato. L'odore si innalzò in cucina, facendoci brontolare lo stomaco. Sorrise.

-Pasta alla puttanesca. – disse, con un velo di malinconia – La mia preferita.

Servii il pranzo e ci sedemmo a gustarlo. Cercavo di non schiodare gli occhi dal piatto, ma percepivo il suo sguardo su di me. Insomma, era passato quasi un secolo dall'ultima volta che avevamo vissuto questa scena. Mancava solo Milton. Quel minuto e timido scienziato era sempre fra i piedi.

-Perché mi stai aiutando? – distrusse il silenzio.

Ingoiai prima il boccone, masticandolo più del necessario.

-Se devo essere sincera Phil, non lo so nemmeno io.

-Vorresti uccidermi?

Lo fissai allora nell'unico occhio rimasto.

-Lo prendo per un sì. – sentenziò, tornando alla pasta.

Buttai giù qualche altro boccone.

-Perché eri disarmato? – iniziai l'interrogatorio.

Bevve del succo.

-Sono stato derubato. – disse, con tono sconfitto.

Giocherellai con la forchetta, spostando i fusilli nel piatto.

-Da chi?

Spazzolò in fretta il pranzo. Doveva essere digiuno da giorni a giudicare dall'appetito.

Una nuova vita || The Walking DeadWhere stories live. Discover now