12 - Controllo

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Pazienta, bambina. Dovrai comprendere molte cose prima di ritrovarti in un nuovo mondo.

-M.


L'ho immaginato tante volte questo momento.

Potrei aver scritto un diario mentale di tutti i primi incontri che avremmo potuto avere.

Nessuno di questi contemplava però il mio arrivo a casa e Damian Heal seduto sulla poltrona del living, serio, impostato, con la punta delle dita a reggere un bicchiere di vetro, uno di quelli del servizio che avevo temporaneamente reso dispari.

Osservo il suo petto, oltre la camicia bianca, alzarsi e sollevarsi lentamente.

Sento il mio battito rimbombare da una parte all'altra della testa. Ma sono i suoi occhi a richiamare i miei, come incantatori di serpenti.

Il verde delle sue iridi si spande davanti a me, come un bagliore luminoso solcato da marmoree venature nere e dorate che mi intrappolano.

Schiudo le labbra e mi ritrovo immediatamente priva di voce, sospiri, ossigeno.

Tutte le parole che ci siamo scambiati al telefono, per settimane, sembrano improvvisamente incapaci di riprendere vita di fronte a quello sguardo. A quegli occhi che mi hanno rapita, ma che non pronunciano alcuna parola. Così come la sua bocca. Il pomo d'Adamo si alza e si abbassa, perfetto.

Le sue labbra, che si umidificano leggermente all'incontro dei suoi occhi con le mie, rimangono ferme. Come il tempo.

«Ehi, Vi!»

Una mano scivola intorno al mio bacino.

I miei occhi rimangono fissi sull'uomo di fronte a me, che abbassa lo sguardo sul bicchiere prima di portarselo di nuovo alla bocca, pronta ad accogliere un altro sorso, pieno e lento.

Potrei giurare di sentirmi come l'acqua che scivola lentamente nella sua gola.

«Scusami per stamattina, ma ero di fretta. Dovevo andare a prendere mio fratello all'aeroporto, anche se il volo alla fine era in ritardo e siamo arrivati solo mezz'ora fa.» Le labbra di Adam depositano un bacio sulla mia guancia, ma il mio corpo rimane immobile, come se fossi diventata una statua di sale di fronte all'indifferenza dell'uomo che, invece, sta posando il bicchiere sul tavolino, per poi alzarsi.

È alto. Dio se è alto.

È alto come un dio.

Un dio che mi volta le spalle.

Qualcosa, nel mio petto, si spezza.

Non so perché.

«Tutto bene?» Ora Adam è davanti a me. Il verde è lo stesso. Tutto è diverso. «Sembri infreddolita», sorride.

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