🪲Sedicesimo capitolo 𓂀

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Era iniziato un nuovo giorno nella terra d'Egitto. I caldi raggi solari arroventavano tutto ciò su cui si posavano.

Le due gemelle si erano appena destate dal loro sonno. Erdie era già nella sala da bagno per le abluzioni mattutine, Krio le stava sfregando bene la pelle per facilitare la rimozione dell'henne scuro restituendole la sua carnagione chiara. Mine invece continuava a sfregarsi gli occhi cercando di rimandare il momento in cui si sarebbe dovuta svegliare.

«Forza alzati sorella».
Ma Mine si limitò ad emettere qualche flebile cenno di stizza, girandosi dall'altra parte. «Fa troppo caldo» fu la prima di tante scuse per allontanare da sé Yuya.

Mine era ancora girata verso il muro bianco. Gli occhi di quella creatura che credeva di aver visto le tornarono alla mente come miraggi reali. Un brivido le percorse la schiena, tanto che le sembrò che fossero le dita intrise di sangue di quel mostro a toccarla.

Erdie la raggiunse sedendosi sul letto della sorella. «Mine è una settimana che resti chiusa qui. Credo sia ora che tu e papà parliate».
«Assolutamente no! Non rivolgerò mai più la parola a quel despota, lo giuro sugli dei! » le strillò contro, indispettita e ancora furiosa.

Eppure i suoi occhi si riempirono ugualmente di lacrime.
Senza più Akerat che le coccolasse come delle figlie, i rapporti fra le due gemelle si erano abbastanza gelati. Erdie non sembrava più riconoscere sua sorella in quella ragazza.

«Va bene» disse soltanto, spostandosi da lei. Le accarezzò il capo avvertendo la presenza dei capelli corti e si alzò dal letto. Avevano deciso che ormai erano diventate donne e per questo avrebbero lasciato crescere i loro capelli e abbandonare il costante utilizzo delle parrucche per mostrarsi in pubblico.

Improvvisamente Mine abbracciò sua sorella, qualcosa che, da quando era successo l'episodio del fiume, la ragazza non aveva più fatto.
«Cosa succede Mine? » Le chiese poi Erdie, dopo svariati minuti. «Credevo che ormai tu non potessi più perdonarmi».
«Non riesco ad odiarti per così tanto tempo, e mi è mancato abbracciarti».
«Sono felice che siamo tornate amiche. »
Si sdraiarono nel letto e rimasero così, in silenzio per un po'.

Più tardi Erdie decise che doveva fare qualcosa per rimediare almeno in parte al dolore di sua sorella.
«Ti va se facciamo una follia? » le propose sussurrandole all'orecchio.
Mine le rispose solo che non aveva più voglia di fare pazzie. Soprattutto per come si era conclusa l'ultima.
«Non è la risposta che volevo sentirti dire!»
«E adesso cosa fai? » le chiese vedendola trafficare nel suo scrigno di alabastro.

Ci fu un furtivo scambio di occhiate fra le gemelle che insospettirono le due schiave che, tuttavia, non potevano certo avere l'ardire di domandare. Sarebbe stata un'insolenza di cui solo Akerat aveva avuto il vanto.

Erdie indossò quattro anelli che Mine non aveva mai visto, spessi ed elaborati.
«Credo che anche tu abbia diritto di festeggiare la levata di Sopedet» le disse facendole l'occhiolino.
«Sekemta, Daimaat! Entrate, voglio che festeggiate con noi! »

I due eunuchi entrarono nella stanza delle ragazze ed Erdie li informò che avrebbero dovuto solo bere un bicchiere di birra ciascuno per brindare all'inondazione.
Erdie si diresse nella sala centrale dove vi erano tavole ancora imbandite.

«Signora, distribuisco io le coppe...» le propose Krio, con voce sottomessa.
«No. Sono io la signora della casa. Torna nella mia stanza».

A due a due, servì ognuno delle proprie coppe. Quando consegnò a Mine la sua, lei notò che gli anelli della sorella erano rivolti al contrario, una stranezza su cui però non perse molto tempo.
Brindarono tutti alla prosperità della loro terra, Kemet e infine bevvero.

Nel giro di qualche istante, tutti coloro che avrebbero dovuto tener d'occhio Mine crollarono al suolo.
«Sono...» chiese Mine terrorizzata, incapace di concludere la frase.

«No! Sono solo caduti in un sonno profondo. Questi anelli sono un regalo di Hesyra. Al loro interno contengono una polverina... Come l'ha chiamata? Ah, già: soporifera. Me li ha dati qualche giorno fa. Ora andiamo. Non dormiranno per molto! »

Mine le disse che era una follia e che Imhotep si sarebbe infuriato anche con lei, ma alla sorella non sembrava importasse molto.
Indossarono due veli bianchi come le donne che accudivano il loro padre ed uscirono indisturbate.

Tuttavia Mine continuava ad essere strana, quella loro fuga non sembrava aver sortito in lei l'effetto che Erdie sperava. Era silenziosa, molto silenziosa
«Mine... » la esortò allora.

La ragazza sembrò riemergere dal nulla, come se si fosse improvvisamente svegliata da un sogno e per poco non inciampò e cadde nei canali di scolo della strada.
«Dimmi » disse soltanto.
«Oggi sei strana. Parli poco. Devo ricordarti che stiamo facendo una follia? »
«Forse sono solo stanca».

Ma Erdie notò in lei tutt'altro. Non sembrava affatto stanchezza, Mine la stava seguendo senza neanche domandarsi dove la stesse portando.
«Parlami con sincerità, per favore. »
«Beh non è nulla. Ho solo... come una strana angoscia».

Erdie si mise a ridere e la colpì scherzosamente al braccio con uno pugno. Cosa poteva esserci di angoscioso nel girare per le strade di Za'net coperte e quindi nel completo anonimato? Inoltre la stava conducendo al fiume. Aveva visto Hapy recarsi lì tutti i pomeriggi e aveva in mente di farli incontrare. In cuor suo sperava che questo avrebbe sistemato la situazione.

«Voglio portarti al fiume comunque» le disse poco dopo.
«Perché? »
«Lo vedrai, "Meret en Aset" » le disse chiamandola con il loro secondo nome sacro: "Amata da Iside". Sperò che, sentendo l'invocazione della dea su di lei si sentisse meglio.

Giunte al fiume, esso scorreva lento a causa delle acque torbide dell'inondazione. L'aria puzzava di giunchi marchi però era comunque un buon segno per loro. La terra sarebbe stata resa fertile per la semina. Fra le acque fangose, Mine vide due pesciolini che nuotavano a fatica. La cosa la incuriosì e si avvicinò per guardarli meglio.

«Ti attraggono tanto quei pesciolini? » le domandò Erdie, senza smettere di guardarsi intorno, per scorgere la figura di Hapy. Non poteva credere che proprio quel giorno si sarebbe esentato dal recarsi al fiume.
«Guardali: combattono per cercare cibo anche in queste acque e non si arrendono nonostante sia una condizione terribile per loro».

Mine aveva uno sguardo concentrato. Guardava quei piccoli pesci come se volesse imparare da loro qualcosa. Qualcosa che ad Erdie sfuggiva.

Se solo entrambe avessero conosciuto il loro futuro, forse si sarebbero soffermate di più su quel piccolo particolare.
Ma questo, Erdie, lo avrebbe capito solo più tardi, quando le trame del tempo sarebbero diventate per lei una rete invalicabile.

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Fiore di sabbia. Gli alboriWhere stories live. Discover now