DUE

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Era tornato la mattina dopo e quella dopo ancora, sempre con i suoi fiori e due caffè. Le aveva come sempre parlato per ore ed ore. "Le racconta tante storie, certo lei è uno scrittore" gli aveva detto un giorno un'infermiera mentre cambiava la flebo di Kate. Lui le sorrise solamente, gentile come sempre cercava di essere anche con chi si intrufolava nella loro vita senza saperne nulla: quelle non erano storie, era la loro storia. Era una differenza enorme, possibile che non lo capivano?
Poi un giorno, all'improvviso la mano di Kate si mosse, impercettibilmente, ma bastò per destare Castle che la guardava ancora più insistentemente. Continuava a tenere la sua mano su una delle sue, mentre con l'altra le accarezzava il volto e i capelli sussurrandole quanto l'amava e che la rivoleva con lui. Per sempre.
Dopo alcuni minuti in cui le strette alla sua mano erano sempre più frequenti e questo alimentava speranza nel suo cuore, le palpebre di Kate si aprirono e lui nel rivedere quegli occhi che amava tanto non riuscì a trattenere una lacrima. Aveva temuto di non vederli più, ora se lo poteva confessare, aveva avuto una fottuta paura di non potersi più perdere negli occhi di lei e di non vedere più vedere quegli occhi verdi screziati d'oro perdersi nei suoi.
Non riuscì a dirle molto, gli uscì solo uno strozzato "Ehy!" accompagnato da un sorriso che raccontava inequivocabilmente la sua gioia.
Le si voltò a guardarlo per un po', studiandolo, nei suoi occhi c'erano solo perplessità e turbamento.
- Castle? - sussurrò e lui sorrise ancora - Richard Castle? Cosa ci fa lei qui?

Castle la guardò con gli occhi carichi di amore ed un sorriso che non riusciva a cancellarsi dal volto. La sua mente non aveva ancora processato bene quello che gli aveva appena detto, era troppo perso nel sentire la sua voce, sebbene così flebile, per capire anche quello che le stava dicendo. Gli pareva, anzi, secondario qualsiasi cosa gli stesse dicendo davanti al fatto che era sveglia e le parlava.
Kate lo fissava, stupita. Richard Castle era lì, vicino a lei, le teneva una mano e la guardava come se fosse la cosa più preziosa del mondo e non capiva perché.

- Signor Castle, perché lei è qui? - gli chiese ancora Kate
- Perché il mio posto è sempre vicino a lei, signora Castle. - avvicinò la mano alla sua bocca lasciando un leggero bacio sul dorso.
Kate avrebbe voluto ritrarsi ma era troppo confusa e debole per farlo. Quell'uomo la guardava con tale amore che si sentiva confusa. Se era uno scherzo era di pessimo gusto. Nessuno sapeva che era il suo scrittore preferito, perché dovevano averle organizzato tutta questa messinscena e perché lui doveva prestarsi a tanto per lei? Avrebbe voluto fargli tante domande mentre lui le accarezzava dolcemente la mano, ma entrarono nella stanza un nutrito numero di medici ed infermieri, tutti per controllare il suo stato di salute.
Rick ed il suo sorriso furono fatti uscire mentre lei veniva visitata. Come prima cosa chiamò Jim Beckett ma era ancora talmente sopraffatto che non riuscì a dire di più che Kate - Sveglia - Sta Bene. L'uomo dall'altra parte del telefono non fu di molte parole, ma quei secondi di silenzio al telefono racchiudevano tutto quello che provavano. Disse solo Arrivo subito, prima di attaccare. Con le mani tremanti Rick fece la stessa cosa chiamando Alexis e il distretto per avvisare Ryan ed Esposito. Avrebbero avvisato loro Lanie e la Gates che dopo il ferimento di Beckett e Castle si era occupata personalmente di coordinare le indagini e di ricoprire il ruolo vacante di Kate, contrariamente a tutte le consuetudine e i protocolli.

Quando il dottor White, il medico che aveva seguito Kate durante tutta la degenza, uscì dalla stanza di sua moglie si diresse verso Castle con un'espressione troppo seria sul volto secondo quelli che erano i canoni di Rick. Kate si era appena risvegliata dal coma, parlava, stava bene, perché così seri? Dovevano sorridere, come lui! Però man mano che il dottore si avvicinava l'angolo del sorriso di Castle diminuiva. Si alzò dalla sedia nella quale si era appoggiato, non riusciva a stare ancora molto in piedi, e aspettò le parole del dottore. Come prima cosa lo tranquillizzò, Kate fisicamente stava bene. Rispondeva a tutti gli stimoli, non aveva problemi a muovere gli arti nonostante fosse stata molto tempo ferma a letto e non aveva problemi a parlare ed anche tutto il resto era ok. Ma. A quel ma il cuore di Castle raggiunse pulsazioni mai arrivate. Voleva sapere cosa c'era dopo quel ma e allo stesso tempo non voleva sentire. Temeva che ci fosse stato altro che non gli avevano detto, che quella che sua moglie era sveglia, viva, con lui, fosse solo un'illusione momentanea e che gliela avrebbero strappata via di nuovo. Quei pochi istanti tra il ma ed il resto del discorso la fervida fantasia dello scrittore prese il sopravvento esplorando in un attimo tutti gli scenari peggiori possibili. Tutti tranne quello che il dottor White gli avrebbe da lì ad un istante raccontato: Kate aveva perso la memoria, non del tutto, sapeva chi era, cosa faceva nella vita, dove lavorava. Aveva solo, così aveva detto il dottore, perso la memoria di un lasso specifico di tempo. Gli ultimi 8 anni.
Solo gli ultimi 8 anni aveva detto il dottor White.
Castle mosse la mano a tastoni a cercare la sedia per sedersi di nuovo mentre il dottore gli spiegava come di lì a poco l'avrebbero sottoposta a tutti gli esami del caso ed avrebbero consultato neurologo della struttura per visitarla. Non riuscì a dire nulla, solo a chiedergli quanto sarebbe durata questa situazione.
- Non possiamo dirlo, potrebbe essere temporanea e durare da poche ore a mesi o anni o, in casi più gravi, definitiva.

Always, AgainWhere stories live. Discover now