Capitolo 2 : Casa

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Amo l'odore di casa. Sembrerà sciocco, ma l'aria che respiravo in quell'ambiente era completamente diversa da quella che mi ero lasciata alle spalle, confinata dietro ai quei freddi cancelli. Un soldato si avvicinò mostrando i suoi dritti e perfetti denti bianchi in un sorriso.

-Cazzo, bentornata! Ancora non riesco a crederci. Ti davano tutti per spacciata sai? – continuava a parlare gesticolando e scrutandomi, quasi fossi un miraggio. – Ma come diavolo hai fatto? E gli altri?

A quella domanda abbassai lo sguardo, non contraccambiai le labbra spalancate.

-Ah, capisco.. ne parleremo dopo. Intanto seguimi, saranno tutti felici di rivederti.

Cercò di contenersi, ma ogni suo fottuto poro emanava gioia. Era bello, era bello essere di nuovo là, e Martinez non mi era mai sembrato così importante. Eppure, averlo di fronte a me che camminava tranquillo, con un mitra poggiato sulla spalla destra, mi faceva sentire bene. I cittadini corsero ad abbracciarmi, chi mi dava il benvenuto, chi mi accarezzava le guance, chi mi dava la spesa appena fatta e chi, in lontananza, comprendendo il terribile destino toccato ai propri cari, piangeva in silenzio. Incredulità, questo si leggeva dai loro volti. E lo capivo bene, dopotutto anch'io ero incredula. Ce l'avevo fatta.

-E lasciatela stare, suvvia! Finirete coll'ucciderla voi, diamine. Non l'hanno uccisa quegli stronzi e volete farlo voi? Sarebbe ironico! – disse scoppiando in una fragorosa risata.

-Non fateci caso, io vi ringrazio.

Martinez spinse comunque lontano la folla, affermando che mi stavano togliendo il respiro.

-Contenetevi, tanto organizzeremo sicuramente una festa per stasera. Lì sarà tutta vostra.

Allora si calmarono e mi salutarono raggianti, mormorando fra loro della festa. Martinez mi strattonò, con i suoi soliti metodi burberi. – Da questa parte, prima andiamo nell'ufficio del cervellone.

Mi lasciai tirare . La sua mano sul mio avambraccio mi ricordava che era tutto vero. Spalancò la porta con un calcio, facendo sussultare l'uomo che sedeva alla propria scrivania.

-Milton, afferra quei maledetti occhiali e guarda chi è tornata!

Egli si voltò velocemente, portando le asticelle alle orecchie. I suoi piccoli occhi si illuminarono. Scattò in piedi lasciando cadere la sedia e borbottò qualcosa, cercando di ricomporsi.

-Kendra, io.. io sono davvero felice di rivederti, avrai un sacco di cose da raccontare. Sto giusto raccogliendo varie informazioni ehm, sulle storie altrui e..- disse indicando un quadernino sul tavolo accanto. - .. ora non voglio importunarti, ehm.. ne parliamo poi, ok?

-Troppo gioioso Milton, davvero! – affermò ironicamente Martinez.

Milton si aggiustò gli occhiali, portando l'indice sul ponte.

-M-ma veramente sono felice, solo che mh, magari..-

Decisi di interromperlo, Martinez si divertiva sempre a metterlo in difficoltà. Non era davvero cambiato niente. Mi sembrava impossibile.

-Tranquillo Milton, sono felice anch'io di vederti. Sarò lieta di raccontarti tutto. – ma mentii, avrei preferito dimenticare certi avvenimenti.

-Oh bene, anzi benissimo. Ehm, finisco una cosa e vi raggiungo, andrete da Philip immagino.

-Sì, ora la porto dal capo, dovrebbe essere in casa. A dopo scienziato!

Milton sorrise amaramente e si sedette di nuovo, facendomi un cenno con la testa. Mi era mancato quel buffo uomo, incapace di mostrare le emozioni, sembrando sempre in imbarazzo o in difficoltà. Martinez mi fece spallucce e tornammo in strada. Il cielo si era colorato di un'arancione pesca. Perché era tutto così dannatamente perfetto? Mai visto un tramonto così meraviglioso quando ero là fuori. Tutto acquistava un'altra luce.

Una nuova vita || The Walking DeadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora