5.

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Passarono settimane dall'inizio dell'Università.
Da quando Salvatore mi disse quella frase, non gli rivolsi la parola più del dovuto.
Se non mi sopportava, perché avrei dovuto parlargli?
Il suo amico, invece, si presentava pochi giorni nell'istituto.
Ogni volta che mio fratello usciva di casa, sapevo che era per vedere Stefano, e voleva evitare altre discussioni fra di noi.
A differenza dell'amico però, mio fratello veniva sempre a scuola, forse perché lui ci teneva a studiare, o forse perché l'altro non aveva tempo per dedicarsi allo studio.
Il fatto che mi interessi così tanto a lui non so da cosa sia nato, ma quel ragazzo era strano.
Fottutamente strano.
Non saremmo mai andati d'accordo probabilmente, ma in quei pochi sguardi che ci scambiavamo, avevo capito che nascondeva molte cose che nessuno sapeva, come me.
Solo Salvatore conosceva il motivo del mio cambiamento.
Non potevo parlarne perché, appunto, odiavo il fatto che qualcuno potesse venire a conoscenza della mia vita.
Era mia, e me la gestivo io.
Ludovica si era molto avvicinata a quel ragazzo, di cui non ricordo il nome.
Ah sì, Lorenzo.
Credevo che stessero insieme, anche se la mia migliore amica aveva sempre negato, probabilmente per non farlo sapere in giro.
Mentre io, beh..
Continuavo a pensare al ragazzo dagli occhi verdi.
C'era un motivo per cui non veniva a scuola, ne ero certa.
In effetti, nemmeno io avevo un grande rapporto con lo studio, ma c'era altro.
E l'avrei scoperto presto.

I miei pensieri furono interrotti dal suono della campanella, che segnava la fine delle solite lezioni.
Avevo la grande fortuna di non avere Ludovica accanto a me
Perfetto.
Sola, come al solito.
Sistemai la roba nello zaino e mi diressi verso la porta dell'aula, quando qualcuno mi tirò per un braccio.
Mi voltai e vidi Lorenzo davanti a me.
Tolsi il mio braccio dalla sua presa e lo osservai, per fargli intendere che poteva parlare.
'Sai dove è Ludovica?' Chiese timido.
Eppure non sembrava così quando aveva cercato di fare amicizia con lei e con me.
'La tua ragazza sta poco bene, potresti andare da lei' risposi ovvia.
'Non è la mia ragazza' sorrise, scrutandomi.
Mi stava studiando sotto il suo sguardo, ma perché?
Alzai gli occhi al cielo.
'Posso andare ora?'
'Come faccio ad andare da lei?'
'Scrivile, no?' Sorrisi, comprendendo la sua timidezza.
Anche io ero come lui, in un tempo lontano.
Lo lasciai con i suoi pensieri e mi diressi verso l'uscita.
Una volta fuori dall'istituto, notai mio fratello parlare con una ragazza.
Non l'avevo mai vista, ma non mi importava.
Voleva frequentarla?
Di certo non glielo avrei impedito.
Tolsi lo sguardo dai piccioncini per farmi una passeggiata.
Potevo rilassarmi meglio.

Una volta lontana dagli studenti universitari, girai per le strade di Firenze.
Sembravano passati dei secoli da quando non osservavo le varie strade della mia città.
L'unico posto in cui andavo era il fiume, perché credevo che fosse l'unico posto dove potevo trovare la tranquillità, ma anche passeggiando per le strade della città notai una certa calma.
Girare da sola era sconsigliato da tutti, perché nessuno sapeva cosa si potesse trovare in giro, ma non ascoltavo nessuno, avrei potuto difendermi.
Camminando, osservai le poche persone che si trovavano nei paraggi. Genitori con i propri figli, ragazzi con le proprie ragazze, anziani, nessuno da solo.
C'era chi mi rivolgeva uno sguardo interrogativo, come per chiedermi il motivo di tanto interesse per tutto quello che mi circondava.
Alcuni mi rivolgevano uno sguardo schifato, altri curiosi.
Probabilmente mi credevano pazza, ma i pazzi non erano i migliori?

