Capitolo 25

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Mi sveglio con il respiro di Shawn vicino al mio, mescolato al mio. Sto per alzarmi, ma lui apre un occhio e mi stringe forte a sé. Non capisco come faccia ad essere così perfetto appena sveglio, nonostante gli occhi assonnati e i capelli che sono ovunque sulla sua faccia.

<<Sei bellissima>>

<<Ti amo>> dico avvicinandomi a lui e baciandolo. Lui schiude subito le labbra per accogliermi, presto il contatto si fa passionale, e ci lasciamo trasportare da questo fuoco che arde in noi, fino quasi a bruciarci, fino a diventare incandescenti.

Siamo nudi, tra le lenzuola, con soltanto le prime luci dell'alba a illuminarci, a illuminare le nostre anime. Divarico le gambe e lui entra dentro di me, ma questa volta è diverso; i nostri respiri sono corti come se stessimo usando tutto l'ossigeno di questa stanza, di questa casa, di questa città per amarci; i movimenti, i gemiti e i respiri sono più forti, quasi come se non volessimo lasciarli sospesi nell'aria, ma desiderassimo custodirli gelosamente nel cuore. Sembra che tutte le sensazioni, che tutte le emozioni, tutti gli sguardi, i rumori e gli odori debbano stamparsi in noi; sembra che ogni tocco debba lasciare una cicatrice, un segno indelebile dell'amore che proviamo l'uno per l'altra. Questa volta è diverso, è come se fosse l'ultima.

Quando siamo privi di qualsiasi forza ci lasciamo cadere sul letto stremati, con ancora le dita intrecciate per tenerci insieme, per tenere insieme i pezzi che restano di noi. Rimaniamo in silenzio a fissare il soffitto sopra di noi, dopo un po' rompo la quiete e parlo senza spostare lo sguardo.

<<Tu credi nell'amore eterno?>> ora sento i suoi occhi su di me, quegli occhi che mi hanno fatto innamorare, quegli occhi che sin dal mio arrivo in Canada sono stati un porto sicuro dove sfogarsi, ridere e vivere; i suoi occhi che insieme al suo sorriso sono la forza che ho per andare avanti <<Intendo dire qualcosa di così profondo e intenso che ti lascia senza parole, senza fiato, senza riserve. Un amore che vince su tutto e tutti>> lui tace e io proseguo <<perché a me tutto questo pare essere eterno>>

<<Ti amo>>

SHAWN'S POV

Siamo in cucina a fare colazione, cappuccino e muffins al cioccolato ormai sono diventati un rito.

Il mio cellulare vibra nella tasca dei miei jeans; è mio padre, rispondo <<papà?>>

"Shawn puoi venire a casa per favore?"

"Certo, arrivo" che strano, sembrava stranamente gentile.

Milla mi guarda con un'espressione incuriosita e io rispondo alla sua domanda muta << Mio padre, mi ha chiesto di raggiungerli>>. Mi avvicino a lei e dopo averle lasciato un bacio sulla guancia morbida esco dalla porta.

Arrivato nel vialetto di casa mia, mamma e papà mi stanno aspettando in macchina e la mamma mi fa cenno di raggiungerli. Appena chiudo lo sportello papà accende il motore e si immette nella carreggiata.

<<Dove stiamo andando?>> chiedo con una nota di panico nella voce, non mi sono mai piaciute le cose improvvisate.

<<A visitare un'università>> risponde semplicemente mia madre.

<<Mi daresti un attimo il tuo telefono?>> chiede mio padre e io glielo porgo; lo vedo armeggiare malamente mentre guida e poi me lo porge, prima che io lo infili distrattamente nella tasca.

Quando arriviamo il sole sta calando ed è già ora di cena; è stato un viaggio lunghissimo e non vedo l'ora di potermi riposare. Mio padre scende dall'auto e scarica velocemente i bagagli rimanendo con il motore acceso.

<<Mamma! Sono una montagna di valige, non ti sembrano troppe per una sosta di un paio di giorni?>> dico ridendo. Sorride di rimando ma ha gli occhi lucidi e uno sguardo affranto, ma che le prende?

Si avvicina e mi abbraccia forte e una volta raggiunto il mio orecchio sussurra <<Mi dispiace tanto figlio mio>>. Poi sale velocemente in macchina e chiusasi lo sportello alle spalle, sfreccia lontano da me.

Guardo il display del telefono - nessuna SIM presente.

È tutto il giorno che Shawn non si fa sentire, ho provato anche a chiamarlo ma scatta la segreteria. Non si sarà accorto di avere il telefono scarico, come al solito. Mi chiamerà domattina.

Shawn non mi ha richiamata, e a scuola non c'era. Strano.

Sono preoccupata, sono due giorni che non vedo e non sento Shawn. Ma che fine avrà fatto?

Basta. Vado a casa sua e vediamo. Prendo la giacca e cammino per otto isolati, fino a quando riconosco la grande villa dei suoi genitori. Suono il campanello e attendo impaziente. Ad aprirmi è suo padre che appena mi vede ghigna divertito <<Ah, guarda chi c'è! Hai aspettato persino due giorni, ma brava!>>

In un attimo unisco tutti i tasselli: la telefonata, la gentilezza ambigua di suo padre e gli occhi mi si riempiono di lacrime, non mi rendo nemmeno conto di urlare <<Cosa gli hai fatto? Cosa gli hai fatto?>> e comincio a prendere a pugni il suo petto, ma lui sembra non sentirli.

Da dietro la porta sento la signora Mendes piangere e singhiozzare disperata <<Ellen! Ellen aiutami, lui dov'è? Ti prego dimmi dov'è>> a quel punto l'uomo che ho davanti urla a sua moglie di stare zitta, mi scansa e mi si rivolge con disprezzo <<Smettila di cercarlo, non è più qui, è lontano. Tu non puoi trovarlo e lui non può più rintracciarti>> butta a terra una scheda telefonica spezzata.

Io mi accascio al suolo, senza più forza, senza più la mia forza.

<<Ah, e vedi di andartene, questa è proprietà privata>> conclude sbattendo il portone.

Non mi resta più niente, non ho più un anima, sono solo un corpo spezzato come la scheda telefonica che stringo tra le dita.

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SPAZIO AUTRICE

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