🪲Trentottesimo capitolo 𓂀

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La mattina dopo il Lord si recò come di consueto nella piramide di sua figlia, ma un odore diverso di sangue lo precedette come un pugno allo stomaco.

Non era sangue umano, ma animale.
Tra le alte scale e nella stanza di Erdie, giacevano senza vita le sue tre tigri bianche; sgozzate e sventrate. In loro cadaveri erano tiepidi e duri, segno che non erano trascorse troppe ore dalla loro morte.

Che fosse stata sua figlia in preda ad un attacco di fame improvviso?
Eliminó subito quell'idea dalla sua mente: Erdie non avrebbe mai fatto del male a nessun animale, men che meno alle sue amate bestiole. Le aveva salvate una ad una, crescendo le con carne umana fresca e giovane.
Ed al suolo, infatti, c'erano ancora i resti di una donna parzialmente divorata.

Chiamó Erdie a gran voce, ma nessuno sembrò rispondere.
Quando tornò nella sua piramide rossa, i suoi occhi felini si posarono su un umano vestito solo con un leggero gonnellino; era un emissario del faraone con un messaggio: "la massima maestà d'Egitto ti attende nella sua stanza", e il vampiro era già certo che lì avrebbe trovato risposta alla scomparsa di sua figlia.

«Dov'è! » tuonò l'antico vampiro sradicando le pesanti porte che introducevano alla stanza personale del faraone.
Non gli fu necessaria una risposta: di fronte a lui, rinchiusa in una gabbia immersa nella luce solare si trovava Erdie, rannicchiata in un piccolo spicchio di ombra accanto alle sbarre adiacenti al muro di pietra. Tutte le altre finestre erano state sigillate da pesanti tende rosse.

«Padre, sono qui! » urlò la ragazza sporgendosi. Tuttavia il sole implacabile le bruciò le dita che avevano varcare la soglia di luce. Fortunatamente le aveva ritratte subito, altrimenti i raggi solari si sarebbero insinuati nel suo corpo corrodendola come un'infezione che non si sarebbe placata neanche tornando nell'ombra.

Terrificato il Lord la raggiunse senza neanche far caso alla presenza tracotante del faraone. Senza ormai l'uso del senno il vampiro afferrò saldamente le sbarre argentee della gabbia scoprendo, con atroci abrasioni, che si trattava di argento. Doveva aspettarselo. Khufu doveva essersi informato. Ora doveva solo capire quanto sapeva. 

«Buongiorno vampiro» si introdusse nella scena la Maestà d'Egitto. Era seduto sul suo letto nascosto appena da leggeri veli decorati «Durante un viaggio ho avuto modo di conoscere un uomo accompagnato da adorabili creature che esigono la vostra testa. Mi hanno detto di averti dato la caccia per settemila lunghi anni» Si alzò avvicinandosi alle sbarre della gabbia della vampira e accarezzandone qualcuna in segno di sfida. 

«Ho ricevuto la proposta di consegnarvi a loro»  continuò con finto dispiacere «Sai bene che l'indulgenza di un Dio può essere anche eccessiva a volte. Per questo sarò benevolo con te. Potrei perpetuare la vostra protezione a Dahshur in cambio di due cose: voglio in moglie tua figlia e voglio anche che tu mi prenda il tesoro nascosto nel tempio costruito dal sommo Imhotep. Ho saputo che hai tu ciò che serve per aprire il cuore del tempio».

Il Lord capì che Hetepheres non lo aveva ingannato quella sera. Suo figlio non sapeva che l'amuleto era nelle mani di sua madre. Gedi certamente sapeva che la donna  avrebbe consegnato a lui l'amuleto, anche se non riusciva a capire quali fossero i compromessi di tutta quella storia.

Decise di sorvolare su quegli enigmi. Era sollevato nel sapere che quell'essere non poteva accedere al tempio, ma si sentì infuriato per l'affronto che quel sovrano sciocco gli aveva fatto.

Khufu era protetto dalle energie elfiche che, anche dopo quasi settemila anni, erano devastanti per lui. Non poteva avvicinarsi, non poteva farlo a pezzi come le sue mani bramavano.
«Non avrai mai mia figlia e non riesumerò nulla da quel tempio. Che tuo padre possa maledire il tuo nome! »

Il vampiro non ebbe modo di concludere la sua minaccia. Sfrontatamente il faraone estrasse da una scatola il medaglione con cui aveva annichilito Erdie la notte precedente scatenando nella ragazza la medesima devastante distruzione.

Il Lord rimase spiazzato, le urla di sua figlia lo paralizzavano, le grida della ragazza erano strazianti, devastanti; si stringeva la testa quasi a distruggerla con le sue mani.

«Ho avuto molte informazioni sui vostri punti deboli, che lo vogliate o no siete in mio potere».
Lo sfidò avvicinando sempre più la gemma viola accanto al corpo accartocciato della vampira le cui strilla si mescolavano a pianti disperati.
«Padre, fatelo smettere... aiutatemi...» biascicava lei disperata.

Il Lord accennò sardonico, ma colmo di ira palpabile. «Io calpestavo queste terre ancora prima che l'Egitto venisse abitato. Non hai idea di cosa io sia capace».

I suoi occhi divennero due fari rossi che parevano scaldare la penombra della stanza. La terra iniziò a tremare e le pareti a sputare fuori polveri; il faraone scappò in preda al panico. Il vampiro tramutò il suo corpo in centinaia di scarabei che scansarono la gabbia scavando nel sottosuolo e avvolgendo Erdie per nasconderla ai mortali raggi del sole.

«Pagherai per questo» si sentì echeggiare in tutta la dimora. Era la voce sibilante di un mostro assetato di vendetta.

La vampira fu strappata alla vista di Khufu per sempre, lui non la rivide mai più. Ma non fu soltanto questa la conseguenza delle gesta impudiche dell'uomo: da quel giorno cessò per sempre l'alleanza tra prede e predatori.

 Ma non fu soltanto questa la conseguenza delle gesta impudiche dell'uomo: da quel giorno cessò per sempre l'alleanza tra prede e predatori

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