La notte più lunga.

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Samuel tirò le redini per fermare il cavallo, Mycroft sobbalzò, si rese conto di essersi assopito, guardò Watson colpevole per aver ceduto alla stanchezza.

"Mi scusi, amico mio, mi sono addormentato come uno stupido." Mugugnò strofinandosi gli occhi.

John, che aveva il capo di Archie abbandonato sulle sue robuste gambe, gli rivolse uno sguardo divertito.

"L'ho lasciata dormire, perché non aveva una bella cera."

Sorrise inclinando la testa per osservarlo meglio. "Ora ha riacquistato colore, a quanto pare le Charites Sister l'hanno messa a dura prova."

Ridacchiò e continuò con aria professionale. "Il suo protetto è stabile ma la febbre è ancora alta."

Il bambino dormiva, era avvolto nella coperta e i piedini fasciati da sdruciti calzini, sporgevano da sotto.

Il respiro era lieve e affannato. Sembrava così indifeso che Holmes, provò una sensazione di protezione, la stessa che lo aveva travolto da giovane quando Sherlock era un ragazzino che dipendeva da lui.

Allungò la mano verso il visino sudato, brontolando sottovoce.

"Sta diventando troppo indulgente verso la mia persona, John, però devo dire che mi è servito un po' di riposo, ma adesso me ne occupo io." Detto questo, non indugiò oltre, sotto lo sguardo attento del dottore, scese e andò dalla parte opposta per prendersene cura.

Abraham comparve trafelato sulla porta di casa e quando vide Archie sbiancò.

"Prudence mi ha detto tutto, povero ometto!" disse con la voce soffocata dalla rabbia, si affrettò al fianco del giovane padrone per aiutarlo.

"Va tutto bene Ab! Abbiamo il miglior dottore di Londra! Lo sistemiamo nella stanza di fronte alla mia."

Holmes, non volle cedere il piccolo. Lo tenne stretto e lo portò di sopra non badando alle proteste di entrambi i suoi amici, che mormoravano per quella bravata.

Non fu semplice salire le scale, ma quel corpicino martoriato gli diede la forza per raggiungere la stanza che era stata di Sherlock. Lo distese con delicatezza sul morbido letto, che Prud teneva sempre in ordine.

Watson, prese subito il controllo.

"Dobbiamo svestirlo e ripulirlo, mi occuperò delle ferite alla fine."

Mycroft annuì, John aprì la sua borsa, e prese delle garze e del liquido chiaro che odorava di mentolo.

Abraham che li aveva scortati fino alla porta, sbuffò. 

"Prudence ha rimediato dei vestiti dalla vicina che di figli ne ha cinque, vado di sotto a prenderli, c'è anche un pigiamino di cotone." Fece un cenno e se ne andò.

Intanto, John, lo liberò dagli stracci, ma dovette fermarsi più volte. Archie si lamentava, e Holmes, che si stava adoperando per aiutarlo, sembrava in difficoltà.

Aveva notato le sue mani magre tremare: non era avvezzo a curare dei corpi, né tanto meno a occuparsi di un bambino ammalato.

"Ci penso io. Prenda un catino con dell'acqua tiepida." gli ordinò con calma.

Senza ribattere, il giovane, uscì dalla stanza e ritornò subito dopo con una brocca e degli asciugamani puliti.

Era riapparso senza la giacca e la cravatta. Aveva arrotolato le maniche della camicia bianca, le bretelle slacciate gli pendevano sui fianchi sopra ai calzoni. Aveva perso la sua rigida autorevolezza.

Riempì la bacinella di ceramica e aspettò le disposizioni del dottore.

Il piccolo era così magro che si intravedevano le costole, John con delicatezza lo deterse.

Le strade di Londra_ La scomparsa di SherlockWhere stories live. Discover now