Dopo un po' che camminavo, notai un gruppo di ragazzi che parlavano con uno, ma non era una conversazione abbastanza civile.
Mi appoggiai al muretto lì di fianco per non farmi notare, ascoltando la conversazione.
'E così ci rivediamo' disse, uno del gruppo.
A quanto pare, la conversazione non era iniziata da molto.
'Guardate come è ridotto' rise uno.
Non potevo osservare le condizioni del ragazzo, dato che il gruppetto era attorno a lui ed occupavano la vista ai passanti, anche se in quel luogo nessuno si presentava spesso.
Non sapevo come ero finita lì.
Ero immersa nei miei soliti pensieri che non mi resi conto di trovarmi in uno dei quartieri più pericolosi della città, e quindi uno dei posti meno frequentati dalla gente.
'Lepri, sei diventato muto dopo avermi rovinato?' Disse un altro, probabilmente il capo della banda.
Lepri?
'Te lo meritavi' rispose il ragazzo in questione, anche se appena sentii la sua voce capii di chi si trattasse.
Mi sporsi leggermente per poter confermare l'identità del ragazzo, e quando uno del gruppo si spostò, notai lo sguardo impaurito ed infuriato di Stefano.
Mi appoggiai nuovamente al muro.
Stavo davvero ascoltando una conversazione, dove Stefano aveva combinato non sapevo che cosa, a tal punto da rovinare un'altra persona?
'Una lezione non te la toglie nessuno'
Mi affacciai di nuovo e vidi che uno gli tirò un pugno sul naso.
La vittima tirò all'indietro la testa per il dolore, e si vendicò con un pugno allo stomaco, mentre dal suo naso scorrevano delle gocce di sangue.
Un altro lo buttò per terra con forza, quasi da rompergli la schiena.
Tutto il gruppo si avvicinò di più a lui, quasi sul punto di ucciderlo.
Alice, fai qualcosa.
Ma cosa?
Non ci tenevo minimamente a lui.
Intanto, ci pensi sempre..
Dettagli.
Potrei salvarlo per Salvatore.
Anche se non gli parlavo più, era pur sempre mio fratello, e meritava di essere felice.
Almeno lui.
Mi allontanai dal muro per dirigermi verso il gruppetto.
'Lasciatelo stare!' Gridai, spostando un ragazzo tra quelli che avevo davanti, per poter notare meglio la scena.
Stefano, sdraiato per terra, massaggiandosi la schiena, mentre il ragazzo di fronte si piegava in due per il dolore allo stomaco, causato dal pugno del ragazzo sul terreno.
'Ti fai difendere da una ragazza, Lepri?' Dissero in coro due ragazzi, accompagnati dalle risate degli altri.
'Se lo odiate così tanto, perché perdete tempo con lui?' Feci notare ai presenti.
'Noi vogliamo solo vendetta' disse uno.
Ma in quanti erano?
Erano in sei, anche se sembravano un esercito.
Tutti con lo stesso scopo.
Cercare di uccidere Stefano.
Potrei lasciargli terminare il lavoro, invece perché stavo lì, con l'intento di salvarlo?
'Quindi lasciaci terminare il lavoro' mi strattonò uno, portandomi via dalla scena.
A quel tocco lo presi per la giacca e lo buttai a terra.
Il ragazzo, sulla ventina, mi osservò stupito del gesto che avevo compiuto.
Mi stupii anch'io della mia forza.
Mi riavvicinai subito agli altri.
'Andatevene a fanculo e lasciatelo in pace, cazzo!' Gridai nuovamente.
Guardai tutti i presenti, mentre Stefano
Ma perché lo stavo salvando?
Non mi sarei pentita se non l'avessi fatto.
O forse sì.
Cosa mi stava facendo sto ragazzo?
'Non finisce qui, ragazzina' disse il ragazzo che aveva subito il pugno, puntandomi il dito contro.
Doveva essere il capo del gruppo, perché una volta che si allontanò dal posto, gli altri lo seguirono.
Stefano continuava a rivolgere il suo sguardo verso di me.
Quando lo incontrai, non riuscivo a capire se era arrabbiato oppure contento del mio intervento.
Era affannato, come lo ero io.
Dai suoi occhi si leggeva, però, la paura di morire.
