Ultimi giorni- Parte 3

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Marcus me lo porge e dice: << L'idea è di Cat. Ieri sera parlavamo del fatto che non ho avuto la possibilità di conoscerti bene, del fatto che non so quasi niente della tua infanzia. Ho pensato che puoi scrivere tutte le cose che vuoi raccontarmi qui, così potrò leggerle e rileggerle e sapere tutto di te. Non sei obbligata a farlo, è solo un'idea. >>

Prendo il taqquino tra le mani e, senza farmene accorgere, respiro profondamente. Non so a quanto serva, quando sarò morta Lilia farà in modo che non si ricordi più di me. Però voglio farlo.

<< Lo farò. >> dico cercando di sorridergli.

Ci scambiamo un lieve sorriso e mi incammino verso la stanza d'atterraggio.

Mentre cammino guardo il taqquino che mi ha dato Marcus. Sono sicura al cento per cento che il mio nome lo ha ricamato Ariel, nessuno sarebbe in grado di ricamare come fa lei.

Appena arrivo nella stanza d'atterraggio mi rendo conto che non so dove andare. Sulla terra non ho più nessuno: mia madre è morta, Lilia adesso vive qui e nella casetta in montagna adesso ci vive Alec. Dove dovrei andare? Sbuffo e decido che andrò nel primo posto che mi viene in mente.

Attraverso il portale e vengo investita da una brezza estiva piacevole. Respiro profondamente l'aria pulita e mi fermo un attimo nel cielo sulla città. Avere così poco tempo per assaporare ogni singola cosa che mi sta attorno è massacrante.

Mi rendo conto che la cosa che più mi affligge non è la morte imminente, ma il fatto che non sono più io. Tutta questa vita mi ha cambiata, io non ero così. Adesso ho sempre la sensazione di essere una macchina da guerra, pronta ad attaccare. Tutto quello che devo affrontare è... massacrante per me. Questa settimana sarà orribile perchè una piccola parte della "vera me" muore in ogni singolo minuto che passa. In questo momento, mentre sto guardando l'azzurro del cielo, una piccola parte di me è morta senza che me ne renda conto e non potrò averla più indietro.

Quando morirò io non sarò più me stessa. È una cosa orribile.

Mi metto in volo senza destinazione e dopo un po' mi ritrovo nelle vicinanze del vecchio centro commerciale oramai vuoto. È l'unico posto dove posso andare a rifugiarmi per questa giornata orribile.

Atterro sul tetto e mi guardo intorno. Ci sono in giro alcuni scatoloni vuoti che abbiamo lasciato qui quando lo abbiamo svaligiato, ma per il resto è tutto uguale.

Apro l'entrata e scendo le scale a chiocciola. Adesso il magazzino è completamente vuoto. Sembra molto più grande e diverso. Scendo le scale e mi ritrovo nel piano dei negozi di scarpe, o almeno lo era. Adesso ci sono solo stanze vuote, banconi vuoti. Tutto vuoto.

E così anche nei piani inferiori. Rimangono i manichini spogli, le librerie vuote. Adesso questo posto sembra senza vita. Infondo è questa la realtà, si è vivi solo quando c'è qualcosa ancora dentro di te. Ma quando tutto questo sparisce? Quando tutta la sofferenza si trasforma nel nulla? Ti puoi definire ancora viva?

Arrivo al primo piano. Mentre la tabaccheria è vuota, il bar è rimasto lo stesso. Le sedie rosse sui tavolini, i vecchi bicchieri sul bancone impolverati, la vecchia macchina del gelato dietro al bancone, una macchinetta per prendere i peluche vicino a dei tavolini.

Capovolgo una sedia da un tavolino e mi siedo. Apro il taqquino alla prima pagina e prendo una penna dalla mia borsetta. Sono giorni ormai che vado in giro con un quadernetto e una penna blu nella borsetta, non si sa mai mi venisse voglia di scrivere, ma non ho scritto una parola. Adesso devo farlo, devo scrivere qualcosa per Marcus, glielo devo.

Appoggio la penna sul foglio e inizio a scrivere.

"Mia madre mi ha parlato degli angeli nel giorno del mio decimo compleanno. Mi ha spiegato che sono nata con la cicatrice sulla mano perchè a diciotto anni mi sarei trasformata in un essere bellissimo. Io all'inizio non ci credevo, credevo che mia madre fosse uscita di testa. Non so quando ho capito che quello che mi aveva raccontato era la verità, forse quando l'ho sorpresa piangere davanti la foto di mio fratello o forse... non lo so. So solo che, il giorno del mio compleanno, avevo la certezza che mi sarei trasformata.

Può sembrare strano, ma sono felice di essermi trasformata. Ho conosciuto persone stupende, mi sono innamorata per la prima (ed ultima) volta.

Quindi, Marcus, adesso ti racconto la mia vita prima della trasformazione. Ti racconto la parte della mia vita che non prevedeva la morte imminente."

Ho iniziato a scrivere senza sosta. I ricordi mi venivano in mente a mano a mano che scrivevo. Mentre scrivevo il racconto di quando ho morso il dentista sono scoppiata a ridere.

Quando ho scritto l'ultimo racconto mancavano a mala pena dieci pagine per finire il taqquino. Non credo di aver mai scritto a penna così tanto e tutto in una volta. E la cosa straordinaria è che la mano non mi fa nemmeno male! È incredibile come ancora mi stupisco per la mia capacità di non stancarmi.

Chiudo il taqquino e prendo il cellulare dalla borsetta. Rimango stupita quando mi rendo conto che sono le tre del pomeriggio. Ruben, Marcus e Jago mi hanno inviato dei messaggi. Devo averli fatti preoccupare. Digito il numero di Ruben e aspetto che risponda.

Dopo qualche squillo risponde e dice: << Aria, ma dove sei finita? >>

Sembra preoccupato.

<< Io sto bene. È successo qualcosa? >>

<< No. >> risponde << Mi ero preoccupato per te. Ho paura che tu faccia una sciocchezza. Dove sei? Voglio raggiungerti così ti porto il pranzo. >>

Ci penso un attimo e poi dico: << Okay. Sono al vecchio centro commerciale, al bar. Ti aspetto. >>

<< Sto arrivando. >>

Chiudo la chiamata e sprofondo nella sedia. Scrivere tutti i ricordi belli e brutti mi ha un po' rattristato, ma mi ha fatto capire anche che infondo sono sempre la stessa ragazza che quando era piccola aveva la brutta abitudine di mordicchiarsi le unghie. Sono un po' diversa, ma sono sempre io.


La ragazza alataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora