🪲Diciassettesimo capitolo 𓂀

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«Erdie hai visto quel movimento sotto il pelo dell'acqua?».
Mine attese che sua sorella su concentrasse sulla Erdie superficie del fiume. I movimenti dei erano impercettibili, ma era convinta che lì si stesse nascondendo qualcosa.
«Non avvicinarti! » urlò presa da un attimo di panico nel vedere sua sorella avvicinarsi troppo al pelo dell'acqua «Ti prego».

«Non c'è niente» incalzò l'altra di rimando.
All'improvviso la terra sotto i piedi della ragazza cedette e lei cadde in acqua. Non toccava il fondo, ma con una poderosa sferzata di gambe riuscì a darsi uno slancio che la aiutò a salire in superficie.

«Almeno mi sono rinfrescata, anche se mi sono sporcata interamente» disse per sdrammatizzare. «Oh, la cinta, è rimasta in acqua».

Erdie si sporse noncurante sui bordi del fiume e aspettò che la corrente avvicinasse un lembo della cintura intrecciata con fili d'oro che continuava a galleggiare sulla superficie.

E non si accorse delle grida della sorella che le dicevano di allontanarsi. Un enorme alligatore emerse dall'acqua e come un mostro chiuse fra le sue fauci il braccio della ragazza. Le sue ossa vennero frantumate producendo un rumore sordo e raccapricciante che neanche le sue urla coprirono.

Mine corse immediatamente in suo aiuto colpendo più volte l'animale sulla testa con un bastone per indurlo a lasciare la presa. L'animale soffiò e si staccò dal braccio di Erdie.

Quel giorno, però, la poderosa bestia voleva portarsi via qualcuno, aveva deciso che in nessun'altra parte avrebbe trovato il suo pasto. Con decisione afferrò la gamba di Mine.
Senza tregua continuava a tirarla nonostante Erdie cercasse di strapparla alla morte trattenendola con l'unico braccio sano. Entrambe riuscivano a sentire le ossa spezzarsi e muscoli strapparsi.

Mine urlava, supplicava la sorella di salvarla, di non lasciarla. Il dolore era terribile, ma non riusciva ad offuscare la paura che intrappolava entrambe.
Tuttavia quando la morte sorride, nessuno può fuggirle.

E le loro mani si staccarono.

L'acqua divenne scarlatta mentre le dita di Mine scomparivano. Ma l'eco delle sue urla era ancora presente e non sarebbe mai cessato.

Erdie rimase inginocchiata nella sua pozza di sangue, ormai non sentiva più dolore al braccio triturato che continuava a sanguinare. Non sentiva più nulla.
I suoi occhi erano spalancati e morti e nella sua mente ancora le ultime parole di sua sorella: «Me maek jer uj!» "Non lasciarmi andare."

In quel preciso istante arrivò Hapy, attirato dalle urla. Corse verso Erdie credendola Mine in un primo momento.

La vista di tutto quel sangue lo sconvolse. Si inginocchiò all'altezza della ragazza, le scrutò gli occhi vuoti, le labbra aride dischiuse e immobili. Si accorse subito che davanti a sé vi era Erdie.

«Dov'è Mine? » le domandò sperando di non dover sentire ciò che temeva.
«Mine, è...» pronunciò quelle parole come se fosse sotto l'effetto di un'ipnosi.
«Erdie, parla! »la esortò lui, tremante.
«È morta...» sussurrò con una voce atona che non sembrava neanche la sua.

Hapy guardò l'acqua e ansimando come se avesse appena ricevuto un colpo in pieno ventre la vide ancora rossa. Gridò, affannato, afferrandosi la testa fino ad affondare le dita nella sua carne.
«Un coccodrillo l'ha portata via...» disse ancora la ragazza, poi svenne.

Hapy si maledì, se solo fosse arrivato prima, se solo non si fosse fermato avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe salvato la ragazza che amava. L'avrebbe almeno vista per l'ultima volta.

Cercò di fare altre domande alla sorella sopravvissuta, ma era ormai stesa al suolo. La chiamò, scuotendola ma non accennava a svegliarsi.
Per fortuna però era ancora viva e, asciugandosi le lacrime, il ragazzo la prese fra le braccia e la condusse verso casa.

Riportare la ragazza alla dimora del vizir fu spossante, ma tutta quella fatica veniva spazzata via dal dolore per la perdita di Mine, qualcosa che però non riusciva ancora ad accettare.

Si sarebbe lasciato andare dopo allo sconforto, in quel momento la priorità era salvare almeno lei, certamente Imhotep l'avrebbe curata.

Quando finalmente giunse alle porte del lussuoso cortile chiamò a gran voce il vizir, che gli comparve alle spalle dopo poco, rosso in volto e con il fiato corto. Aveva visto il ragazzo da lontano e si era precipitato.

«Che cosa le hai fatto! » ruggì.
«Nulla, l'ho trovata così al fiume» gli rispose stravolto, sconvolto e con la gola ingolfata di lacrime.
Imhotep prese sua figlia fra le braccia, ringraziando gli dei si accorse che era ancora viva. Doveva portarla dentro casa il prima possibile e curarla prima che sorgesse un'infezione troppo grave.

«E Mine? Lei dov'è? » gli domandò, ma Hapy si limitò a scuotere il capo e a piangere.
L'uomo si sentì mancare, impallidì e tremò vistosamente. Ma non doveva cedere perché una delle sue figlie era ancora viva e doveva fare di tutto per aiutarla.

«Tu aspetta in cortile. Quando tornerò voglio che tu mi dica tutto ciò che sai».
«Certo signore».

«Certo signore»

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Fiore di sabbia. Gli alboriWhere stories live. Discover now