29.

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Non sapevo cosa fosse più preoccupante: lo sguardo assassino di Stefano, rivolto a Giuseppe, o il fatto che fosse ubriaco da far paura.
Inoltre, aveva appena visto me e Giuseppe in una specie di bacio, in cui però il ragazzo aveva solo appoggiato le labbra sulle mie, anche tentando di spalancare, ma non riuscendoci.
Avevo come la sensazione di aver fatto qualcosa di proibito, ma non era accaduto proprio questo: non avevo scelto di mostrare quella scena al moro, non avevo scelto di "baciare" Giuseppe.
Era stata una pessima idea, quella di accettare l'invito di quel ragazzo nella propria abitazione.
Avevo la persona che amavo davanti, infuriato, con gli occhi rossi come il sangue ed i pugni chiusi, ma non sembrava lui: era come se avesse una seconda personalità, una persona che nessuno conosceva. Volevo gridargli contro per aver bevuto, anche se ci fosse stato un valido motivo per aver fatto quel gesto.
Il suo sguardo si concentrava su di me, per poi passare su Giuseppe per qualche secondo, ritornando poi a me. Non riuscivo a decifrare il suo pensiero, era come se fosse diventato un mistero per me.
Sentivo il mio cuore accelerare ogni volta che le sue iridi verdi si scontravano con le mie marroni, anche se erano irriconoscibili.

Non ricordavo da quanto tempo eravamo così: Giuseppe, dietro di me, che non sapeva cosa fare, come sperduto e stupito di quello che era successo; Stefano, che continuava a spostare lo sguardo su entrambi; ed io, che non facevo altro che osservare la persona che amavo, senza badare alla presenza dell'altra persona.
Era la prima volta che Giuseppe mi sembrava così impreparato: con le questioni d'amore non ci sapeva proprio fare.
Sembrava che avessi paura di avvicinarmi a lui e, in effetti, era così: era ubriaco e non sapevo come reagire. Era la prima volta che lo vedevo così e non l'avrei mai voluto vedere in quello stato.
Ma tutto quel silenzio non faceva altro che peggiorare la situazione.
Qualcosa era scattato in me: non mi interessava più la presenza di Giuseppe, la serata rovinata, il fatto che io e Stefano ci fossimo lasciati: tutto mi era completamente passato per la testa.
Feci un passo verso di lui, attirando l'attenzione di entrambi i ragazzi, ma sapevo bene quale mi interessava. Non separavo più i miei occhi dai suoi, erano la mia solita calamita ingannatrice.
Nonostante mi fossi avvicinata, lui continuava a restare immobile.
Da quello che percepivo, quel bacio si presentava nei suoi pensieri e, fortunatamente, lui era riuscito ad interromperlo prima che Giuseppe facesse qualcos'altro.
Finalmente, fece un gesto: scosse il capo, lentamente.
Poco dopo, arrivai al significato: non avrebbe mai dimenticato quello che era accaduto.

'Stefano..' sussurrai, avvicinandomi un po' di più a lui, facendomi sentire. 'Sai che non era una cosa voluta, io..' ma il suo sguardo furibondo passò su Giuseppe, interrompendo la mia frase.
'Come ti sei permesso di toccarla!' Gridò, tentando di sorpassami per andare verso di lui, ma riuscii a tenerlo più o meno fermo.
Sapevo che era forte, ma era ubriaco e non era detto che tutti gli ubriachi fossero forti, quando si trovavano nel loro stato preferito.
Ci rinunciò subito, quindi mollai la presa su di lui, ma me ne pentii poco dopo. Mi sorpassò e si avvicinò a Giuseppe, che cercò di allontanarsi ma non ci riuscì in tempo.
Appena mi voltai, per almeno fare qualcosa per evitare qualche violenza, vidi Giuseppe a terra, mentre imprecava.
'Oltre ad avermi rovinato la vita, vuoi anche la mia ragazza? Non ti azzardare mai più!' Gridò ancora il moro.
Lo presi per le spalle, cercando di allontanarlo da Giuseppe, nonostante avessi poca forza per il freddo e la situazione.
