«Pronto?» fece una voce femminile dall'altra parte del telefono, leggermente attutita dall'apparecchio. Frank dovette prendere una profonda boccata di fumo e buttarla fuori, prima di riuscire a convincersi di non attaccarle in faccia e fare come se nulla fosse accaduto.
«Ciao Jamia, sono Frank.»
«Lo avevo riconosciuto che eri Frank.» replicò lei allega. «Come va? Ti serve qualcosa?»
«Ecco, effettivamente mi chiedevo una cosa.»
«Va bene, dimmi pure
Frank rivolse uno sguardo al cielo. Si stavano addensando alcune nuvole, ed in lontananza poteva sentire alcune risate leggere e lo sbattere di una portiera. Fallo. Fallo anche se non vorresti.
«Per caso hai da fare domani pomeriggio?»

Frank si issò per bene lo zaino in spalla e uscì dall'aula avviandosi all'ingresso della scuola, dove si era dato appuntamento con Jamia per quel pomeriggio. Alla fine della chiamata lei aveva accettato, gli era sembrata pure felice della proposta. Non la aveva vista per tutto il giorno, ma il pensiero di ciò che stava per succedere lo aveva perseguitato dalla sera prima. Non ne aveva parlato con Mikey, non sapeva come l'altro avrebbe potuto reagire. E non gli serviva altra confusione . Stava facendo la cosa giusta con quell'uscita?
E poi la vide, accanto alla porta d'entrata in vetro con il cappottino di lana cotta blu mentre si guardava intorno, poggiata accanto alla parete. Il cuore gli cominciò a battere. Non per la trepidazione, ma per il timore di star commettendo qualcosa di sbagliato. Poi Jamia si girò verso di lui, lo guardò e sorrise. Ormai non c'era più tempo per i ripensamenti.
«Ciao.» lo salutò lei mentre si avvicinava. Aveva i capelli sciolti e una camicetta bordeaux infilata in una gonna nera. Per un attimo Frank si chiese se non avesse freddo alle gambe.
«Ciao. Andiamo?» propose lui, mordendosi il labbro ed eludendo il contatto visivo. Il giorno prima Jamia gli aveva detto che aveva una mezz'idea su dove andare, e lui le aveva lasciato carta bianca. Si impose di ricacciare indietro i dubbi, che quel pomeriggio si sarebbe dovuto solo distrarre dalla sua situazione attuale. E be', anche cercare di capire che cosa gli stesse dicendo il cervello, ché da solo a quanto pare non riusciva a capirlo.
Nel frattempo Jamia aveva risposto affermativamente ed erano usciti dalla scuola. Sul marciapiede fecero varie svolte e il ragazzo riconobbe la strada per la stazione. Durante il cammino discussero della giornata scolastica e del fatto che la scuola stesse diventando più difficile, ora che i primi tempi erano passati, ma non toccarono argomenti più delicati o più profondi. In un quarto d'ora giunsero alla stazione -un vecchio edificio grigio e gremito di gente- e Jamia si diresse verso il parcheggio degli autobus, puntando alla corriera.
«Almeno mi puoi dire dove stiamo andando?» chiese Frank mentre lei praticamente lo strattonava verso l'autobus.
«È una sorpresa.» ribatté lei laconica, percorrendo a grandi passi il marciapiede. «Però se ti può essere utile scenderemo alla terza fermata.»
Frank strizzò gli occhi cercando di decifrare la lista delle fermate scritte sul cartello, ma si ritrovò spinto sui gradini dell'autobus da una Jamia che rideva. Pensò che fosse carina, eppure gli tornò improvvisamente alla mente di quando Gerard era scoppiato a ridere al bar, quando assieme a Bob gli aveva detto che da più piccolo lo sfasciacarrozze aveva abusato di violenza su una povera cassetta della posta. Si sentì riavvolgere per un attimo dal calore del bar e della risata di Gerard. Quella risata era bella. E anche Gerard lo era.
«Tutto bene?» sentì la voce di Jamia porgergli la domanda, così come se fosse appena riemerso da sott'acqua si girò verso di lei, accorgendosi di essersi impalato sui gradini della corriera.
«Io... Sì, perché?»
«Ti sei bloccato sui gradini improvvisamente.» Frank non poté fare a meno di darle ragione, eppure voleva farle notare che era lei a continuare a spintonarlo. In ogni caso, mosse i piedi e salì il resto della scaletta. «Ah già, scusami.»
«Non devi mica scusarti.» replicò lei seria, guardandolo con gli occhi marroni. Erano belli. Ma erano abbastanza per offuscare quelli di Gerard?

Per tutto il viaggio chiacchierarono di argomenti futili, giusto per distrarsi un po'. Frank le raccontò di Bob e della cassetta sfasciata e lei gli fece un resoconto di quando era andata in campeggio con la famiglia e avevano incontrato un branco di cinghiali. Quando la corriera arrivò alla terza fermata il tempo era volato; Jamia gli fece cenno di scendere, così Frank si alzò dal sedile e la seguì fuori. Si sentì rilassato, la ragazza era una piacevole compagna e gli risultava facile non pensare a Gerard, sebbene gli spuntasse in mente nei momenti meno opportuni come un pop-up fuori da un bigliettino di carta.
«Che posto è?» chiese però guardandosi intorno, accanto a Jamia. Si trovava davanti una specie di istituto in mattoni con un enorme cortile pieno di gente e festoni, con un clima di festa molto coinvolgente. Si sentiva la musica da lì, a tratti soffocata dalla confusione creata dalle persone.
«Questa è un'accademia artistica, e come puoi vedere oggi fanno una specie di mostra.» spiegò lei, cominciando ad avvicinarsi all'ingresso, segnato da alcuni palloncini colorati. «Fanno vedere le opere degli studenti, per così dire. È un posto carino, ho letto di questa fiera su un giornale a casa e volevo venirlo a vedere da un po' di tempo. Spero possa piacerti.»
«Sì, certo.» rispose Frank, anche se avrebbe preferito un luogo con meno gente. Per lo meno là sarebbe stato più difficile perdersi tra i suoi pensieri. Forse tra la folla, ma nella mente sicuramente no.
L'ingresso era ad offerta libera. Jamia diede cinque dollari ad una ragazza con metà faccia truccata ad arte che consegnò loro un piccolo depliant e un biglietto a testa da usare ad uno dei vari chioschi là presenti. Quando riuscirono ad entrare Frank notò subito che il grande viale era costeggiato da quadri, disegni e piccole sculture di creta o in pietra; sopra ad ogni fila di opere, ai lati dei sentieri, erano stati sistemati dei teloni bianchi sorretti da pali onde evitare di farle bagnare in caso di pioggia. Alcuni ragazzi stavano realizzando qualcosa davanti agli occhi degli altri, e Frank tra questi individuò anche un paio di giornalisti, fotografi e pure qualche critico d'arte. Imboccarono uno svincolo a destra che scoprirono essere quello degli acquerelli. Paesaggi lacustri, praterie, nature morte e tramonti tinteggiavano con i loro colori liquidi simili ai pastelli quel pomeriggio d'ottobre. Erano molto belli, e pure piuttosto realistici.
«Ti va se andiamo lì?» chiese Jamia poggiandogli una mano sulla spalla ed indicando con l'altra un piccolo chiosco adibito a bar, circondato da alcune panchine e un paio di gruppi di ragazzi.
«Okay.» acconsentì lui, seguendola verso quel bar. Consegnarono i loro biglietti e presero un caffè. Si sedettero su una panchina.

dear psychologist 【 frerard 】Where stories live. Discover now