🪲Sesto capitolo 𓂀

34 12 19
                                    

L'anno egizio era in procinto di terminare, i cinque giorni sacri di Heru-Renpet sarebbero iniziati il giorno dopo.
Quella sera il padre delle gemelle, il grande Imhotep, era tornato a casa.
Era un uomo dall'aspetto mite, scuro di carnagione, pupille nere, ma occhi dolci, capelli imbiancati dal tempo, ma dall'aspetto ancora giovane.

Erdie gli corse incontro abbracciandolo ancor prima che entrasse in casa. Amava suo padre e sentiva sempre la sua mancanza quando era via. L'uomo di rimando accarezzò il capo della figlia dandole un paterno bacio sulla fronte.

Mine invece gli sorrise soltanto, restando ancorata al pavimento in una posizione fiera, ma rispettosa.
Da quel bacio con Hapy erano passati più di quindici giorni, e da allora non si erano più avvicinati. Quando lei usciva da casa era sempre affiancata da Akerat e Daimaat, entrambi attenti come sentinelle. A volte riusciva a scorgere Hapy, ma sapevano entrambi che non potevano concedersi più di una semplice occhiata carica di significati. Sapevano anche che quelli sguardi erano un modo per rinviare quel doloroso addio definitivo.

Imhotep non avrebbe mai acconsentito al loro amore di avere un futuro. Tuttavia come padre lei aveva avuto la fortuna di avere il migliore di tutta la sua terra. Imhotep, infatti, trattava le sue figlie come gioielli inestimabili, anche da lontano si assicurava sempre che avessero tutto. Non avrebbe imposto a loro un consorte di sua scelta, ma avrebbe dato la sua benedizione a qualsiasi figlio di vizir loro avrebbero scelto.

Hapy purtroppo non faceva parte dell'aristocrazia e con quella consapevolezza nel cuore guardava suo padre sulla soglia della porta.
«Qualcosa ti turba, mia piccola Mineptah? » le domandò l'uomo entrando insieme alle guardie nel grande salone.

I servi si affrettarono a portare al centro della stanza un grande tavolino basso, arricchendolo con piatti colmi di selvaggina, pani, frutta, acqua birra e latte.
Naturalmente la famiglia del vizir non avrebbe mangiato tutto, gli scarti sarebbero diventati il cibo per gli schiavi.

I suonatori iniziarono a destreggiarsi con i flauti e le arpe, le danzatrici a ballare. Erdie amava guardare quelle donne flessuose, vestite solo con un gonnellino colorato che sembravano quasi amoreggiare con l'aria. I loro lunghi capelli si inchinavano al suolo quando si abbassavano, i loro seni nudi che si arrendevano a quei continui movimenti, i loro occhi scuri persi in qualcosa di mistico che le guidava.

Erdie sarebbe tanto voluta diventare una danzatrice, per questo Akerat le insegnava a suonare. Per le danze le diceva sempre che il suo corpo le avrebbe padroneggiate da solo quando la musica sarebbe penetrata in esso.
Mine invece sembrava totalmente impassibile a quell'insegnamento: amava la musica e i canti dei poemi, ma nulla di più. La sua mente era alla continua ricerca del sapere lasciato dagli dei, o almeno era stato così finchè non aveva incontrato Hapy.

Durante la cena Imhotep raccontò alle sue figlie dei lavori nella città di Iunu, di come il tempio fosse ormai quasi finito poiché avevano sfruttato una vecchia costruzione già presente sul luogo e abbandonata da tempo e soprattutto le informò di una notizia che avrebbe rivoluzionato le loro vite. L'uomo sembrava emozionato e trepidante di svelare alle figlie la proposta della loro maestà, considerando quello un grande onore.
«Padre dicci tutto! Siamo impazienti! » squittì Erdie entusiasta, pulendosi le mani con una stoffa.
«Il figlio di Ra mi ha concesso la possibilità di diventare massimo sacerdote del dio Atum nel tempio a Iunu, non appena sarà terminato. »
«Non tornerete più qui padre se accettate! » le fece notare Mine, agitata.
L'uomo sorrise. «Tranquille figlie mie. Andremo tutti a vivere lì. Lasceremo Za'net per sempre».

Per Mine fu come se le sabbie del deserto le avessero intasato i polmoni. Erdie diede un'occhiata sfuggente alla sorella e abbassò il viso. La città di Iunu distava almeno un giorno di marcia da Za'net e ciò significava che sua sorella non avrebbe mai più rivisto il suo Hapy. Ma anche lei non avrebbe più rivisto Hesyra.
«Padre io qui sto portando avanti i miei studi di scrittura ... » azzardò la ragazza.

Imhotep non perse il suo sorriso beato dal volto e guardò sua figlia Erdie che ormai non era più la ragazzina che aveva lasciato un anno prima, quando era partito per iniziare la costruzione del tempio. Era ormai una donna e come tale doveva ormai vederla.

«Piccola mia, mi hanno detto che tu e il giovane Hesyra siete molto affiatati».
Erdie avvampò non sapendo bene cosa rispondere a suo padre, ma l'uomo continuò il suo discorso dopo una breve pausa. «Non voglio dividere una simile amicizia. Siete entrambe in età da marito e sarei felice se voi mi diceste adesso chi avete scelto come consorte. In questo modo benedirei le vostre relazioni senza separarvi quando ci trasferiremo».

«Beh padre... » prese coraggio Erdie. «Tra me ed Hesyra c'è davvero tanta affinità. Però non abbiamo mai affrontato quel tipo di discorso. Non credo però rifiuterebbe... » la sua voce era tentennante, soffocata dall'imbarazzo.

«Nessuno potrebbe mai rifiutare una delle mie figlie! » le rispose con aria solenne, dando alla frase la veridicità assoluta. «Parlerò con Hesyra, così renderemo la cosa ufficiale. Mentre tu mia piccola Mine? Di te non ho mai sentito nulla, so che però ti sei immersa totalmente nei saperi conservati nel tempio della dea Iside. Mi hanno fatto molti complimenti per la tua intelligenza, sono fiero di te. Non hai conosciuto nessuno che vorresti diventasse tuo marito? »

La ragazzina sbiancò; guardò Erdie cercando un modo per rispondere a suo padre. Le era venuto in mente Hapy e il desiderio di passare con lui tutta vita. Quel pensiero doveva essere evidente sul suo viso perché la sorella le fece segno di tacere.

Intanto Imhotep le chiese ancora di rispondere e Mine si sentì soffocare come se fosse stretta fra le spire di un enorme serpente. Infine decise di seguire il consiglio di sua sorella. «Non ho ancora scelto nessuno padre».
«Oh bambina mia, diventerai sacerdotessa con me e a Iunu».
Mine sorrise debolmente, soffocando in lei le lacrime e smise di parlare.

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
Fiore di sabbia. Gli alboriWhere stories live. Discover now