'Adesso è qualcun'altro che fissa' gli feci notare.
'Potevo farcela da solo' disse, cercando di alzarsi, ma non riuscendoci.
'Ringraziami, invece di lamentarti' lo rimproverai, porgendogli una mano per aiutarlo a farlo stare in piedi.
Osservò la mia mano come se fosse una cosa nuova, come se nessuno gli avesse mai dato un aiuto, o forse era veramente così.
La prese e lo aiutai ad alzarsi.
Quel semplice tocco bastò per provocarmi una strana sensazione all'interno del mio corpo.
Non avevo mai provato sensazioni del genere.
Ogni suo tocco mi faceva sentire sicura, anche quando mi aveva distrutto il fianco al fiume.
Come se quel ragazzo fosse il mio rifugio.
Avevo sempre odiato i tocchi delle persone, ma il suo era diverso.
Era dolce, delicato, gesti che non avevo mai sentito prima.
Una volta in piedi, continuava a fissarmi.
'Perché lo hai fatto?' Mi chiese, senza che riuscissi a capire il tono della sua voce.
'Fatto cosa?'
'Essere venuta qui ed avermi salvato' disse serio, con lo sguardo rivolto verso i miei occhi marroni.
Non sapevo cosa rispondere.
Lo avevo fatto per mio fratello, ma non ne ero più così sicura.
Ogni volta che stavo con lui, mi sentivo diversa.
Mi faceva incazzare, farmi sentire a disagio, farmi provare sensazioni che non avevo mai provato.
Il fatto di trovarmelo davanti, mi rendeva contenta ed incazzata allo stesso tempo.
Avevo la testa in confusione, e decisi di rispondere nel modo più ovvio possibile.
'L'ho fatto per Salvatore' rivelai,insicura.
'Ah' disse, quasi deluso dalla mia risposta.
Si aspettava che gli dicessi che lo avevo fatto perché gli volevo bene?
E se gli avessi detto così, come avrebbe reagito?
Ero un completo disastro.
'Dovresti spiegarmi il motivo per cui volevano ucciderti' dissi, interrompendo il piccolo silenzio creato fra di noi.
'Che ti importa?' Chiese brusco.
Ecco, era tornato il solito Stefano.
'Non mi sembravano molto cordiali quei ragazzi, c'era di sicuro un motivo per cui volevano farti fuori'
'Piccola Alice, cosa dovrebbe interessarti di un rifiuto umano come me?'
'Ci sono in mezzo anch'io, ora' dissi, alzando le spalle.
'Non dovresti esserci' disse, quasi preoccupato.
O forse lo era.
'Non ho niente da perdere, andiamo' dissi, cercando di dimenticare ciò che poteva accadergli se non avessi fatto qualcosa.
'Andiamo?' Chiese, interrogativo.
'Ho bisogno di qualcuno per tornare a casa, e devo medicarti' dissi, allontanandomi da lui pensando di essere seguita dal ragazzo, ma era ancora immobile, senza cenno di volersi muovere.
'Non ho bisogno del tuo aiuto'
Sbuffai.
Mi diressi di nuovo accanto a lui, prendendolo per un braccio.
I suoi occhi verdi ritornarono nei miei.
Entrambi erano sguardi furiosi, anche se la sua pupilla nera si stava restringendo con calma.
Perché non voleva ascoltarmi?
'Andiamo' ripetei, in un tono più duro di prima.
Si staccò dalla mia presa e cominciò a camminare verso la sua auto, mentre io lo seguivo.
Entrammo nel veicolo, parcheggiati davanti al luogo dove si era svolto tutto.
'Alice' mi chiamò, dopo aver acceso il mezzo.
Lo guardai confusa.
Come faceva a sapere il mio nome?
Non glielo avevo mai riferito, ma come..?
Ah beh, Salvatore.
Questo voleva dire che parlavano di me?
Ero tentata dal chiedere come fosse a conoscenza del mio nome, ma mi limitai ad un semplice sguardo.
'Grazie' disse, quasi forzato.
Gli sorrisi.
Sembrava che non avesse mai detto un 'grazie' in vita sua, proprio come me.
Ma, in quel momento, mi ritornarono in mente gli attimi della scena, vissuta qualche istante prima.
Uno di loro disse che volevano vendicarsi, ma perché?
In che casini si era cacciato il ragazzo accanto a me?

My All. ||Stefano Lepri||Where stories live. Discover now