16.

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Mi mancava, terribilmente.
La sua assenza la percepivo ogni secondo che passavo senza di lui.
Andare a scuola non era mai stato così noioso. Un giorno, il preside venne nella nostra classe e ci avvisò del ritiro di Stefano dall'istituto. Nessuno sembrò tanto sorpreso, anzi, sembravano contenti di ciò. In quel momento, il mio sguardo cadde sul banco affianco al mio. Era vuoto, come mi sentii quando quelle parole echeggiarono nell'aula. Avrei accettato quella scelta, lo avevo fatto, ma sapevo che aveva anticipato le cose per non vedermi.
Da quell'istante, la scuola la misi in secondo piano, per poi scendere nel dimenticatoio.
Ritornai nel mio posto preferito: il fiume. Non mettevo piede in quel posto da tempo, da quando la storia del moro mi aveva protagonista, e mi vedeva ancora tale.
Il fatto che Stefano avesse deciso di abbandonarmi così, istintivamente e senza riflettere su quello che diceva, era quello che mi distruggeva di più.
Non sapevo più che fare. Non avevo nemmeno il suo numero di telefono, e andarlo a trovare a casa sarebbe stato troppo da stupida, ma quasi non ricordavo quella strada così lunga che separava le nostre case, e non solo quei due edifici. Non volevo mostrarmi debole davanti ai suoi occhi, cosa che avevo sempre promesso a me stessa, ma rispettandola a volte.
Volevo fuggire. Quel desiderio cresceva ogni giorno, era più forte di qualsiasi altra cosa presente nella mia mente. Il problema fondamentale era la meta, perché non sapevo dove andare, per lo più da sola. Un giorno, mi sarebbe piaciuto andare da qualche parte con il moro dagli occhi verdi, magari all'estero e non sempre nella monotona nazione di cui sentivo parlare sempre. Saremmo stati sempre chiusi in casa, magari a litigare e poi far pace, oppure saremmo andati in giro, visitando la città come due ragazzi che non sapevano dove andare, ma che si stavano divertendo. Però, di solito, quelle cose si verificano soltanto nei film, e non ci trovavamo su un set cinematografico, pronti a registrare l'ennesima scena non reale.
Nella mia mente, scorrevano le immagini di molte scene di film che avevo visto, cercando di trovare quello più adatto per descrivere ciò che stavamo passando io e Stefano: peccato che non ce ne fosse nessuno che ci rappresentasse.
Non sapevo come comportarmi con lui, non capivo cosa fare, come rimediare. In fondo, il mio gesto era la mancanza di verità, perché lui aveva bisogno di sapere ogni cosa ma, data la mia testardaggine, rimandavo sempre quel momento, come facevo per la questione della scuola.
Un mio vizio poteva essere quello di rimandare qualsiasi cosa, e non solo una volta, ma sempre.
Inoltre, provavo ad immaginare come sarebbe stata la mia vita, se non avessi vissuto tutte quelle violenze e giudizi; forse vivrei da sola, oppure con il ragazzo più dolce del mondo, non avrei dubbi sulla scuola e continuerei l'università fino alla fine, rendendo fieri di me i miei genitori e, perché no, dopo la laurea avrei recitato in ogni singolo teatro, dal meno al più famoso, fino a diventare qualcuno di importante.
Ma era tutto frutto della mia immaginazione, che presentava la mia vita sotto un altro aspetto. Un aspetto che, per me, non esisteva.
Dal mio punto di vista, nessuno era importante, e nessuno doveva sentirsi tale. Le persone importanti erano quelle che, nella loro vita, avevano fatto cose fondamentali per le generazioni che sarebbero seguite e quelle che, invece, avevano fatto l'impossibile per farsi conoscere: come Beethoven che, pur essendo sordo e non avendo mai ascoltato la sua musica, diventò un compositore di fama mondiale; per non parlare di Volta, che fu il primo ad inventare la lampadina che, nel corso degli anni, si sviluppò in varie forme, come i lampioni che illuminano le serate di ogni singola città.
Le persone cosa avevano di così tanto speciale? E io cosa avevo fatto di importante, durante la mia esistenza?
L'unica cosa per cui potevo essere riconosciuta era per aver preso in giro l'unica persona che mi rendeva felice. In quel momento, quella persona mi odiava e non si fidava più di me e, forse, credeva che gli avessi mentito su tutto, anche su quello che provavo per lui, ma ancora non lo sapeva con precisione. Se avessi dovuto dire quello che provavo nei suoi confronti, non mi sarei mai spiegata bene. Il fatto era che provare amore era dire poco, per quello che sentivo per lui.
Perché non esisteva un sentimento che andava oltre a quello?
Per me, amare una persona significava provare dei sentimenti per essa e basta. Invece, quello che sentivo, era ben altro di quello. Volevo trovarlo di fianco a me nel letto, ogni mattino, volevo passare con lui il resto dei miei giorni, volevo che appoggiasse con frequenza le sue labbra sulle mie, volevo sentirmi protetta sotto ogni suo tocco.
Lui era tutto quello che non mi aspettavo di ricevere, data la mia vita precedente.
Mi ero ripromessa che la mia vita sarebbe iniziata con Stefano, era ancora impresso nella mia mente, ma senza di lui non potevo concepire l'idea di una seconda vita. Ero giovane e il fatto che avrei dovuto ricominciare da capo, con tutto, era difficile, specialmente se non c'era nessuno al mio fianco.
Il problema era che non sapevo come recuperare la sua fiducia, come cercare di far ritornare tutto come prima. Qualche mese fa, sarei disgustata da tutto questo, dato che provavo un odio profondo per il moro.
Non avrei mai pensato che Stefano sarebbe diventato così importante per me. Insomma, prima non sopportavo il suo comportamento e non volevo avere nulla a che fare con lui mentre, in quel momento, volevo soltanto che fosse accanto a me, facendomi capire che lui, per me, ci sarebbe sempre stato.
Dov'era?

My All. ||Stefano Lepri||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora