🪲Ventiquattresimo capitolo 𓂀

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Iniziò una carestia che colpì tutto il paese. Le piogge erano scarse e il fiume non aveva più la forza di fertilizzare i campi.

Il re d'Egitto era distrutto per il suo popolo, si immedesimava nelle famiglie schiacciate dalla fame cercando di razionare quanto più gli era possibile il grano che aveva a disposizione. E Imhotep era al suo fianco.

Purtroppo la carestia non accennava a diminuire neanche mesi dopo, i campi e gli animali erano sempre più magri. La gente rubava pur di sfamare la propria famiglia.

Temendo qualche attacco, Imhotep, decise che si sarebbero trasferiti prima del previsto ad Iunu.
Erdie non ne sembrava entusiasta, così ancorata ancora alla sua casa e ai suoi ricordi.

«È la cosa migliore da fare piccola mia. Porterai Mine nel cuore e terrai lontano la palpabilità dei ricordi».
Furono quelle le parole del padre che infine fecero cedere la ragazza.
Aveva ragione, lì ogni cosa, ogni granello di polvere era in grado di far apparire davanti ai suoi occhi la sua defunta sorella.

Anche Hesyra fu informato dell'imminente partenza di Erdie e decise di seguirla. Avrebbe terminato i suoi studi come scriba reale nel tempio che Imhotep stava portando a termine.

Erdie era diventata silenziosa, l'affetto che dava al suo promesso sposo era davvero poco e lui temeva che l'amore che la sua futura moglie gli diceva di provare si stesse affievolendo. Ma non le parlò delle sue paure: sperò che giunti nella nuova città e diventati finalmente marito e moglie le cose sarebbero cambiate.

Il tempio del dio Niuser-Ra, decorato con colori sgargianti che le davano un tocco di allegria inconsistente, sembrava una dimora tagliata via dallo spazio e dal tempo dove la carestia continuava a mangiarsi vittime.

Erdie pian piano divenne più attiva. Non come quando Mine era con lei, ma le sue labbra si piegavano più spesso in sorrisi divertiti.

Erdie ed Hesyra si sposarono dopo qualche mese, ma la ragazza non sembrava felice come sarebbe dovuta essere. Nei suoi occhi vi era sempre quel velo di dolore che non accennava a scomparire.

La sera, dopo il rituale del matrimonio, Erdie si ritrovò nello stesso letto con colui che sarebbe stato suo marito per sempre. Si sentiva tesa e terribilmente fuori posto, stringeva forte la stoffa attorno al suo braccio deforme per nasconderlo alla vista di entrambi.
Non era così che immaginava l'inizio della sua vita matrimoniale.

Hesyra le prese la mano e la baciò con delicatezza, lei si sentiva imbarazzata da quel tocco e cercò di sembrare naturale.
Il cuore le batteva impazzito e i polmoni sembravano non contenere abbastanza aria. Arrivarono i giramenti di testa, la vista offuscata...
Non riuscì a fare altro che nascondersi sotto le lenzuola di lino.

«Ti fidi di me Erdie?»
Le parole morirono sulla bocca della ragazza, talmente terrorizzata da non riuscire neanche a pensare.
Hesyra credeva di poter gestire e cambiare quella situazione. L'aveva attesa e bramata da così tanto tempo che non riusciva a fermarsi.

Poggió le labbra su quelle tremanti di lei, sentendole secche, ma infinitamente morbide.

«Non temere per il tuo braccio, amore mio. Ti amo anche se non sei perfetta, questo perché la perfezione appartiene alla tua anima».

Erdie si sentì appena sollevata, lasciò che suo marito scoprisse il suo arto sformato, accarezzando quella carne con dolcezza.

La giovane deglutì, annuì con poca convinzione e cercò di lasciarsi andare al bacio di Hesyra, che con lentezza si mise su di lei, iniziò ad accarezzarle il corpo con una delicatezza che pian piano divenne più audace.

Erdie fu presa nuovamente dal panico, scoppiò a piangere rifiutando quelle carezze prima che diventassero più profonde.
«Non ci riesco...» sussurró, per poi alzarsi di scatto dal letto e scappando via.

Hesya la guardò allontanarsi in lacrime, voleva raggiungerla, ma desistette.
Trascorse la notte da solo, pregando gli dei affinché aiutassero sua moglie.

 Trascorse la notte da solo, pregando gli dei affinché aiutassero sua moglie

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Fiore di sabbia. Gli alboriWhere stories live. Discover now