3 - Destino

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È tutta una bugia, e tu lo sai bene.
Qualcuno scalfirà la perfezione in cui ti sei rifugiato.


- M.

Quante possibilità c'erano che si chiamasse proprio Violet?

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Quante possibilità c'erano che si chiamasse proprio Violet?

Una su duemila? Una su tremila, forse?

«Non è la tua Violet», mi aveva detto Adam, prima di imbarcarmi.

«Lo so» gli avevo risposto mentre tiravo fuori dalla giacca il passaporto.

Lo so che non è lei, ma non ho mai odiato un nome così tanto

Un nome che mi ha portato a una condanna personale che fa più male di qualsiasi pena che un giudice possa mai esprimere.

Violet è un nome, un ricordo, un errore a cui non c'è rimedio, un buco nero nella perfezione che cerco di costruirmi intorno.

Apro la porta della mia camera al Mandarin Hotel e ritrovo le mie valigie già al piano. Due ore fa avevo fatto il check-in e si sono premurati di portare nella mia stanza i bagagli, mentre io sono andato a cena con il dottor Mèron, che, a quanto pare, aveva davvero urgenza di vedermi. Domani dovrò raggiungere l'ospedale di prima mattina, e ho un disperato bisogno di dormire.

Il caso di studio che mi aspetta ha bisogno di tutta la mia attenzione. Non sono ammesse distrazioni.

Di nessun tipo. Zero.

Prima, però, mi sbrigo a sfilarmi i vestiti che ho addosso, un pantalone scuro aderente e una camicia bianca il cui colletto inizia a soffocarmi. Li sistemo su una delle poltrone della Junior Suite e mi butto sotto la doccia.

Lascio che il soffione a cascata, nero opaco, mi travolga con la sua pioggia calda. Osservo le piccole molecole d'acqua prendere possesso della mia pelle, bagnarla e sollevarla dalla stanchezza.

I miei muscoli si rilassano, e così anche la mia mente, che per un momento soltanto sembra libera dalle mie piccole ossessioni.

Dopo cinque minuti, mi avvolgo un asciugamano bianco al bacino e raggiungo lo specchio più vicino. Lascio che il vapore assorba il mio respiro e il nervosismo delle mie iridi verdi ed esauste. 

Passo una mano sul vetro.

I serpenti sono calmi, per adesso. Ma so che troveranno presto qualcosa a cui aggrapparsi.

Per me il concetto di "casa" è ancora sconosciuto, devo ancora abituarmi a cosa significhi averne una, una vera, una che sia mia, che sia sicura.

Ho passato l'infanzia a vivere in una baracca di amianto, un posto destinato ai miserabili, ai senza futuro, in una zona di campagna sperduta della Scozia. Poi è arrivato Adam, e anche a lui è toccata la stessa sorte. Un destino che ci avrebbe portato al vagabondaggio o alla morte.

BLINDWhere stories live. Discover now