🪲Trentesimo capitolo 𓂀

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Giza, 2613 a. C.

Il tempo di un immortale trascorre più diversamente da quello di un uomo. E mentre Erdie sperimentava ancora la sua nuova natura, tutti coloro che l'avevano conosciuta in vita erano morti. La vecchiaia li aveva colti nel sonno, portandoli via senza farli soffrire.
Imhotep, Hesyra... erano ormai nomi scolpiti nella pietra.

Le notti si susseguivano incessanti; dopo che la giovane vampira aveva soddisfatto la sua fame, il Lord le raccontava frammenti della grande guerra di Atlantide, di ciò che aveva visto quando gli umani avevano confinato la sua essenza divina in un corpo fatto di carne.

E in essi vi gettava l'enorme odio che provava per i mortali, per la loro continua sete di potere e la loro avarizia. Erano giunti a voler possedere gli dei per raggiungere l'immortalità condannandosi a morte.

La giovane vampira ascoltava rapita ogni singola parola che inscenava la potenza degli immortali contro gli elfi. Essi erano creature nate per il solo scopo di sterminare i vampiri Originali, non possedevano anime singole né voleri propri: erano l'essenza della terra che aveva preso vita grazie a conoscenze ben più antiche della città di Atlantide.

Dallo scontro solo il Lord era riuscito a sopravvivere lasciando il continente e vagando celando la sua presenza in attesa che il tempo aumentasse la sua potenza. E adesso lui era in grado di vendicare la sua stirpe rendendo gli umani prede fragili e indifese.

Il tempo passava e la ragazza non riusciva neanche ad accorgersi del suo scorrere. Le acque nelle brocche che usava per ripulirsi dal sangue riflettevano sempre la stessa immagine, lo stesso viso; immutabile.
I giorni erano identici fra loro tanto che Erdie li confondeva, solo il Lord, con i suoi racconti riusciva a infrangere la staticità.

In quel modo il vampiro riuscì a penetrare nel cuore della sua amata figlia, un luogo in cui lei non permetteva quasi a nessuno di entrare.

I mesi divennero stagioni e le stagioni anni. Il Nilo straripava e si ritirava senza che Erdie se ne accorgesse e così trascorsero cento anni. Un secolo volato come un soffio.

La grande maestà, re dell'Alto e Basso Egitto Huni, era ormai un uomo anziano e prossimo alla morte, tra le sue innumerevoli mogli la prediletta era la giovanissima Henutsen da cui però non riusciva ad avere figli e come preso da un sortilegio non accettava che nessun'altro della sua progenie salisse al trono al suo posto.

La situazione che si era creata fece sbocciare speranze all'interno di un'altra donna, sua consorte: Meresankh.
Non era di sangue reale, ma aveva ambizioni di grandezze degne di una regina.

Tra i cittadini liberi correva una leggenda che narrava di una creatura potentissima mezzo uomo e mezzo dio, dalle ali immense quanto quelle della dea Maat che non temeva la forza di mille uomini armati. Meresankh voleva incontrarlo e pregarlo di aiutarla a far salire al trono suo figlio Snefru.

Lasciò offerte dinanzi alla grande statua del leone affinché la creatura ascoltasse la sua supplica.
E il Lord decise di accogliere quella preghiera.

Era una sera tiepida quella in cui il Lord decise di parlare con la donna. Aveva già provveduto ad assicurare un pasto fresco alla sua bambina trascinando nel tempio due giovani donne.
Meresankh si recò, come ormai di consuetudine, tra le zampe del possente leone lasciandovi una brocca in rame piena di latte e miele. Quando si voltò il Lord era entrato completamente nel suo campo visivo.

«Buona sera graziosa umana» la voce del vampiro incantò la danna accarezzandola come una calda brezza.
Lei rimase incantata nel guardarlo e allo stesso tempo incredula poiché, anche se tanto aveva pregato Horus per quell'incontro, non osava più sperare.
Si inginocchiò ai suoi piedi attendendo che quel dio perfetto le concedesse di parlare. E così lui fece.

«Vi supplico, aiutatemi a rendere Re mio figlio Snefru. In cambio vi darò ogni cosa vorrete»
Il Lord la afferrò per il mento, invitandola ad alzare il capo.

«Leggo nei tuoi occhi vera dedizione a questa causa. Accetto. Tuo figlio salirà al trono d'Egitto. Ed io insieme a mia figlia, abiteremo nella residenza reale».
Il patto era concluso.

Al sorgere dell'alba l'antico vampiro si insinuò a corte uccidendo Huni e permettendo al figlio Snefru di essere incoronato qualche mese più tardi con una festa che coinvolse tutto il paese.

Il sole sembrò tramontare in fretta quel giorno e non appena la notte prese il sopravvento, Erdie si destò di soprassalto. Durante il sonno aveva visto sua sorella Mine camminare sulle acque fluide del Nilo, le sorrideva e la invitava silenziosamente ad unirsi a lei in quell'insolita passeggiata.
I primi passi furono sicuri, ma prima che lei potesse sfiorare sua sorella le acque la inghiottirono catapultandola fra le mura della sua prima abitazione, dove le due sorelle erano cresciute.
Lì suo padre Imoteph piangeva davanti alle effigi delle sue amate figlie per poi svenire. Sul collo dell'uomo appariva un'immensa ferita da cui la ragazza era attratta. Si avvicinò al padre e iniziò a berne il sangue sentendo le pulsazioni della carotide diminuire poco a poco.
Ma nel suo sogno lei non sapeva di essere un vampiro e la vista di tutto quel sangue su di lei la spaventò così fuggì nella notte. E il buio la assorbì come una calda coperta; nell'oscurità la stava attendendo Mine con occhi famelici e una bocca spaventosamente imbrattata di sangue.
Quando sua sorella la morse, Erdie si svegliò.

«Gli incubi sono sintomo di un male interiore. Cosa ti turba ancora figlia mia? »
Erdie tremava davanti a suo padre, il Lord. Era confusa poiché le stringhe della realtà è del sogno erano ancora intrecciate. Mine non poteva essere un vampiro, era lei la creatura spaventosa che si nutriva della linfa vitale degli umani.

Infine trovò il coraggio per esprimere a parole ciò che provava. «Mi turba il dolore per la perdita di mia sorella. Credevo di aver imparato a convivere con la sua mancanza. Ma invece mi sbagliavo».

Il Lord la osservava con compassione e le accarezzò il viso.
«Sei rimasta chiusa qui per tutto questo tempo e hai lasciato che lentamente la sofferenza diventasse padrona del tuo spirito. Ma ti porto buone notizie: da oggi vivremo nella grande abitazione del faraone».
La ragazza spalancò gli occhi incredula.

La ragazza spalancò gli occhi incredula

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Fiore di sabbia. Gli alboriTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang