🪲Ventottesimo capitolo 𓂀

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Erdie bevve da quei due corpi umani fino a prosciugarli completamente. Quando si scostò dai cadaveri trovò il volto del Lord a confortarla.

In quegli occhi felini il riflesso del suo viso completamente imbrattato di sangue appariva pericoloso e innocente al tempo stesso, come un gattino che aveva appena sventrato un pettirosso.

Si pulì il mento di riflesso, osservando con mani tremanti tutto quel rosso che in quel momento la atterriva.
Il vampiro suo creatore la osservava con amore paterno, le accarezzò le gote pallide per poi afferrarle prontamente il polso imbrattato che lei teneva sospeso come una colpa.

«Non temere te stessa» concluse baciandole dolcemente le dita bagnate. Quel piccolo gesto creò un barlume di luce nella nebbia densa della confusione che si era impadronito di Erdie.
«Vieni con me ora» continuò lui « E' notte ormai. Ti mostrerò il mondo».

Uscirono sotto le stelle.
Il tempio in cui si trovavano era in realtà una camera immensa sotto le enormi zampe dell'austero leone* posto a guardia delle tre piramidi.

Il mondo che la nuova vampira si trovò davanti agli occhi fu meraviglioso: odori e colori erano totalmente diversi da quelli che ricordava, come se per diciotto anni avesse vissuto in una realtà illusoria e limitata.

Il profumo della sabbia inumidita dalla notte era
afrodisiaca, la luna illuminava ogni cosa meglio del sole e le tre piramidi risplendevano come gemme sulla pelle del pianeta.

«Questo è il vero mondo» le sussurrò il vampiro consapevole dei suoi pensieri.
«Non credevo esistessero tanti odori e tanti rumori diversi di notte. Poi il freddo... » lasciò però la frase in sospeso.

Una gioia infantile la invase e iniziò a correre fra la sabbia gelida destreggiandosi abilmente senza difficoltà. Poi scoppiò a ridere, dopo tanto tempo sentendosi nuovamente libera e felice. «E' assolutamente stupendo! »

Tuttavia l'euforia di Erdie cessò in fretta. Si bloccò cercando di ripercorrere mentalmente per l'ennesima volta ciò che era diventata.

Il braccio sinistro. Per due anni ne aveva studiato ogni cicatrice, ma ora era perfetto.
Sembrava quasi una seconda possibilità. Poteva lasciare la sua vita passata, l'agonia per la morte di Mine, il rammarico per non aver mai conosciuto sua madre e aver finto per tutta la vita che non le importasse, ma anche la morte di Akerat, che non aveva avuto il tempo di essere pianta, la fiducia riposta in suo marito Hesyra e che lui aveva gettato via come un oggetto di poco valore.

Quella creatura incantevole l'aveva uccisa e ricreata. Ma non sarebbe stato sufficiente un nuovo corpo per lasciare i ricordi, loro trovano sempre un modo per concederle tormento.  

Il Lord la raggiunse. «Puoi sempre salutare la tua vecchia vita figlia mia. Non deve essere un vero addio se non vuoi. Abbiamo l'eternità, resteremo nella Terra rossa fin quanto vorrai».

La ragazza spalancò gli occhi. Abbandonare l'Egitto, la sua terra natia. Era quasi convinta che non esistesse nulla al di fuori delle braccia del Nilo se non il deserto sconfinato.
«Eternità?»
«Questo tuo nuovo corpo è immortale. Se starai attenta alla luce del sole non esisterà l'oblio per te».

«Voglio vedere mio padre, portami da lui».
Il Lord non corresse la ragazza. Era consapevole che avrebbe impiegato molto tempo per capire.
«Vieni» la invitò.

La prese fra le braccia e la condusse dolcemente fra il vento che accarezzava le dune del deserto, il viaggio dei mercanti e le abitazioni povere dei contadini.
Volarono fino a Za'net dove era stata creata la cappella memoriale con le effigi di Mine.
Scesero al suolo con un silenzio quasi surreale. Davanti a loro sorgevano le colonne della piccola tomba vuota.

L'entrata era aperta e le fiaccole accese.
Dietro il crepitare incessante del fuoco la giovane vampira riusciva ad udire un lamento e il cuore umano che batteva. L'intenso profumo che sentì le rivelò l'identità dell'uomo: era suo padre.

Imoteph aveva approfittato della discrezione della notte per poter piangere la scomparsa delle sue figlie. Senza però corpi da venerare.
Il cuore di Erdie perse un battito nel capacitarsi di come improvvisamente per suo padre il mondo avesse perso i suoi colori.

La donna che tanto amava era morta mettendo alla luce le loro due bambine, creature a cui aveva donato tutto il suo amore e la ritrovata voglia di vivere. Ma in un soffio le aveva perse una dopo l'altra.
No; Erdie non poteva rincontrarlo e rimanere impassibile.

Una parte di lei volle corrergli incontro, abbracciarlo, dirgli che lei era ancora viva... Ma il suo corpo le ricordó che era diversa. Nella bocca i canini spuntarono come sciabole, nuovamente la voglia di sangue si affacciò minacciosa.
Aveva ucciso due uomini, avrebbe potuto perdere la ragione e farlo anche con lui.

Decise che sarebbe stato meglio lasciargli una benedizione sul terreno sabbioso, un segno sotto le stelle degli dei che brillavano sulle loro teste.

"Numerosi e magnifici sono i Ka di Imoteph. Dalle sue figlie e dal popolo d'Egitto sarà sempre onorato" una frase antica recitata solo per i figli degli dei.
«Ti prego, portami via, adesso» con voce mesta Erdie si rimise in posizione eretta. Sperava che anche senza firmarsi, quella lode rincuorasse suo padre e lo guidasse speranzoso davanti al tribunale divino; perché gli dei non dovevano mai dimenticare chi era stato Imoteph.
E sicuramente lei non lo avrebbe mai dimenticato.

E sicuramente lei non lo avrebbe mai dimenticato

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* Il leone di cui parlo è la sfinge. Ci sono molti studi non convenzionali che affermano una costruzione della sfinge precedente rispetto a quella dichiarata nei libri di storia. E che essa fosse in precedenza diversa, con il capo di un leone posto davanti alla costellazione stessa del leone (nel posto in cui era posizionata undicimila anni fa).
Vi invito a leggere queste teorie molto molto interessanti!

Fiore di sabbia. Gli alboriWhere stories live. Discover now