Affetto fraterno

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Dopo l'uscita di scena dei due truffatori, il segretario di stato garantì a Mycroft, che avrebbe messo al corrente la regina stessa dell'accaduto.
Questo decretava di fatto, il blocco sulle transazioni per un periodo di lutto che, Queen Vittoria voleva fosse rispettato in ricordo del marito Albert.

In realtà la Corona, aveva bisogno di rivalutare gli accordi con le colonie che diventavano sempre più difficili da gestire. Erano molte le interferenze come quelle che avevano coinvolto Holmes che cercava di essere il più imparziale possibile.

Per chiudere i concordati, chiese al fratello di aspettarlo, sistemando di buona lena, le disposizioni di sir Roscoe.

Sherlock, si era zittito e, per quanto gli apparisse strano, era rimasto seduto in attesa.
Le gambe allungate a riposare i piedi avvolti nelle babbucce. Si era interessato al giornale, come fosse una lettura importante.

Di tanto in tanto lo osservava senza dire nulla, il che presto lo innervosì.

Non riusciva a capire il motivo del suo comportamento e della sua tendenza a oziare. Visto che l'ora era diventata tarda, sbuffò e gli chiese.

"Vuoi pranzare prima di tornare a Pall Mall?"

"Perché no?" Gettò lo Strand Magazine sul divano, battendo le mani sulle ginocchia. "Conosco un posto non troppo lontano dove si mangia bene." Sorrise sistemandosi le maniche della giacca.

Mycroft sollevò le sopracciglia.

C'era qualcosa che lo disturbava nel suo comportamento, si ostinava a fare tutto quello che gli proponeva. Sospirò pensando che volesse recuperare il tempo che aveva passato segregato al faro.

Poco dopo, lasciarono Buckingham Palace con Sherlock che si appoggiava al bastone zoppicando con lentezza. Si chiese perché non volesse tornare a casa per riposare.

"I tuoi piedi reclamano pace, vuoi rientrare a Pall Mall?" lo esortò dubbioso.

Lo guardò, stringendo il bastone che lo sosteneva. "No, Myc, sto bene! In realtà ho voglia di passare del tempo con te."

Quella risposta lo stupì, tanto che non riuscì a dire nulla, annuì abbassando la testa per il calore che gli era salito in volto.

Senza indagare oltre, chiamò la carrozza che li portò due isolati oltre.

Entrarono in un elegante pub affollato e trovarono un angolo tranquillo vicino alla finestra.

Era passata un'eternità dall'ultima volta che avevano trascorso del tempo insieme e si sentì felice di averlo vicino.

Sherlock, come sempre, lo aveva intuito e dedotto. Ridacchiò e affermò severo.

"Non ti ci abituare, lo sai che spesso i nostri impegni ci portano lontano."

Mycroft annuì. "Lo so e me ne dispiaccio. Ci siamo persi senza capire bene il perché."

Il giovane si agitò sulla sedia. "Le nostre vite erano cambiate! Tu avevi Emma e io il mio nuovo lavoro."

Il maggiore si liberò del cappello e del cappotto, prese anche quello del fratello e lo appese dietro alle sedie, rispose rimproverandolo.

"Saperti in pericolo per la tua scelta di investigatore mi faceva penare."

"In realtà, Mycie, chi ha rischiato la vita sei stato tu!" brontolò strofinandosi il mento.

"Vero, purtroppo, ma le cose cambieranno. Ora con sir Roscoe, sistemeremo i termini per i contratti."

"Lo spero, non voglio essere rapito un'altra volta!" sogghignò seccato, ""è pur vero che, la ragione di tutto questo, è stata causata da quel disgraziato che continui a definire fratellastro!"

Le strade di Londra_ La scomparsa di SherlockWhere stories live. Discover now