Capitolo 14

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Sola, riesco a sentirmi solo anche in mezzo ad una stanza piena di persone; confusa, lo sono nonostante io sappia esattamente cosa fare; mi sento ferita, umiliata, derisa, tradita; come se lui avesse preso il sentimento che era nato e lo avesse semplicemente eliminato, come un fiore che sboccia estirpato come erbaccia.

Perché è accaduto tutto questo?

Eravamo felici, lui era dolce, comprensivo, gentile, mi aveva addirittura accennato al fatto di presentarmi ai suoi, e poi l'ho visto lì, per strada, avvinghiato a quella ragazza. Mi ha visto, ha riconosciuto il mio viso, mi ha guardato con sufficienza, ed è rimasto lì con lei, non mi ha seguito, non ha nemmeno tentato di scusarsi.

Perché io probabilmente l'avrei perdonato, sarei passata sopra a tutto quello che avevo visto; avrei lasciato tutto il dolore in quel vicolo, sperando di non riprovarlo mai più, e invece sono settimane che convive con me, che non mi permette di respirare, di vivere.

Ormai le mie giornate si susseguono in casa, tra il letto e il divano. Esco solo per andare a scuola, o per stare un po' con Sara e Chris, gli unici amici con cui riesco a stare.  Durante le lezioni o nel cortile l'ho visto, qualche volta,  ma Shawn non mi ha degnata di uno sguardo, come se non lo meritassi, come se gli ricordassi qualcosa da cui vuole sfuggire.

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Salgo sul treno che mi condurrà all'aeroporto e mi siedo in un posto solitario vicino al finestrino.

Il cielo è grigio, spento, pieno di nuvole.. ma non piove, mi assomiglia un po'. Sono distrutta, ferita, delusa, ma non piango, non lo faccio da quel giorno.

Sto tornando in Italia, dalla mia famiglia. Manca ancora una settimana alle vacanze di natale, ma non riuscivo più a restare lì, in quel posto che mi ricorda tato, troppo quel ragazzo con cui ho toccato il cielo, e che poco dopo mi ha fatto sprofondare, impedendomi di tornare a galla.

Durante il volo mi concentro sul  panorama, e rimango lì, fissa, con gli occhi aperti e lo sguardo spento. All'aeroporto c'è la mia famiglia ad aspettarmi. Poso la valigia e corro verso di loro. Mia madre mi abbraccia stretta e solo allora mi accorgo di quanto mi sia mancata, di quanto mi siano mancati tutti.

"Mi sei mancata bambina mia", Dice tra i singhiozzi.

"Anche tu mamma, non sai quanto."

Mio padre non dice nulla, mi lascia soltanto un leggero bacio sulla fronte , come faceva quand'ero piccola. Poi mi giro e vedo Giovanni e Lorenzo, i miei fratellini. Su skype ci ho parlato spesso, ma adesso mi accorgo di quanto siano cresciuti.

Giovanni, il più grande dei due, ha dieci anni. I suoi capelli si sono allungati. E' l'unico della famiglia ad essere biondo, a volte dubito anche che sia davvero mio fratello, ma poi guardo i suoi gesti, così simili ai miei, e non ho più dubbi.

Lorenzo invece ha sette anni ed è il più coccolato in casa. Si stringe alle mie gambe e mi sorride, ha il sorriso sdentato più bello al mondo. Mi porge un fiore una piccola margherita. "L'ho presa per te in giardino."

"Ma grazie, che gentil uomo che sei!". Gli rispondo scompigliandogli i capelli.

La mia camera è esattamente come l'ho lasciata, mancano la maggior parte dei libri, ne ho portati tantissimi a Toronto, ma non potevo trasferirmi senza gli oggetti a cui tengo di più. Sono cresciuta insieme a loro. Mi hanno fatto piangere, ridere, gioire, innamorare; mi hanno fatto provare emozioni nuove, che altrimenti sarebbero a me sconosciute; sono stati il mio rifugio nei momenti  peggiori, e lo saranno anche questa volta.

Ho deciso che non dirò nulla ai miei del mio stato, non voglio che si preoccupino, non voglio che pensino che mandarmi in Canada sia stato uno sbaglio e soprattutto voglio godermi queste due settimane con loro, per quanto possibile.

Frugo tra i libri rimasti qui e alla fine trovo "Il ritratto di Dorian Grey". Lo apro e mi immergo nella lettura.

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SPAZIO AUTRICE

Ciao! Come state?

Speriamo che la storia vi piaccia, se vi va lasciateci una stellina o commentate. Se avete consigli, suggerimenti o critiche costruttive non esitate a scrivere!

Vi vogliamo bene <3


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