Non doveva andare così.
Era la vigilia di Natale, nonostante tutto, ma sembrava un giorno come gli altri: un normale giorno inutile.
'Stefano, sei ubriaco' gli sussurrai.
Si tolse dalla mia presa e si voltò bruscamente davanti a me.
Sembrava ancora più infuriato di prima, il che mi spaventava. Forse, quella poteva essere considerata una delle mie paure più grandi: Stefano ubriaco, inconsapevole delle sue azioni.
'E allora? Dovrei ucciderlo per tutto quello che ha fatto, Alice! È da troppo tempo che ha in mano la mia vita, e non voglio che mi rubi l'unica cosa buona che mi sia capitata in tutta la mia esistenza! L'hai baciato, cazzo, l'hai baciato!' Continuò a tenere quel tono alto, troppo alto per i miei gusti.
Ma, in fondo, non era così male. Mi era mancata la sua voce, il suo sguardo intenso, il suo corpo: lui.
Le vene del collo si notavano sempre di più, le sue urla si potevano sentire per tutto il vicinato, i suoi occhi rossi mi inquietavano parecchio.
'Credi che lo abbia voluto? Ho cercato di allontanarmi, di staccarmi da lui, ma non è una persona debole! Ti pare che io baci una persona come lui? Sai che amo solo te!' Proseguii.
Era davvero ubriaco fradicio.
Come faceva a non capire che amavo solo lui e che non ci sarebbe stato nessun'altro all'infuori di lui, nella mia vita?
Nonostante volesse lasciarmi in pace, allontanarsi da me, il suo cuore sarebbe sempre stato con me, a prescindere dalla sua mente.
Il suo sorriso mi fece capire che c'era una parte sobria in lui. Il suo cervello stava assimilando quelle parole, come lo stava facendo il mio con le sue.
Il modo con cui mi aveva ricordato il fatto di aver baciato Giuseppe, mi fece stare malissimo: non tanto per la colpa, ma perché non ero riuscita ad impedirlo.
Ancora dovevo capire cosa ci facesse davanti alla casa del suo nemico: non gli avevo detto precisamente dove mi trovavo ma, da quel che pareva, era più astuto di quanto immaginassi.
Il suo sorriso scomparve e, sul suo volto, ritornò la rabbia di prima. Era come se due persone stessero lottando, all'interno del suo corpo, per essere l'uno superiore all'altro, ma non credevo che avrebbe vinto la sobrietà.
'Che ci facevi da lui? Convivete, adesso?' Domandò.
Mi venne voglia di tirargli uno schiaffo, anche se non avessi avuto abbastanza forze per farlo.
'Che stai dicendo? E poi, non ti interessa. Mi hai lasciato, te lo sei dimenticato?' Chiesi.
Faceva male dire quelle cose, perché non era la verità. Ero andata da Giuseppe solo per avere un motivo per stare vicino a Stefano, non perché avevo intenzione di baciarlo e di mettermi con lui. Anzi, era l'ultimo dei miei pensieri.
Percepivo la tensione che si era creata tra di noi ed era piuttosto forte. Entrambi volevamo avere ragione, ma uno dei due avrebbe avuto torto: era inevitabile, ma eravamo troppo testardi per capirlo da soli.
'Primo: io non ti ho lasciata. Volevo solo che tu stessi lontano da me, ma era per la tua salvezza, ma non pensavo che ti saresti rifugiata da questo essere!' Spiegò, indicando Giuseppe che, lentamente, si stava rialzando.
Per la poca luce riprodotta dai lampioni, non riuscii a vedere se la sua guancia fosse rossa, ma dal labbro si vedeva un filo scuro che scorreva verso il basso: sangue.
Avrei dovuto spiegargli per quale motivo l'avevo fatto?
Forse, era la cosa migliore da fare.
'Mi sono rifugiata a casa sua solo per avere un tetto sotto il quale dormire e per sapere cosa tenessero in servo per te!' Risposi.
