【 four 】

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Frank percepì il suo respiro congelarsi, così come il sangue nelle vene: sembrava essersi fermato nei capillari a metà battito. Si sentiva bloccato, in trappola, era come essere pieno di cotone. Capivi cosa c'era intorno, sentivi ogni minima cosa, ma eri bloccato.
Indietreggiò leggermente, percependo la sigaretta ormai ridotta a poco più di un mozzicone abbandonare la debole presa delle sue dita e scivolare a terra. Gerard continuava a guardarlo, attonito.
«Sono solo uscito in anticipo.» rispose, deglutendo. Fece un grosso respiro, gli occhi del rosso che lo squadravano da capo a piedi.
Sembrava aver capito la verità, in quanto la sua espressione tramutò gradualmente da sorpresa a presa di coscienza, per poi stabilizzarsi in empatia.
«E per quale motivo?» chiese, cercando di essere gentile. A causa del nervosismo, le terminazioni nervose di Frank erano in fibrillazione: riusciva a percepire tutto quello che gli accadeva intorno, dal frusciare del vento ad ogni singolo battito di ciglia di Gerard.
«Avevo un'ora buca.» inventò.
«E allora perché non ci sono altri ragazzi in giro?»

Questa volta Frank non rispose. La sua mente sembrava essere andata in cortocircuito, e lentamente abbassò la testa, come se si vergognasse. Strinse i denti, cercando di non pensare al ragazzo che gli stava davanti.

Non deve scoprirlo.
Non deve fottutamente scoprirlo.

«Frank.» la voce di Gerard lo richiamò alla realtà. Quando alzò la testa lo vide davanti a sé, una mano nella tasca dei pantaloni e l'altra sulla sua spalla. Sembrava uno studente, come lui. «Ti va di parlarne?»
Il moro non fece né un gesto d'assenso né uno di dissenso; si limitò a rimanere immobile, ancora cercando di nascondere ciò che era appena successo. Gerard gli fece un sorriso sbilenco e tolse la mano dalla sua spalla.
«Forza, sali in macchina.» gli disse, girandosi ed incamminandosi verso la vettura. «Oggi saresti dovuto venire comunque da me, anticiperemo di un po'.»
Non che Frank morisse dalla voglia di andare in macchina con Gerard e la sua folle guida, ma annuì comunque e lo seguì, aprendo la porta della macchina e mettendosi sul sedile, che sembrava veramente ricavato da un unico pezzo di legno.

«E così vai anche tu alla Belleville High School?» domandò Gerard, cercando di rompere il ghiaccio. Frank rialzò confuso il viso dalle ginocchia, aveva l'abitudine di rannicchiarsi.
«Non che ci siano molti altri licei qui a Belleville.» rispose, alludendo alla piccolezza della città e distogliendo lo sguardo. L'altro stava guidando in perfetta linea retta, ma Frank si dovette ricredere quando, pur di evitare uno stupido piccione che zampettava in mezzo alla strada, venne improvvisamente sbattuto contro la portiera. Si rialzò con un mugolio, cercando disperatamente con gli occhi la cintura di sicurezza, e Gerard sembrò donargli uno sguardo di scuse.
«Devo darti ragione.» replicò, riportando la macchina nella corsia giusta. Lanciò un'occhiata a Frank che, allacciatosi la cintura di sicurezza, era momentaneamente intento a guardare fuori dal finestrino: sembrava perso nel suo mondo, e con quell'atteggiamento così spaurito in quel corpo così minuto Gerard lo trovava adorabile. «Ci andavo anche io.»
«Ah sì?»
«Sì, ne sono uscito quattro anni fa. Questo che anno è per te?»
«L'ultimo.» rispose distaccato Frank. «Tra poco compio diciotto anni.»
Gerard non fece altri tentativi di conversazione, capì che l'altro non avrebbe voluto rispondere, per cui si limitò a tenere ben salde le mani sul volante e a cercare di non spiaccicare ancora il moro contro la portiera.

Quanto a Frank, stava osservando il suo riflesso nel finestrino opaco senza guardarsi veramente. Il livido sullo zigomo si era un po' attenuato, ma il solo vedere quel colore viola gli rievocava alla mente il buio, la paura, l'odore di detersivo dello sgabuzzino e tutte le botte che gli erano state inflitte. Fu come rivivere la situazione, come se tutto attorno a lui sganciasse i fili che lo tenevano collegato al mondo, facendolo capitolare nel buio dei ricordi: quando gli sembrò di sentire ancora l'impatto contro lo sterno sobbalzò, inspirando di scatto.
«Cosa succede?» chiese Gerard d'impulso, accostando al marciapiede e guardando l'altro allarmato. Frank stava ancora ansimando pesantemente, stringendo e rilasciando freneticamente i polsi.
«Frank, Frank rispondimi. Va tutto bene.» lo implorò, prendendolo per le spalle e girandolo verso di sé, con non poche difficoltà a causa della cintura di sicurezza. Puntò lo sguardo nel suo, e Frank si fermò: si sentiva di nuovo congelare, e da quella distanza così ravvicinata poteva vedere i veri occhi di Gerard, leggermente corrucciati a causa della preoccupazione. Non erano di un'unica tinta di verde, no. Erano un viaggio nel tempo, uno scorcio di quell'autunno che tra poco li avrebbe raggiunti: il verde delle foglie ancora estive screziato del marrone di quelle in fin di vita, l'oro del sole ed il verde più scuro delle chiome di un bosco.
Stranamente, quelle iridi in cui si era perso parvero calmare Frank, il cui respiro raggiunse gradualmente una velocità normale.
Gerard sorrise leggermente e gli fece un gesto con la mano, per poi girarsi e cominciare a cercare freneticamente chissà cosa nel casino che regnava sui sedili posteriori, da cui riemerse vittorioso con una piccola bottiglia d'acqua.
«Tieni, bevi un sorso.» il rosso aprì la bottiglietta e gliela porse, sempre con le labbra arricciate in un sorriso. «Dell'acqua può aiutare in questi casi.»

dear psychologist 【 frerard 】Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu