Capitolo XXXVII La Grande Battaglia

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Pov Bri

Quando ero bambina, prima che iniziasse l'incubo, o meglio prima che peggiorasse, mi ricordo che ogni sera mi veniva raccontata sempre la stessa storia. 
Nonostante fossi ancora troppo piccola per capire cosa volesse davvero dire, mi ricordo che era il mio momento preferito della giornata, forse perché l'unico che assomigliasse in qualche modo ad un'infanzia. 
In realtà, anche quello era parte dell'addestramento. 
Si trattava del manifesto della Società, della loro visione, di quello che sarebbe potuto essere. 
Ed era un racconto tetro e lugubre. Ma comunque meno della mia vita di tutti i giorni. 
La storia parlava del momento in cui i Maghi si sarebbero ripresi quello che per diritto gli spettava. Il momento in cui si sarebbero imposti come capi del mondo, sottomettendo le altre specie e regnando incontrastati. 

Un cavaliere dal sangue puro avrebbe affrontato e sconfitto i suoi nemici, accompagnato da un esercito di ombre. 
E per assemblare il suo esercito, avrebbe dovuto aprire la Grotta del Ritorno, una cavità nascosta all'interno di una Foresta. 

All'epoca, pensavo fosse una favola. Più tardi avevo capito si trattasse di qualcosa di più, ma ero ancora convinta che si trattasse di una metafora. 

In quel momento, invece, mentre sentivo il crepitio delle foglie sotto i miei piedi e il terriccio leggermente molle cedere sotto le mie scarpe, mi resi conto che quel luogo di angoscia e terrore era sempre esistito. Ed era più vicino di quanto avessi mai creduto: nella Foresta Proibita. 

Adesso, non perché io mi sentissi la migliore del mondo, e sappiamo tutti che lo sono, ma quando quei quattro fondatori avevano scelto di costruire la scuola in quel posto, esattamente sotto l'influsso di quali sostanze stupefacenti erano? Possibile che avessero optato per il posto più sfigato e pericoloso del pianeta Terra?

-Quanto manca ancora?- chiesi cercando di mascherare l'ansia con la noia. Kàtia non si voltò neanche a guardarmi. Aveva un'espressione febbrile disegnata sul volto e lo sguardo proiettato in avanti sul sentiero, come se potesse già vedere la gloria, la vittoria, la Società riconoscere gli allori del massimo stato. 

-La fine è vicina-

Guardai intorno a me i miei compagni di cammino. 

Bonnie e Scorpius camminavano come automi, tenendo le armi strette in pugno. Non era buono. 
Daniel, invece, sembrava terrorizzato ed era palese che, potendo scegliere, quello sarebbe stato l'ultimo posto dove avrebbe voluto essere. Lo vidi fissare Scoprius, come se fosse sul punto di chiamarlo e immediatamente attirai la sua attenzione e scossi la testa. 

Era troppo tardi. Non potevamo fare niente per raggiungerlo. Con la caduta dell'ultimo sigillo, Scorpius era andato. Al suo posto, il cavaliere che era stato promesso. Senza anima, senza volontà, senza sentimenti. E se Daniel avesse cercato di distoglierlo dalla sua missione avrebbe solamente ottenuto di morire. Il che, considerato l'ingente numero di stronzate che aveva fatto in quell'anno poteva anche essere una giusta punizione, ma in quel momento era l'unica persona con una parvenza di normalità intorno a me e ne avevo bisogno. 
Discretamente mi avvicinai a lui e parlai con voce bassissima. 
-Al momento giusto. Aspetta il mio segnale-
Lui annuì, chiaramente non fidandosi della sua stessa voce. 

Una volta raggiunta la Grotta, Kàtia ci sistemò in circolo davanti all'ampia lastra di pietra. Tirando fuori la bacchetta, iniziò a mormorare formule e incantesimi. La nebbia sembrò farsi più fitta, l'aria più densa e fredda. 

-È il tuo momento Scorpius- 

Non appena pronunciò quella frase, il biondo Serpeverde si spostò al certo del circolo. Lo guardai, cercando di non far trapelare l'ansia. Sollevò la spada in aria e, con un colpo secco la piantò nel terreno mentre la voce di Kàtia risuonava sempre più forte, continuando a ripetere la stessa malinconica litania. 

A piccoli passi verso il destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora