15.

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Appena sentii quel rumore assordante della campanella, riposi tutto quello che si trovava sul banco nella cartella, svogliatamente e disordinatamente, come al solito.
Ormai, andare a scuola non era più nelle mie priorità, come era sempre stato dal mio punto di vista.
Anche la mia passione per la recitazione stava cambiando. Si, era l'unica materia in cui andavo bene, però era come se stesse svanendo dalla mia testa, come se volessi lasciar perdere il mio sogno per il teatro.
Il mio pensiero fisso, ormai da mesi, era il moro e coloro che lo volevano morto. Trovare una soluzione a quel problema era diventata il mio obiettivo principale, mentre la recitazione si trovava in un angolo remoto della mia mente, appunto, pronta a svanire da un momento all'altro.
Erano passati giorni da quando ci catturarono, ma il ricordo era ancora impresso nella mia mente. Se Salvatore non fosse arrivato, chissà quanto tempo ci avrebbero tenuto lì dentro. Eppure, non mi aspettavo il suo arrivo. Era come se fosse un segno. Nonostante non volesse più avere a che fare con me, era venuto a salvarci. L'idea che volesse salvare solo Stefano fiorì nella mia mente, non potevo negarlo, però mi stupii del fatto che salvò entrambi.
Inoltre, l'ultima volta che lo vidi fu in quel posto. Da quel giorno, non ebbi più sue notizie, come Stefano. Quest'ultimo cercava di contattarlo, ma non si faceva sentire.
Sembrava scomparso.
Entrambi eravamo preoccupati, più io che il moro, dato che non sapevamo nulla su quello che stesse facendo.
Non avrei mai pensato di arrivare così in alto con lui, però eravamo fratelli ed il legame era più forte della ragione.
Avevo bisogno di così tante spiegazioni, forse troppe.
Inoltre, avevo la conferma che anche Salvatore si trovava nei guai. Ancora non concepivo come fosse entrato in quel posto. Forse stava dalla parte di Angela ma, se così fosse, non ci avrebbe liberati, oppure la usava perché voleva sapere di più.
Valente, da quel momento, non si presentò più a scuola, cosa che aveva fatto ben poco già da quando iniziò l'anno.
Ludovica era sempre in compagnia di Lorenzo o, per meglio dire, del pizzaiolo. In certi momenti, avrei voluto che sapesse cosa era lui, anche se non ci trovavo nulla di male. Se si amassero davvero, si accetterebbero per qualsiasi cosa.
Ma, purtroppo, capitò con una ragazza che si lamentava per qualsiasi cosa. Ormai, era tutta per se, non doveva preoccuparsi di avermi tra i piedi.
E, ripensandoci, non capivo perché mi importava ancora di lei. Aveva avuto una buona influenza su di me, finché non mi impose l'ultimatum. Da lì, capii che era cambiata, che non era più la stessa ragazza che conobbi anni prima, non era più quella che mi difendeva dai pregiudizi degli altri.
Avrei dovuto cominciare a pensare ad un futuro senza di lei, senza la ragazza che mi aveva stimolato ad andare avanti, ad affrontare ogni ostacolo che mi si presentava davanti.
La mia esistenza, oramai, era nelle mani del moro. Dipendevo quasi totalmente da lui, a partire da quello che diceva fino a quello che faceva.
Lo ascoltavo, lo seguivo, lo capivo. La stessa cosa faceva lui nei miei confronti e, da quando ci presero, legammo molto di più.
E, forse, stava cominciando a venire fuori il vero Stefano. Da qualche giorno, era molto timido con me. Non capivo perché lo fosse, probabilmente perché rivelò quello che sentiva per me e non sapeva che fare, però mi affascinava la sua timidezza.
La domanda che però mi ponevo, in ogni singolo istante, era che cosa fossimo. Non voleva uscire dalla mia testa, non voleva far spazio a cose più importanti, perché essa rimaneva la principale questione.
Che cosa eravamo?

Appena uscii dall'edificio, notai che Stefano mi stava aspettando fuori, intento ad osservare gli altri ragazzi mentre parlavano o mentre se ne stavano andando.
Appena mi notò, mi sorrise. E pensare che, prima, avrei dovuto forzarlo per farlo sorridere.
Mi prese per mano e ci incamminammo verso la sua auto.
Un'altra cosa che mi stupiva era che non si vergognava di tenermi la mano in pubblico. Probabilmente, lo faceva per far capire che anche lui era una persona normale, e non un mostro, come tutti pensavano. Quanto avrei voluto dire a loro cosa provavo quando stavo con lui, ma non mi avrebbero mai compreso a pieno. Mi avrebbero dato della pazza o, peggio ancora, mi avrebbero insultato. Invece, ero soltanto una ragazza accecata dall'amore.
Pensavo che non lo avrei mai trovavo, che fosse una missione impossibile, che nessuno sarebbe stato perfetto per me e che nessuno mi avrebbe mai sopportato ma, il moro, era tutto quello che non mi aspettavo di trovare.

My All. ||Stefano Lepri||Where stories live. Discover now