Il Black Cavendish di Sherlock

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La mattina seguente Mycroft si svegliò presto. Dalla finestra, che era rimasta con le tende scostate, vide il cielo plumbeo di Londra. Si era addormentato con una stanchezza gravata dai residui dell'oppio e non aveva ricordo di alcun sogno. 

Si alzò e si preparò in fretta. Aveva fatto installare un piccolo bagno nella stanza vicina alla sua, così da non dovere occupare quello padronale.

Un'ampia cisterna installata sul tetto raccoglieva l'acqua piovana, era piacevole potersi lavare senza catini e mastelli di sorta.

Indossò una camicia bianca con il colletto alto, la cravatta nera e un completo grigio. Si osservò allo specchio, si ravvivò i capelli neri e li pettinò con cura. Brontolò vedendo il pallore delle sue guance, massaggiò la ferita nascosta sotto alla stoffa, strinse le labbra: prima o poi avrebbe dovuto curarsi, rimandare ancora diventava ogni giorno più pericoloso per la sua salute malferma.

Scese di sotto e non vide nessuno, John evidentemente dormiva ancora, con passo silenzioso andò verso la cucina sicuro di trovarci Prudence.

Era di spalle al camino che scaldava un bricco di latte, sorrise, era così pensierosa che non si accorse del suo arrivo.

"Buongiorno Prud." La salutò con il nomignolo che gli permetteva una confidenza imparata con gli anni.

"Oh Myc! Non ti avevo sentito." Si voltò in fretta e rovesciò un po' di latte.

"Sei mattiniero e molto elegante. Impegni importanti?"

"Quelli di sempre, lavorare alla segreteria di stato lo richiede." La osservò con attenzione, la conosceva bene, la sua presenza l'aveva innervosita.

"C'è qualcosa che ti preoccupa Prudence?"

La donna, abbassò lo sguardo e posò il latte sulla tavola.

"Credo di aver spettegolato ieri sera, ma pensavo che non ci fosse nulla di male che Watson lo sapesse."

Si accomodò e le sorrise divertito, si fidava di lei qualsiasi cosa avesse detto.

"Dimmi Prud, non avere timore."

Si sedette al suo fianco e gli raccontò quello che aveva detto a John. Il giovane ridacchiò immaginando la faccia sconvolta del dottore sapendo che c'era un altro Holmes in giro per il paese.

"Prima o poi avrebbe sentito parlare di Atticus, e per quanto riguarda Emma glielo dirò io appena lo riterrò giusto." Le prese la mano e la strinse. "Va tutto bene, stai tranquilla."

"Non mi sarei mai permessa di parlare di Vienna, so che non ci tieni." Lui sospirò, era un argomento che non riusciva ancora ad affrontare. Prud gli accarezzò la mano e sollevata dal suo perdono, tornò a essere la donna affettuosa che era.

"Ora fai colazione, lo sai che Abraham vuole che tu prenda qualcosa prima di uscire."

Si alzò e mescolò del latte e dell'orzo tostato.

Mycroft distese le lunghe gambe sotto al tavolo.

"Ci sono i biscotti di frolla Prud?"

Rapida e felice prese la tazza del servizio buono e la riempì fino all'orlo.

Holmes sbottò. "Ne bastava di meno, sei peggio di Ab!"

Lei brontolò e mise in tavola i dolcetti profumati di cannella.

Abraham entrò in cucina mezzo assonnato, i capelli grigi scompigliati, si fermò a guardarlo per un lungo minuto.

"Non cominciare! Sto bene e sto mangiando! Non c'era bisogno di precipitarsi qui." Masticò troppo in fretta e tossì.

Le strade di Londra_ La scomparsa di SherlockUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum