20 - Unico

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Sono sempre stata in disparte, ma a volte il destino ha bisogno una piccola spinta, se le anime lo mettono in difficoltà

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Sono sempre stata in disparte, ma a volte il destino ha bisogno una piccola spinta, se le anime lo mettono in difficoltà.

- M


Adam sta entrando in casa con le chiavi di riserva. Dalila ha parlato con lui.

Abbiamo troppo di cui discutere, troppi giorni in cui abbiamo evitato di farlo. Troppi giorni in cui lo supplico di parlarmi. Di dirmi come... poter parlare con Damian, adesso che sembra avermi cancellata dalla sua esistenza.

«Ehi» mi saluta, le mani che strofinano i jeans. Si toglie la giacca e la posa sulla poltrona, per poi sedersi di fronte a me, sulla poltrona di Damian.

Guardarlo negli occhi è un colpo al cuore.

Lo sguardo è diverso, ma le iridi sono le stesse.

Unisce le mani davanti a sé; è a disagio, così come lo sono io.

Apro bocca, perché la prima cosa che voglio fare è scusarmi. La discussione che hanno avuto è solo colpa mia.

Ma è lui a parlare per primo.

«Quando mi guardi vedi lui, vero?» il tono è serio. I suoi occhi richiedono una risposta cruda, immediata.

Ma non c'è bisogno che io risponda, legge la risposta nei miei occhi.

Butta fuori dalle labbra un profondo respiro, e guarda i suoi piedi.

«È per questo che mi hai permesso di baciarti, sabato.» Non è una domanda. «È perché volevi lui.»

Quella sera è stata un incubo.

La voce di Damian, dalla prima volta che ha colpito la mia pelle, mi ha fatta sentire al sicuro. Quando ha smesso di darmi l'unica cosa che avevo di lui, mi sono sentita privata di uno scudo di cui non sapevo di aver mai sentito l'esigenza.

Sabato sera ero confusa, mi sembrava di impazzire. La mia mente era costantemente su di lui, su Damian Heal. Ma senza che me ne accorgessi ho trovato le sue iridi nel fratello sbagliato. Ho lasciato che il bisogno di lui si trasponesse su Adam.

Mi sono trasformata nella ragazzina che Damian ha sempre definito troppo giovane.

Ma mi è bastato un istante per discostarmi, per insultarmi. Per sentirmi in colpa.

«Lui se n'è andato», deglutisco.

Adam solleva la testa lentamente. «Lo so.»

«Se n'è andato quella notte» che fa male soltanto ad essere nominata.

Solleva lo sguardo al soffitto.

«Mi dispiace per...» provo a dire, «non avrei dovuto farlo.»

Il suo volto è così diverso dal solito. E una morsa al petto mi fa sentire ancora peggio ora che so che la discussione con Damian lo ha ridotto così. Non c'è traccia di serenità. «A me dispiace che ti dispiaccia di averlo fatto». Prende un profondo respiro, che mozza il mio.

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