🪲Venticinquesimo capitolo 𓂀

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Erdie aveva respinto suo marito il primo giorno di nozze e accadde così per tutti i giorni avvenire: la ragazza aveva continuato a rifiutarlo, cercando di fargli capire che non riusciva a lasciarsi andare.

Sembrava costantemente chiusa in se stessa, non toccava Hesyra neanche per sbaglio e quando era lui a donarle anche solo un abbraccio la ragazza sembrava quasi farsi male.

Eppure quel ragazzo, che pian piano si stava trasformando in un uomo, non sembrava darle fretta o invadere con prepotenza quel muro che la moglie aveva eretto intorno a sé.
Le concedeva talvolta dei sorrisi, o l'aiutava quando il braccio deturpato tornava a farle male impedendole di compire anche un semplice gesto come sistemarsi uno scialle sulle spalle.

«Lascia che ti aiuti» le diceva in quei momenti. «Non ti toccherò se non lo vorrai...» concludeva un po' malinconico. E per tutto il tempo in cui lui le era vicino, Erdie sembrava trattenere il fiato. Così lui sospirava e si allontanava.

Nel letto erano sempre distanti: lei raggomitolata su se stessa e lui girato dall'altra parte. Una sola volta avvicinò le dita alla sua schiena, sembrava ormai dormire profondamente, eppure la vide tremare ancor prima di sfiorarla. Ritrasse le dita e da allora non tentò più di avere un contatto con lei.

E nulla cambiò neanche due anni dopo, che continuavano a trascorrere vedendo il loro matrimonio sempre più distante e sempre più freddo.
Imhotep era preoccupato, provò a parlare con sua figlia svariate volte, ma i suoi occhi tremavano ogni volta che l'argomento veniva sollevato.

Un giorno Erdie passò da una stanza laterale del Tempio, nascosta da un pesante telo che le copriva il capo e il vestito di lino, era intenta a portare delle ceste di cibo ai gatti del cortile, ma si bloccò improvvisamente assistendo ad una scena che la sconvolse.

Vide due corpi uniti nella penombra, sudanti e ansimanti. Era Hesyra insieme ad una schiava, lo riconobbe dalla voglia che aveva sulla spalla.

Erdie indietreggiò e lasciò cadere per sbaglio la cesta a terra il cui rumore sorprese i due amanti.
L'uomo si alzò di scatto e tra i veli delle tende scorse sua moglie che lo fissava inorridita.

«Erdie... io... »ebbe il tempo di dire appena, ma lei lo interruppe con uno sguardo carico di odio. «Mi fai schifo! ... E non mi toccare con quelle mani piene del desiderio di quella prostituta! » ruggì colpendogli la mano che si stava avvicinando a lei.

«Mi dispiace...» Hesyra era nudo per la prima volta davanti a sua moglie, eppure non sembrava importargli. Ciò che lo atterriva era vedere il disprezzo negli occhi di Erdie.

E per la ragazza fu una delusione senza pari. Sapeva che gli uomini avevano il diritto di avere un Harem, ma lei era convinta che lui la amasse a tal punto da esserle devoto.

«Sono anni che mi rifiuti Erdie! Ho provato in tutti i modi ad avere un contatto con te, ho aspettato pazientemente, ma sono un uomo anche io!».
Nonostante quelle parole la ragazza non sembrò ritrattare la sua posizione. Per lei, aver ceduto così ad un impulso sessuale, era al pari di una bestia.
Quella notte litigarono e lei fuggì nella stanza di Krio.

«Che Seth lo distrugga! » lo maledì ancora la ragazza irrompendo con le lacrime agli occhi nella stanza della sua schiava.

Krio non proferì parola, la lasciò sfogare. Sapeva che per i padroni essere con uno schiavo equivaleva a trovarsi davanti a degli oggetti poco importanti, ma fu felice che fra tutte le persone che si trovavano nel tempio, lei aveva scelto di cercare rifugio proprio lì.

«Mia signora, vuole che le prepari qualche infuso per dormire? » le domandò quando si fu calmata.
Erdie le rivolse uno sguardo vacuo, osservava gli occhi azzurri della sua schiava come se notasse per la prima volta le sue rughe attorno ad essi.
Si rese finalmente conto di quanto tempo fosse passato, Krio aveva fatto in tempo a diventare una vera donna come lei. Non era più la ragazzina impaurita e smunta che suo padre aveva comprato dal trafficante di schiavi.

«No, Krio. Va bene così».
Erdie si avvicinò alla parete decorata, erano stati ritratti tanti pescatori che cedevano un numero immenso di offerte marittime al dio Ra. Confidavano in lui e nella sua benevolenza. Ed era quello che suo padre aveva continuato a dirle: doveva affidarsi agli dei e loro le avrebbero mostrato la via.

«Certe volte vorrei davvero credere che gli Dei aiutino noi mortali».
«Gli dei ci aiutano se solo noi abbiamo il coraggio di chiedere con sincerità... »
«Quante volte mia sorella Mine ha pregato gli dei? Quante volte è stata loro devota? Eppure non è stata risparmiata da una morte atroce».

Krio abbassò lo sguardo. Sapeva bene che la sua padrona era incredibilmente testarda e non avrebbe mai cambiato le sue idee.
La schiava cercò di rendere la sua stuoia il più confortevole possibile affinché la sua padrona potesse dormire tranquilla, lontano da tutti e apparentmente da tutto.

Ma quella non sarebbe stata una notte normale, sarebbe stata l'ultima da viva.

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