【 three 】

1.4K 157 85
                                    

«O forse dovrei dire, la nostra amichetta.» rimarcò l'ammasso di muscoli davanti a lui, prendendolo per il bavero della felpa e sbattendolo contro la parete. Frank inspirò spaventato, sentendo la terra mancargli sotto i piedi e si portò d'istinto le mani al colletto. Il volto davanti al suo si contrasse in un ghigno amaro.
Fantastico, erano passati poco più di dieci giorni dall'inizio del nuovo anno scolastico (dodici, per la precisione, ma non che a Frank importasse più di tanto) e già veniva preso in mira da quegli stronzetti patentati che avevano chissà quale parentela in comune con i bufali per stazza, peli e puzza.
«Non ti ho visto la settimana scorsa, Pansy. Per ben due giorni.» continuò imperterrito, con quel tono di voce falso accondiscendente che dava sui nervi al più basso. «Che c'è? La nostra femminuccia preferita si è sbucciata il ginocchio e ora ha bisogno di un cerotto?»

Frank era sempre stato di salute cagionevole: per quanto ricordasse, la sua infanzia era costellata di lettini d'ospedale e freddi stetoscopi sullo sterno. Gli bastava una semplice esposizione all'aria invernale troppo fredda e bam! Eccolo bloccato a letto per dieci giorni con la bronchite o, nei casi peggiori, in un lettino d'ospedale.
Il suo sistema immunitario troppo debole gli aveva causato non poca infelicità e problemi a relazionarsi con gli altri; tuttavia, con la crescita, nessuno dei due fattori aveva subito un mutamento.

«Usare il plurale majestatis è indice di stupidità.» rispose Frank sarcastico, socchiudendo gli occhi. «E per quanto riguarda il cerotto, ne avresti bisogno tu. Su quella maledetta boccaccia che ti ritrovi.»
Per i primi due secondi il ragazzo là davanti rimase di stucco, ma quando comprese l'insulto si rabbuiò e, quasi ringhiando, strinse ancora di più la presa sul collo del malcapitato.
«Stai cercando la lotta, Iero?» lo minacciò col suo tono gutturale. Dal canto suo, il moro non batté ciglio; la seconda campanella fece di nuovo tintinnare il suo suono stridulo, ma nessuno attraversò il corridoio deserto. A quanto pareva quel giorno erano tutti puntali.
«Veramente io starei cercando di andare in classe, stiamo a scuola a rigor di logica. Cos'è, il tuo ultimo neurone è morto di solitudine?» ribatté, pungente.

Frank vide il pugno appena in tempo e riuscì a scansare di lato la testa così da schivarlo. Tuttavia il ragazzo davanti a lui non è che fosse proprio una cima, per cui non essendo più retto da alcuna mano per il collo, il moro cadde sul pavimento.
Si rialzò immediatamente e da sotto tirò un colpo alla mandibola del ragazzo col pugno chiuso: sentì la testa di quello andare in alto seguendo la traiettoria della sua mano, ma così facendo aveva lasciato l'addome indifeso. Infatti quasi subito sentì un impatto tanto forte da fargli espellere tutta l'aria dai polmoni e farlo crollare a terra, sullo zaino, agonizzando in cerca di ossigeno.
«Ora basta con gli scherzi.» disse l'energumeno posizionandosi davanti al più basso, scrocchiandosi le dita. Frank tossì, la vista leggermente offuscata.
Era abituato a prenderle, ormai.

«Cosa succede qui?» una voce nel corridoio fece girare di scatto la testa dei due ragazzi, che videro il professore di biologia incedere per i corridoio, rimettendosi apposto i suoi occhiali. «Stavate per caso facendo a botte?»
Per la prima vola in vita sua Frank fu grato al professore di insegnare in quella scuola ed incutere rispetto immediato negli studenti.
Nessuno dei due rispose alla domanda; quello in piedi si limitò a lanciare un'occhiata di fuoco a Frank e ad andarsene a passo veloce. L'altro, invece, si rimise con non poca fatica in piedi, ma si sforzò di respirare normalmente.
«Forza Iero, in classe.» gli disse con un cenno del capo, per poi guardarsi l'orologio che aveva al polso. «Per questa volta che il ritardo passi pure, dato che sono nelle tue stesse condizioni.»
Frank dubitava fortemente che il suo professore avesse appena ricevuto quello che sembrava un treno in corsa in piena pancia, ma pensava che dirlo non sarebbe stata la più brillante delle idee, per cui borbottò un e si incamminò, entrando nella classe.

dear psychologist 【 frerard 】Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora