25.

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I suoi occhi glaciali erano così penetranti e riuscivano sempre a riportarmi a qualche tempo fa, a quando ero ancora una ingenua ragazza in una società che trasformava le donne in nevrotiche, pronte ad alzare la gonna alla prima lusinga.
Ripercorrevo quello che avevo passato con lei che, di certo, non erano momenti affatto belli.
Quegli occhi dovrebbero spaventarmi, farmi scappare come una codarda e farmi difendere da Stefano, ma non ci riuscivo. Dovevo affrontarla e non solo lei, ma anche gli altri della sua banda. Forse potevo farcela, forse avevo una piccola possibilità di sconfiggerla, ma era misera. Sapevo quanto fosse forte, quanto potesse essere spietata, complicata.
Non era una ragazza debole: anzi, poteva essere considerata una delle più coraggiose di tutta la città, ma quando la feci cadere per terra, quella volta da casa di Stefano, capii quanto fosse vulnerabile. Se non ci fosse stato Valente, l'avrei fatta fuori e non volevo diventare come lei, ma sarebbe stato semplicemente un gesto istintivo.
Certo. Uccidi una persona e poi chiedi scusa. Sicuro che le tue scuse verranno ascoltate.
Non dovevo perdere la pazienza subito, ma con il passare degli anni non riuscivo a tollerare la sua presenza. Per non parlare del trovarmela davanti, in un posto in cui c'eravamo solo noi, senza nessuno.
Non c'entravano più Giuseppe e Stefano, c'entravamo noi.
Voleva combattere, ma non l'avrei accontentata così facilmente. Forse dovevo tentare di parlarle, ma di sicuro non avrebbe ascoltato una parola.
I nostri sguardi continuavano ad essere incastrati tra di loro. Le spuntò un sorriso malizioso sulle labbra ed incrociò le braccia al petto. Io, invece, ero come incantata da lei.
Poteva essere un ottimo esempio di forza. Mi reputavo forte per certi aspetti, ma lei mi batteva sicuramente. Ciò mi faceva pensare che avesse passato qualcosa che nessuno sapeva.
Ma non poteva essere. Era una ragazza perfetta, non poteva aver vissuto qualche momento terribile. Non sapeva quello che avevo passato per essere la ragazza che ero, eppure sembrava che lo sapesse da sempre.
Mi stava uccidendo. Avevo un groppo in gola, le parole mi si erano bloccate e pareva che non volessero più uscire e farsi sentire.
Le avrei voluto gridare contro per tutto quello che mi aveva fatto passare: i pregiudizi, gli spintoni, le violenze insieme a quelle oche che soprannominava amiche.
Era rimasta sola, come se il gruppo di Giuseppe e lui stesso l'avessero salvata.
Sapevo che sarebbe accaduto, ma non immaginavo che, dopo un paio d'anni, sarebbe diventata ancora più violenta di quanto già lo fosse.
Forse dovevo scoprire cosa le era accaduto, cercare di creare un dialogo civile, ma non sapevo come sarebbe andata e non sapevo nemmeno se ci avrei provato: i suoi occhi mi stavano studiando dall'interno.
Eppure non capivo perché aveva tentato di baciare il mio ragazzo, quando ci aveva rapiti.
Era solo un gesto per farmi ingelosire o ci stava provando veramente con lui? Si era spostata da Stefano a Giuseppe?
Fece, lentamente, un passo in avanti. Mantenne quella posizione da "cattiva", continuando a scrutarmi ovunque.
Mi stava uccidendo l'anima, ma non capivo se fosse per il fatto che aveva quel colore degli occhi che si andava a sfumare verso il bianco o perché sapevo come era il suo carattere.
Chissà da quanto tempo ci stavamo osservando, sembrava fosse passata un'eternità da quando Stefano aveva lasciato il parcheggio. Sembrava quasi che mi stesse soffocando e quel silenzio cominciava davvero ad infastidirmi.
Sembrava più una gara a chi rimaneva più tempo zitta, non sembrava un vero scontro. Probabilmente, stava pensando a cosa farmi e a come farmela, di certo non stava pensando a cosa stavo provando.
Avevo davanti ai miei occhi una delle persone che mi aveva rovinato la vita e non riuscivo a fare alcuna mossa.
Ero spaventata e al tempo stesso no, perché oramai era giunto il momento.
Avrei chiuso con lei, una di noi avrebbe avuto la peggio e non dovevo essere io. Dovevo farle capire che doveva avere paura di me, doveva temermi, dovevo essere io sopra di lei. Non ero più quella ragazzina che lasciava passare ogni diceria su ogni suo singolo difetto.
Dovevo farmi valere, in qualche modo; forse, quello era il mio momento e lo sarebbe stato.
A prescindere da come sarebbe andata, almeno, ci avrei provato.

My All. ||Stefano Lepri||On viuen les histories. Descobreix ara