Fratello mio

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In quella notte buia, il Tamigi sembrava più oscuro del solito. L'aria puzzava di pesce e di acqua stagnante. Il faro, era in quella parte dove il fiume si allargava, indicando la strada alle chiatte che risalivano la corrente.

Il porticciolo apparve in lontananza, scorsero il pescatore che li aspettava con la piccola barca.

Scesero dalla carrozza silenziosi, Mycroft aveva uno zaino con degli attrezzi, fece un cenno a Samuel di aspettarli in un posto appartato. John, lo seguiva a breve distanza, portava una sacca a tracolla, che sostituiva la sua borsa medica. Abraham, taciturno, chiudeva la fila. 

Si incamminarono avvolti dall' umidità densa che saliva dal fiume.

"Dobbiamo salire sulla chiatta tutti e tre, ma arrivati al faro, tu Ab ci aspetterai, io e Watson, saliremo dalla parte esterna del magazzino." 

Holmes si rivolse al più impaziente di loro.

"Dottore, lei è pronto?" in risposta ricevette un grugnito. "certo che lo sono! E se c'è da menar le mani non mi sottrarrò."

Holmes ridacchiò. "Speriamo di no, visto che pochi giorni fa, le ha prese."

Il medico brontolò. "Avrei voluto vedere lei con tre persone intorno."

"Basta voi due!" sibilò il maggiordomo, "risparmiate il fiato per la notte! Sembrate due ragazzini, altro che persone mature."

Li guardò con la saggezza della sua età, loro soffocarono una risata e allentarono la tensione.

L'attracco di barche sembrava abbandonato. Holmes rabbrividì nonostante i vestiti pesanti. Il pescatore li aspettava con la chiatta ancorata, era larga quanto bastava per portarli tutti.

L'uomo liberò l'ormeggio e mentre si calava il cappello a scacchi, li avvertì.

 "State attenti, il fiume è torbido stanotte." Si sporse per aiutarli.

Salirono uno alla volta, cercando di non farla rollare. Mycroft e Abraham presero i remi e iniziarono a risalire la riva.

Il giovane scandiva i colpi della voga, per trovare l'intesa con Ab. Percorsero, di buona lena, le acque vorticose del fiume che si increspava al muoversi della barca. 

Non ci volle molto a raggiungere il vecchio faro, che emanava una luce indebolita dall'uso e dal tempo.

"Ci siamo." mormorò Watson che era di vedetta. Lanciò la fune per attraccare in un piccolo pontile di legno. L'edificio scuro, si ergeva sopra un poggio più alto, c'erano alcuni gradini che portavano sulla sommità del muro esterno. 

Holmes accarezzò il braccio del vecchio amico.

"Tocca a noi adesso. Abraham, sai cosa devi fare. Lasciaci il tempo necessario per agire, ma se tra un'ora, non ci vedi tornare, avverti Lestrade. È l'unico di cui mi fido, e conosce quello che stiamo facendo."

"Non fatemi penare e rientrate in tempo." rispose con la voce roca.

Holmes fu il primo a scendere, seguito dal dottore che si era incaricato di portare la sacca degli attrezzi per alleggerirlo. Il giovane, tenendosi rasente agli arbusti che delimitavano i gradini, iniziò a salire.

Il buio li aiutava. Mycroft cercava degli appigli, visto che la fanghiglia rendeva il pendio scivoloso. Un paio di volte dovette aggrapparsi a dei paletti di legno che delimitavano la scaletta sconnessa.

"Tutto bene?" si preoccupò Watson vedendolo in difficoltà. Lui fece un cenno con la mano per tranquillizzarlo e proseguì cercando di recuperare l'equilibrio.

Raggiunsero l'edificio e il terrapieno che lo delimitava. C'erano poche finestre chiuse da robuste inferiate. Holmes, provò a sbirciare all'interno, ma non scorse nulla. Avvertì soltanto un odore nauseabondo di merci avariate. Solo dopo aver percorso qualche metro, scorsero una porta.  Fece cenno all'amico di avvicinarsi.

Le strade di Londra_ La scomparsa di SherlockDove le storie prendono vita. Scoprilo ora