TRENTA

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Mangiarono, brindarono con due dita di champagne e ballarono qualche lento a bordo piscina. Per essere la loro prima uscita mondana era andata decisamene bene.

Tornarono alla villa decisamente sorridenti, dopo essersi concessi ancora una volta ai fotografi mentre aspettavano che il parcheggiatore andasse a riprendere la loro auto dal parcheggio dietro la villa. Per tutto il breve viaggio di ritorno Castle non potè non voltarsi a guardare le lunghe gambe di Kate scoperte sempre di più dal visto che era risalito, accarezzandole in modo molto poco casto. Ripensava agli sguardi di quegli uomini che osservavano sua moglie ai quali lei non aveva fatto caso ma che a lui non erano sfuggiti: lei nella sua semplice bellezza, che niente aveva da invidiare ad attrici e modelle, con quel carico di seducente sensualità fiera che non ostentava, ma era naturale in lei e quella camminata sicura che la faceva ancheggiare appena, senza essere mai volgare, sui tacchi vertiginosi, che slanciavano ancora di più quelle gambe per le quali avrebbero fatto follie anche le top model più quotate. Si sentiva un privilegiato a sapere che quelle gambe erano quelle che si intrecciavano con le sue ogni notte, che circondavano i suoi fianchi quando facevano l'amore, ma si sentì anche tremendamente geloso quando intravide qualche gesto non troppo elegante a commento di sguardi invadenti e sorrisi lascivi da parte di un paio di ragazzi mentre stavano ballando ed in quel momento rivalutò l'usanza del delitto d'onore ed anche quella del burqa. Non glielo avrebbe mai detto.
Parcheggiò davanti all'entrata di casa e una volta dentro ebbero solo modo di chiudere la porta prima di cercarsi di nuovo con mani vogliose. Non fecero in tempo a salire le scale e ad arrivare in camera, a mala pena raggiunsero il salotto disseminando i loro vestiti che andavano a completare l'arredo di quella casa, sparpagliati per terra o casualmente su qualche mobile. Avevano uguale urgenza in quel momento di amarsi ma ancora di più di appartenersi e così si amarono: intensamente e freneticamente, stringendosi fino quasi a farsi male, nella necessità di aversi fino in fondo.

Kate si alzò con ancora i segni della passione appena consumata addosso. Le sembrava di vedere la sua pelle ancora modellata dalle mani e dal corpo di Rick e di sentire le sue labbra umide che le percorrevano la pelle. Invece lui era lì, che la guardava mentre lei velocemente recuperò gli slip, indossò la camicia di Castle, in un gesto che ormai le veniva naturale ed uscì a passo veloce dalla villa, attraversando la veranda.
Rick rimase interdetto. Era stupito e non capiva. Pochi istanti prima era lì, tra le sue braccia e dopo si era allontanata senza nessun motivo. Ripensava agli ultimi momenti trascorsi insieme, se avesse fatto o detto qualcosa di sbagliato, ma no, era stato tutto come sempre, bello e intenso, anzi aveva anche sentito una Kate diversa, più emotivamente coinvolta e quello che gli aveva detto un attimo prima che l'acme del piacere arrivasse a portarla via rimbombava ancora nella mente di lui tanto da fargli male: "Sei solo mio Castle". Non sapeva che era stato proprio questo a spingere Beckett ad allontanarsi prima di cedere, di ammettere quello che non voleva dire, quello che non voleva palesare a se stessa ad alta voce. Pensava di essere una stupida e mentre correva verso il mare gli occhi erano carichi di lacrime di rabbia verso se stessa. Cosa le sarebbe costato, in realtà lasciarsi andare a quei sentimenti che ogni volta erano più prepotenti e che era sempre più difficile trattenere? Ne aveva avuto una prova con quella frase uscita per sbaglio nel momento in cui tutte le sue difese erano abbassate, quando la frase di quella donna al party le era tornata alla mente e con quella l'immagine di lui che stringeva qualcuna che non era lei. E non l'aveva sopportata e glielo aveva detto: era solo suo, però non aveva il coraggio di dire a se stessa e di dire a lui che lo amava, ma non era già quella un'ammissione? Non sarebbe forse stato bellissimo anche per lei riuscire ad essere se stessa, felice, libera di amare quell'uomo che la amava così tanto e del quale non riusciva più a fare a meno? Aveva paura di quel sentimento che in così poco tempo si era impossessato di lei come mai le era successo, che non riusciva a controllare come aveva sempre fatto in ogni sua storia, forse perché, in realtà, non aveva mai amato veramente. Ora era diverso, sentiva un legame con Castle che andava al di là del puro aspetto fisico che era stata solo l'ultima molla che aveva fatto scattare la serratura del suo cuore, che forse però era già aperta, perché altrimenti non sarebbe arrivata tanto in là con lui. Non era sesso, come lui le aveva pregato di dirgli fin da subito ma lei non aveva trovato le parole per spiegare cosa fosse, perché l'unica che poteva spiegarlo non la voleva usare: amore.
Kate aveva paura, una paura irrazionale che non riusciva a controllare, la paura che tutto svanisse, la paura che la attanagliava in continuazione e non le permetteva di vivere liberamente. Quella paura che la faceva mentire, agli altri e a se stessa, che si illudeva la tenesse al sicuro anche al prezzo di ferire chi gli stava intorno e se stessa. Cosa le sarebbe costato si ripeteva e si rispondeva da sola: tutto.
Non era solo il suo amore a farle paura, era anche quello di Castle, che era sempre stato così totale e sincero. Quell'amore che di solito descrivono nei libri e nelle canzoni, che si vedono nei film, che aveva sempre pensato non esistere e se mai fosse esistito non avrebbe di certo toccati a lei, che non sarebbe mai stata l'oggetto di qualcosa così, non lo avrebbe permesso a nessuno di innamorarsi di lei a tal punto, nè lo avrebbe fatto lei stessa. Illusa ed ingenua. Come si poteva sopravvivere se si perdeva qualcosa del genere? A cosa ci si aggrappava? Poteva essere stata tanto fragile da lasciarsi andare fino a questo punto, a chiedersi cosa ne sarebbe stato di lei se non avesse avuto più qualcuno a cui affidarsi, lei che per anni aveva solo pensato a costruire un muro dietro il quale ripararsi per non soffrire più?
Si stringeva nella camicia di Castle, respirando nel colletto largo il suo profumo dove era più intenso e si illudeva di essere nel suo abbraccio, ma le mancava il calore. Più si allontanava da lui, più la sua mente lo cercava, più gli era vicino più gli diceva di allontanarsi per non farsi del male. Non aveva messo in conto l'amore. O meglio, non aveva messo in conto che l'amore potesse essere una cosa così e che potesse essere altrettanto grande la paura di perdere tutto, che tutto svanisse, come i suoi ricordi, con i suoi ricordi, o per colpa dei suoi ricordi se fossero ritornati. Dovunque guardava non vedeva via d'uscita, era in un labirinto sigillato ed ogni strada era sbagliata. Voleva essere se stessa e non sapeva più chi era, non sapeva cosa fosse meglio fare, non sapeva andare avanti o tornare indietro ed anche stare ferma le sembrava sbagliato.

Always, AgainWhere stories live. Discover now