La lealtà dei fratelli Holmes

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Superati vicoli e strade affollate, Buckingham Palace apparve maestoso in lontananza.

Samuel portò la carrozza oltre ai cancelli reali, dove c'erano i giardini interni. Holmes godeva di vari privilegi e, uno di questi, era quello di poter arrivare fino alla parte privata del palazzo.

Inoltre Samuel, il suo cocchiere, era conosciuto e le guardie lo lasciarono passare senza esitazione.

Scesero, Mycroft prese una borsa di pelle con gli incartamenti, mentre Sherlock, faticò non poco a rimettersi in piedi, nonostante le babbucce di panno. Osservò il posto, reggendosi al bastone.

"Che ostentazione di opulenza. Se non fossi mio fratello ti biasimerei per questa scelta."

Il maggiore fece un sorrisetto compiaciuto, mentre si aggiustava il cappello.

"Ci permette di vivere bene, e in fondo il lavoro che faccio, mi piace. In verità cerco di gestire al meglio le donazioni dei Lord, sfamando una parte dei poveri."

Il minore lo osservò stupito. "Indirizzi dei proventi verso le classi minori? E se ti scoprissero?"

Agitò la mano che reggeva la borsa. "Mi è stato concesso, l'ho ottenuto per i miei meriti. Ho sostenuto la riforma della scuola. Ora mi occuperò anche degli orfani con l'aiuto di Watson. Se mi concedi il tuo amico naturalmente." aggiunse titubante.

Il giovane allargò gli occhi chiari. "È anche tuo amico adesso! Mi ha spiegato tutto e approvo che dedichi la sua arte medica per quei poveri piccoli," si fece serio, "però la nostra agiatezza è merito tuo, Myc. I nostri genitori erano sempre assenti."

Il maggiore non rispose, sorpreso per quell'ammissione che lo riempì di orgoglio.

"Meglio incamminarci..." rispose Sherlock che strinse le labbra inquieto cercando di non zoppicare.

Mycroft cercò di rallentare per dargli il tempo di riprendersi, fece una pausa e si raccomandò ancora.

"Cerca di stare tranquillo, fratello mio, mantieni un profilo basso. Sarà presente anche il segretario di stato, sir Roscoe," e aggiunse con un tono preoccupato, "ancora non sa nulla."

Il giovane annuì. Era concentrato nell'affrontare i primi passi sullo scalone in marmo bianco che portava al corridoio superiore. Lui non gli porse il braccio perché lo conosceva bene, non amava essere compatito.

Lo aspettò un gradino sopra, e si sorprese quando fu lui che si aggrappò alla sua mano per salire.

Sentì il calore aumentargli dentro, mentre lo teneva stretto e lo aiutava. Non disse nulla rendendosi conto di quanto fosse cambiato, le sue emozioni lasciavano spazio a una ritrovata familiarità. Cosa che lui ancora non riusciva a gestire.

Salirono senza fretta, scorsero Lestrade con due agenti alla fine del corridoio. Il diplomatico gli fece cenno di seguirli.

"Tutto bene, ragazzo?" chiese l'ispettore vedendolo zoppicare e indicandogli le babbucce di panno.

Sherlock vibrò di rabbia. "Sto bene George, non preoccuparti. Comunque grazie per il tuo supporto. Non vedo l'ora di guardarli in volto quei due mentecatti." rispose mentre gli arrancava al fianco.

Lestrade ridacchiò nel vederlo così preso a stare diritto.

"Lo vedi che il bastone di papà alla fine ti sostiene?" disse Mycroft cercando di sollevargli il morale, vista la spiacevole difficoltà in cui lo mettevano le ferite dei piedi.

Il giovane si destreggiò per non cadere e grugnì. "L'unica cosa buona che ti ha regalato."

"Ne ha dato uno anche a te, ma non lo hai mai usato!" Gli diede un buffetto affettuoso sulla mano appoggiata al suo braccio.

Le strade di Londra_ La scomparsa di SherlockWhere stories live. Discover now