Il tono cominciava ad essere ancora più alto di prima. Notavo alcune luci, nei vari interni, che venivano accese ed alcune persone affacciarsi dalla finestra per vedere cosa stesse accadendo.
Cercai di respirare il più regolarmente possibile, ma era molto difficile.
Avevo una strana sensazione: come se, improvvisamente, mi sentissi forte.
Anche Stefano stava cercando di calmarsi, ma proprio non ci riusciva.
'Si, certo! Inventa una scusa migliore! Volevi portartelo a letto solo per farmi un dispetto, per farmi pentire di averti lasciata, anche se non è successo questo!' Continuò.
Non riuscii a resistere: gli tirai uno schiaffo, il più forte che potessi.
Era riuscito a darmi della puttana, cosa che non mi aspettavo che pensasse: non sapevo più se fosse ubriaco o se fosse veramente lui a parlare.
Si mise una mano sulla guancia dolorante. Intanto, vidi Giuseppe, con le braccia al petto, mentre si godeva la scena.
'Ti ha anche dato della puttana. Hai ancora la possibilità di ritornare a casa ed unirti a me' cominciò Giuseppe, ma ero ancora concentrata sul dolore che stava provando Stefano.
Mi stupii della mia stessa forza: forse era l'adrenalina, o il pensiero di essere paragonata alle altre; non lo sapevo.
'Giuseppe, non ho intenzione di ascoltarti' dissi, non pensandoci neppure.
Nel frattempo, Stefano si era ripreso ed aveva di nuovo incastrato i suoi occhi con i miei: se fosse esistito un sentimento più forte della rabbia, sarebbe stato azzeccato per quello che percepivo nei suoi occhi.
Indietreggiai lentamente, pensando al peggio. Lo vidi confuso da quel gesto, ma eravamo sempre vicini.
'Che stai facendo?' Chiese.
La sua voce era più bassa, più comprensiva, meno infuriata.
Le persone ritornarono nei loro interni, rendendo la scena inutile per loro, ma molto significativa per noi.
Non volevo avere paura di lui, ma non ero ancora abituata a quel tipo di Stefano e non mi sarei voluta abituare a quella situazione.
'Non si vede?' Chiesi, acquisendo una tonalità di voce normale.
Lentamente, stavamo portando la conversazione in modo civile, dopo aver svegliato il vicinato.
Mi prese il braccio, riportandomi molto vicino a lui. Poggiai le mani sul suo petto ed alzai il capo per poterlo vedere. Poggiò le sue mani sui miei fianchi, ma non capivo il motivo di ciò.
'Pensavi che ti picchiassi?' Chiese e non potei fare a meno di annuire.
Non volevo rivivere quei momenti, non dovevo riviverli. Inoltre, lui poteva essere anche più forte dei miei genitori, quindi i colpi sarebbero stati più potenti e dolorosi.
Avvicinò le sue labbra al mio orecchio.
'Io non sono come i tuoi genitori. Io ti amo' sussurrò, facendomi venire brividi per tutto il corpo.
Non riuscivo ad allontanarmi da lui. Ero appoggiata al suo petto e mi sarei dovuta allontanare, ma stare così vicino a lui mi piaceva sempre di più.
Poggiai la testa sul suo solido petto.
Gli avrei dovuto gridare contro, dargli un altro schiaffo, forse accettare la proposta di Giuseppe, ma non sarei stata io: la mia felicità dipendeva da quegli occhi verdi, da quelle braccia forti, da quel corpo solido, dalle sue labbra morbide.
Non riuscivo a stare lontana da Stefano Lepri: anche se fossi stata costretta, non sarebbe servito a nulla: sarei ritornata sempre da lui.
'E, per ciò che ho detto, lo schiaffo me lo meritavo. In un certo senso, mi mancava' precisò, posando una mano sulla mia schiena.
Sorrisi.
Ricordai la prima volta che glielo diedi: non lo conoscevo, ancora non sapevo la sua storia, ancora non ero a conoscenza del fatto che sarebbe diventato l'amore della mia vita.

My All. ||Stefano Lepri||On viuen les histories. Descobreix ara